Capitolo 4

187 22 70
                                    


Kyle


La porta si spalanca di colpo e il mister entra negli spogliatoi.

Ci alziamo tutti dalle panche. Meno male che ho fatto in tempo ad allacciarmi gli scarpini.

«Allora, ragazzi, come vi sentite?!» La voce del nostro allenatore rimbomba nella sala.

«Belli, duri e incazzati!» gridiamo a una sola voce.

«Lo spero davvero per voi! Oggi non possiamo permetterci il minimo errore! Applicate alla lettera gli schemi che abbiamo provato e la coppa del torneo interfacoltà sarà nostra! Fategliela vedere a quei fighetti di Economia! Dimostrate a tutti che i migliori siete soltanto voi, i Leoni di Giurisprudenza!»

«ROAR!» Quanto adoro questo cameratismo!

«E ora le raccomandazioni individuali! Righetti, qual è il tuo compito?»

Sposto lo sguardo sul nostro difensore centrale. Apre la bocca ma non ne esce alcun suono. Un fischio acutissimo mi attraversa le orecchie. Il fastidio è tale che mi costringe a sedermi. Chino il capo e chiudo gli occhi.

Li riapro e... non di nuovo! Sono davanti allo stramaledetto lago e c'è sempre lei, la donna dai lunghi capelli biondi. Qualcosa mi colpisce in testa e la visione svanisce.

Il mister rincara la sveglia con un altro buffetto non troppo gentile. «Sei con noi, Arminio?! Orcocàn! Che cazzo ti è venuto in mente di sederti durante le raccomandazioni?! Sei stanco?! Devo sostituirti?!» Una vena sul collo taurino è sul punto di esplodergli.

Dannato incubo e questi momenti di blackout che mi induce! «No, signore! Sono in piena forma!» rispondo mettendomi in piedi con un salto e guardandolo fisso negli occhi.

«Bene, allora! Conduci la squadra alla vittoria!» Il nostro allenatore batte con forza le mani.

Ci dirigiamo all'esterno e arriviamo in campo mentre dagli spalti si alzano un boato e degli applausi. Raggiungo il cerchio di centrocampo e cerco con lo sguardo Mei tra gli spalti. Eccola là, in piedi al solito posto, proprio a ridosso della rete. Ha una benda vicino all'occhio destro.

Digrigno i denti e mi viene il groppo in gola. Trovo il coraggio di sfiorarmi le labbra con indice e medio e mandarle un bacio.

Una mano cala sulla mia spalla. «Ehi, Smallville! Ma che ti succede, si può sapere?»

Mi volto e mi sforzo di sorridere. «Niente di importante... piuttosto almeno oggi, non potevi evitare di chiamarmi con il nome di quella vecchia serie, nerd che non sei altro?!»

Bepi ridacchia. «È colpa mia se somigli sputato a quel tizio che fa Superman?»

Rido con lui. Meno male che il mio compagno in attacco è un tipo simpatico e sa come sollevarmi il morale!

La squadra avversaria si è disposta in campo. L'arbitro chiama me e Ferrari, il capitano avversario, con un cenno della mano. Ci avviciniamo ai direttori di gara.

«Testa o croce?»

«Testa!» Il mio rivale mi anticipa e mi saluta con un ghigno.

L'arbitro lancia la moneta e ci mostra il risultato.

Croce! «Ti è andata male.» Non mi tiro indietro e gli rendo pan per focaccia con la sua stessa espressione. «La palla è nostra.»

L'altro capitano non batte ciglio e mi fissa negli occhi. «Non c'è problema, tanto questa volta non riuscirai a dribblarmi come l'ultima. Vieni da me che ti aspetto!»

Resto in silenzio ma le sue parole di sfida mi accendono un fuoco dentro. Non vedo l'ora di dimostrargli quanto si sbaglia! Un'energia incredibile pervade le mie membra come mai prima d'ora. Non capisco cosa mi stia succedendo ma è una sensazione molto piacevole. Sudo e mi sento accaldato ma non mi dà fastidio. Avrà a che fare con la visione che continua a tormentarmi?

Bepi mi raggiunge al punto centrale del centrocampo. L'arbitro parlotta coi suoi assistenti di gara. Non vorrei scambiasse la mia improvvisa sudorazione per un'influenza o roba simile e mi impedisse di giocare. Devo coinvolgere Bepi nel piano che mi sta ronzando in testa. Ora o mai più!

«Quando inizia la partita, passami la palla e seguimi. Puntiamo dritti alla porta...»

Il mio compagno si gratta la testa. «Stai scherzando, vero? Questa è la finale, non possiamo fare simili stronzate...»

«Bepi, fidati di me. Per come mi sento adesso, potrei affrontare i Falchi di Economia tutti da solo...»

«Ma perché stiamo sussurrando? Non vuoi farti sentire dall'arbitro?» Mi poggia la mano sulla fronte. «Zio canaja, scotti... Lo sapevo che c'era qualcosa che non andava; hai degli occhi lucidi che non puoi immaginare. Dico al mister di farti so—»

Gli afferro le dita e le allontano da me. «Non pensarci nemmeno! Te l'ho detto, non sono mai stato così bene in tutta la mia vita!»

L'arbitro si avvicina con la palla e la lascia cadere davanti a noi. Tiro un sospiro di sollievo: non si è accorto di nulla.

Bepi si massaggia la pelle arrossata. «Facciamo come dici tu ma la responsabilità di questa monada è solo tua...»

Fischio d'inizio.

Il mio compagno mi passa la palla.

Alzo lo sguardo e fisso Ferrari. Corro verso di lui con la sfera al piede. Supero un primo avversario, scartandolo sulla destra. Salto un secondo, la sua scivolata è troppo lenta. Altri due li sorpasso con un pallonetto. Sono una furia, nessuno può fermarmi! Giungo davanti al mio sfidante e con uno scatto in avanti provo a superarlo in velocità.

Ferrari mi colpisce; i tacchetti dei suoi scarpini si incidono con forza sulla caviglia del mio piede d'appoggio e cado a terra.

Cazzo che male! Maledetto bastardo!

L'arbitro fischia e viene nella nostra direzione.

Mi stringo la caviglia e un velo di lacrime mi offusca la vista.

La voce di Ferrari è inconfondibile. «Te l'avevo detto che questa volta non ce l'avresti fatta...»

Il direttore di gara estrae un cartellino giallo e lo sventola davanti al mio rivale.

Soltanto una cazzo di ammonizione?! Ma mi prendete per il culo?!
La rabbia mi esplode in petto, ho anche più energie di quando ho iniziato la mia gloriosa corsa.

«Tutto bene, ragazzo?»

No, signor arbitro, non sto affatto bene! Sono incazzato come non mai! Mi rimetto in piedi, la caviglia non mi fa più male. Con un balzo, oltrepasso il direttore di gara e butto a terra lo stronzo. Gli tiro un pugno in pieno volto, un altro e un altro ancora.

I suoi compagni di squadra mi afferrano e mi buttano a terra. Due di loro mi tengono fermo. Vigliacchi!

Bepi si avvicina e mi scuote per una spalla. «Calmati, calmati...»

Prendo un lungo respiro e chiudo gli occhi. Quell'energia incontenibile mi abbandona ma il dolore alla caviglia non ritorna. Ma che cazzo è successo?

L'arbitro fischia di nuovo. È davanti a me.

Gli avversari lasciano che mi rimetta in piedi.

La mano del direttore di gara afferra un altro cartellino: è rosso. Col dito indice mi indica gli spogliatoi.

Chino il capo ed eseguo. Non ho parole per giustificarmi e non voglio cercarle. Attorno a me il gelido silenzio.

Faida AncestraleWhere stories live. Discover now