Ricordami il senso

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Il volto del castano era ormai rigato da fiumi che sembravano appartenere più al mare blu delle iridi di Armin che non al bosco verde delle sue, e la sua voce era rotta dal pianto e provata dalle lacrime che scendevano, inesorabili, quando sentì una voce familiare rivolgersi a lui dolce e timida come il primo fiocco di neve che cadeva d'inverno.
- Bella questa canzone, Eren. È nuova? -
Lui si voltò di scatto. E gli specchi rotti per la sua anima si riempirono dell'immagine tenera di Armin.

- Armin? Armin! Armin, eccoti! -
Eren era saltato in piedi di scatto quando i suoi occhi si erano scontrati con quelle iridi blu.
- Allora lo hai visto il mio biglietto! Scusami, non sapevo come contattarti, non ti trovavo in biblioteca né da nessun altro posto, e... -

- Eren. Stai parlando troppo velocemente. Puoi andare più piano? - arrossì il biondo.
Poi si fece nuovamente serio: - Scusami se quel giorno ti ho... Beh, baciato. Devo aver capito male il contesto, non ci ho mai saputo fare, io, con le persone, e poi, ecco, io... Io ci tengo tanto a te, Eren. E ho avuto paura di perderti, tanta, tanta paura, e poi... -
Era Armin, ora, che parlava velocemente: numerosi torrenti di lacrime erano in piena e rigavano senza pietà la sua candida e fredda pelle, arrossata di pianto, il bianco della primissima neve tinto di petali rosa.

- Io... Tu... Credi di potermi perdonare? - balbettò Eren.
La paura di farsi spezzare il cuore in due da quelle lame d'acciaio azzurro si stava facendo strada nel petto del moro, nervoso, mentre le farfalle che si erano sempre librate in volo sulla bocca del suo stomaco lasciavano il posto mille finissimi coltelli che lo ferivano con ogni respiro, mentre le lacrime che scendevano inesorabili sulla nivea pelle di Armin lasciavano profondi graffi nel suo animo colpevole, colpevole di aver sporcato quella porcellana impeccabile con lacrime di dolore a causa del suo cieco egoismo.

Decise di dar retta al suo istinto invece che cercare di analizzare la situazione, non era mai stato bravo a capire le persone, comunque.
Dio santo, Eren, fai vedere che ce le hai, le palle, si disse, prima di prendere coraggio e abbracciare l'esile fisico di Armin, scosso da singhiozzi e colpi di tosse.

Si strinse al suo torace minuto e pianse insieme a lui, pianse il suo senso di colpa e la sua paura di essere solo, pianse anche la sensazione di calma che derivava dal sapere che, anche se il biondo gli avrebbe voltato le spalle, il momento non era ancora giunto.
Forse sarebbe stato solo di nuovo, forse lo meritava, ma sapeva che, finché quel ragazzo rintanava il suo volto rotondo e arrossato nell'incavo del suo collo, stava bene.

- Eren, portami a casa. - riuscì finalmente a dire Armin, tra i singhiozzi.
Lo guardò per un momento, e si capirono.
Il moro prese il più basso per mano, lo condusse senza dire una parola per le vie anguste di Shiganshina vecchia, curandosi che non inciampasse, prendendolo al volo un paio di volte impedendo che il biondo si ritrovasse con il viso a terra.

Non gli lasciò la mano mai, né mentre camminavano, né mentre entrarono prima in casa di Eren e poi nella sua stanza, disordinata almeno quanto la sua mente in quel momento.
Non gliela lasciò nemmeno quando lo fece sedere sul letto e gli posò un bacio a fior di labbra.

- Armin. -
Il biondo lo guardò con lo sguardo di un cervo in autostrada.
- Ti va di spiegarmi quello che è successo? -
L'ombra della tempesta scurì nuovamente quelle iridi cerulee.
- Cosa vuoi che ti spieghi? -
Cazzo. - No, ecco, non ti ho visto per un mese... Mi ero preoccupato, è successo qualcosa? Sei stato male? È legato alla tua tosse? - farfugliò Eren. Da quando balbettava? Non si sarebbe mai aspettato che quel viso tanto angelico fosse in grado di apparire così severo.
- Io... Mi sono preso del tempo per me. Sai, dopo che ti ho baciato e tu te ne sei scappato via come se ti avessi passato la lebbra. -

Eren abbassò lo sguardo. Si vergognava della verità che traspariva dalle parole di Armin, poiché quello che diceva, tutto quello che diceva, era vero: lui era scappato, era stato un codardo e un immaturo e una persona così infima e terrorizzata da qualcosa a per cui avrebbe solo e soltanto dovuto gioire.

Ma qualcosa in lui gli diceva che quegli occhi blu in tempesta gli celavano ancora un segreto.
- Armin, non è che mi stai nascondendo qualcosa?
- Eren... Scusami. È che io davvero non so chi sono. Non so cosa sono, non so da dove vengo, dove vado, né come, né quando, né perché. Mi sembra di non capire mai un cazzo e mi sento stupido e stanco e ansioso. -
- C-che intendi? -
- È proprio questo il punto. Io stesso non so cosa intendo, non so cosa credo, è come se i miei pensieri fossero una torre di Babele, un costante caos di concetti senza senso in lingue senza suono e senza significato, un'accozzaglia indefinita di rumore, rumore che non ha fine, e io voglio solo il silenzio, Eren, io voglio il silenzio. -

- Sono così stanco di vivere, di respirare aria che non riempie i miei polmoni per davvero, di mangiare cibo che non mi sazia mai, di vivere una vita di norme e regole progettate per delle persone così diverse da tutto ciò che sono.
Sono stanco di essere associato a questo schifo di società, a questo schifo di umanità, quando io mi sento tutto tranne che umano. E perché dovrei continuare a fingere di esserlo? Ormai è da tanto che non sono più una persona, lo sai? Eppure sono costretto a continuare a stare qui e a comportarmi come se lo fossi per poter sperare di andarmene da questo mondo di merda e poter essere finalmente luce come voglio, senza più bisogno di stare qui e senza più bisogno di vivere. -

- Io non voglio più vivere, Eren, ma non nel senso che voglio morire. La vita mi piace, davvero, ma semplicemente voglio solo osservarla. Io voglio solo esistere, senza necessariamente vivere. Non voglio più parlare con le persone, macchiarmi mangiando il loro cibo, io voglio essere la prima neve dell'inverno, voglio essere incorporeo e candido. Non voglio che gli altri mi vedano e si aspettino qualcosa da me, non voglio che si aspettino niente. -

- Non voglio vivere in questa società e non voglio essere una persona, non voglio più essere una persona, non più, non più, lo capisci, Eren? Lo capisci che cosa vuol dire avere amato in silenzio ed essere stati lasciati indietro perché incapaci di esprimere ciò che si prova? Lo capisci che cosa vuol dire andare avanti così per più di un secolo, Eren? Lo capisci perché io non voglio più vivere un mondo che sento così estraneo? -

- Io non desidero la morte. La morte mi attira tanto quanto la vita, ovvero poco, pochissimo. Non lascio questo mondo per il semplice fatto che non posso, e poi, ho ancora finito di imparare da esso. Non me ne vado perché desidero ancora essere neve, essere fatto di minuscoli, candidi, gelidi fiocchi silenziosi, che incantano le persone senza che queste ultime si aspettino qualcosa da loro. Si lascia modellare, la neve. Non parla, lei... Osserva. La neve tace ed ammira, scruta, indaga, la neve tace ed impara, conosce, scopre. È ciò che sono ed è ciò che più voglio essere: neve. Esistere senza vivere, osservare senza parlare. -

- Non lo voglio più, questo corpo. Non voglio essere qualcosa di fisico, di percepibile con i sensi; no, io voglio essere il respiro degli alberi, voglio essere il sussurro sulle labbra di due innamorati, voglio essere lacrime e voglio essere dolore, voglio essere risate e sorrisi e tuffi al cuore. Voglio essere la realizzazione di essersi innamorati, voglio essere aria, voglio essere mare, voglio vivere in mezzo alle stelle ed ai pianeti, voglio osservare le vite delle persone, senza alcun bisogno di doverne essere partecipe. -

- È tutto ciò che ho sempre voluto, niente di più, niente di meno. Eppure no, non mi è mai stato concesso, io ho dovuto continuare a vivere, e per giunta a vivere una vita falsa, quando tutto ciò che volevo era stare indietro ed osservare, imparare.
Io sono stanco, stanco, Eren, lo capisci? Morire ed essere costretti a vivere ancora, per anni, decenni, per secoli, Eren, per secoli! Lo sai cosa vuol dire? Lo sai cosa vuol dire essere un... Un che cosa, Eren? La mia non è una crisi d'identità adolescenziale, Eren, io sono un fantasma! -

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io 🤝 scrivere le storie a orari improponibili invece che dormire

𝚁𝚒𝚌𝚘𝚛𝚍𝚊𝚖𝚒; eremin (completa)Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon