È sempre stata una gara alla produttività per molti di voi, e io non ci sto dentro. Siete capitalisti spirituali e intellettuali e vi ripudio: non tutto sta nell’azione visibile, credo molto di più nell’intenzione invisibile. La scuola è un covo di pregiudizio e regole, non importa che l’abulia mi distrugga, che la depressione e gli incubi a occhi aperti mi impediscano di mantenere la concentrazione per più di dieci minuti. Non è colpa mia se non sono frutto di genitori italiani. Non è colpa mia se di Alfieri mi ricorderò l’irrequietezza e la malinconia, invece che le opere, figure retoriche e date di ripubblicazioni e ristampe. Non è colpa mia se siete vittime di pochezza emozionale e confondete la rivendicazione dell’individualità con polemica sterile. Voi siete sterili, non io.
Voi siete spaventati dal conflitto per un ideale più alto, non io.
Voi mancate di empatia, non io.
Sono in posizione fetale a piangere per un dolore che non è solo mio, per un bisogno di grandezza che si concretizzi nella salvezza degli altri. Quando un ragazzo della scuola si è buttato dal sesto piano tutti rifiutavano di supporre che qualcuno di voi potesse esserne la causa. 16 anni. Io non ho dimenticato dopo due settimane.
Io ricordo. Disprezzatemi perché non sono come voi e non lo sarò mai.
Le mie fatiche non sono riconosciute ma nella vita vera so cosa fa la differenza.
Alla fine torna tutto, devo crederci, altrimenti mi ammazzo.