3 ottobre 2018 - parte 2

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Johnny non mi aveva mai invitato, pensava che non facesse per me. E aveva ragione. Proprio per quello ci andai. Capiamoci, giocai in porta e nemmeno ci misi tanto impegno. Tutti la prendevano così sul serio che mi sembrava incredibile essere parte di quel momento. Per cominciare arrivai in ritardo, per risparmiarmi le presentazioni con la squadra.

- Leon, tu giochi in porta.

- Non avevo dubbi.

Johnny mi guardò sconcertato, poi scosse la testa. Voltandomi le spalle, non smise di farlo, e si appoggiò una mano sulla fronte. Era preoccupato. Sapeva che avrei fatto un casino. Non era mia intenzione farlo arrabbiare, io mi misi in porta, lì, tranquillo, e quando arrivava una palla cercavo di bloccarla. Non mi buttavo per terra né niente di tutto ciò. Stavo lì e mi guardavo intorno, studiavo le persone in campo, vedevo le loro facce contrite e stanche. Facevano delle smorfie molto belle, ricordo che pensai che Fede avrebbe dovuto fare una caricatura di tutte quelle facce. Sarebbero venuti fuori dei ritratti spaventosi. Ecco, pensavo a queste cose quando mi misero il primo gol. Al secondo, probabilmente ero affascinato dalla speranza che muoveva le gambe del ragazzo che stava per tirare. Alla fine ero contento che fosse riuscito a farmi gol, se lo meritava. Al terzo mi misi a ridere. Fu la prima volta che discussi con Johnny, e lo ricordo con gioia.

- Perché cazzo sei venuto, Leon, per prenderci per il culo?

- No davvero, Johnny.

- E allora spiegami perché al terzo gol che ti hanno messo ti sei messo a ridere.

- Perché non sono bravo.

- E ti fa ridere?

- Abbastanza. E anche la tua faccia incazzata mi faceva ridere.

- Io devo andarmene, sul serio Leon, perché ti voglio bene, e molto, ma ora mi sembra di essermene dimenticato tutto d'un colpo, e c'ho un nervoso addosso che nemmeno ti immagini, e togliti quell'espressione divertita dalla faccia che un pugno non te lo leva nessuno. Sul serio, Leon, non mi parlare, non mi parlare e non mi guardare, solo tu riesci a mettermi sto nervoso, cazzo. Vai via.

- Non dovevi andartene tu?

- Cristo, Leon!

Quando tornai a casa, i miei mi chiesero dove ero stato. Gli dissi che avevo giocato a calcetto con i miei amici e ne furono molto contenti. Non gli raccontai della discussione con Johnny, né dissi loro che probabilmente non si sarebbe ripetuta nessuna partita. A posto così. Il giorno dopo arrivai presto a scuola. Sapevo che avrei trovato Johnny già in classe, perché lui prendeva l'autobus presto. Stava seduto, con le cuffie, e la faccia gonfia dal sonno. Mi sedetti sul suo banco, guardandolo.

- Sai, Johnny, pensavo che domenica si potrebbe ripetere il calcetto, no?

Scoppiammo a ridere entrambi. Appoggiai una mano sulla sua spalla, e strinsi un poco la presa. Johnny dice che ancora se lo ricorda. Per così poco? Gli dico. E lui annuisce, e sorride, e gli occhi gli si fanno più profondi.

- Leon, una pacca sulla spalla da parte tua è come vincere i mondiali.

Qualche giorno dopo conobbi Serena.

LA FESTA DELLA SCONFITTATempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang