Fuori era tutto in ordine.
La maglietta senza neanche una piega, così come la gonna che indossavo. Non un capello fuori posto.
Il viso ornato da un accenno di trucco, come congelato in un' espressione di glaciale indifferenza. Le braccia ricadevano ai lati del busto, ferme, nella loro fredda immobilità.
All'esterno era tutto perfetto, proprio mentre dentro di me tutto andava in pezzi. Mi sembrava di udire il rumore dei cocci infranti che cadevano al suolo, unico residuo del mio cuore. Per non parlare del dolore. Era come se tutti quei cocci mi stessero lacerando il petto, creando una buia ed infinita voragine. Non era un dolore normale. Era uno di quei dolori che ti entrava sottopelle, penetrando la carne fino alle ossa. Non ci potevo fare nulla, solo sperare che quel dolore mi inglobasse, portandosi via ogni piccolo pezzo della mia rotta e maledetta anima. Lo sentivo sopraffarmi, prendendo con sé tutta la felicità del mio minuto corpo. In confronto i dissennatori, personaggi dei libri che tanto amavo leggere, non erano nulla.
L'unico segno vitale del mio dolore sconfinato era una piccola lacrima, solitaria, che solcava la mia guancia. E nessuno se ne accorgeva. Tutti troppo occupati a pensare a loro stessi, tutti troppo egoisti. Ciò che nessuno sapeva però era che io sono come una bottiglia di vetro. Resistente quanto fragile, che se spezzata si sarebbe trasformata in cocci acuminati e appuntiti, pronti a ferire chiunque li avesse calpestati.




"Ho semplicemente imparato a trasformare la mia faccia in una maschera di indifferenza, in modo che nessuno possa leggere i miei pensieri."
- Hunger Games-
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