Capitolo 23

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Vennero a chiamarmi all’alba. Era ora di partire per Gran Burrone.

Dopo una notte insonne avevo un aspetto orribile e un groviglio di nodi al posto dei capelli. Passò una buona mezz’ora prima che riuscii ad avere un aspetto quantomeno presentabile, mettendomi poi dei vestiti comodi per il lungo viaggio che mi aspettava.

Per ultimo indossai il mio mantello, per poi raggiungere Gil-Galad, il quale stava discutendo gli ultimi dettagli con alcuni elfi di corte. Appena mi vide sorrise per salutarmi, riprendendo poi a parlare. Visto che avremmo viaggiato a cavallo, ne approfittai per andare a sellare il mio cavallo.

Andai alle scuderie e chiesi dove fosse il mio cavallo e il ripostiglio delle selle ad uno stalliere, il quale mi rispose dicendomi che era già tutto pronto e che lo avrei trovato al momento della partenza.

Così ritornai a palazzo ed aspettai, per fortuna non per molto. Infatti dopo circa un’altra mezz’ora mi venne incontro Gil-Galad, anche lui vestito in maniera comoda e con un mantello blu ed oro sulle spalle.

-Siamo pronti.

-Calen non viene?

-In realtà ci sta aspettando al confine della città. Vieni, ti mostro il tuo cavallo.

Cercai di nascondere un sospiro di sollievo. Lo avrei rivisto e niente mi avrebbe impedito di parlargli.

Appena fuori dal palazzo due splendidi cavalli stavano aspettando i propri cavalieri. Gil-Galad mi indicò con il capo quello che doveva essere il mio.

Era uno stupendo frisone nero. La testa aveva un aspetto nobile e gli occhi scuri gli davano uno sguardo fiero. Le orecchie erano piccole e attente, leggermente inclinate l'una verso l'altra. La schiena era abbastanza lunga e terminava in una groppa non troppo piccola o inclinata. Le spalle erano lunghe, oblique e possenti. Le gambe e gli zoccoli erano robusti, gli avambracci sviluppati e gli appiombi corretti. I crini, sia della coda che della criniera, erano folti ed ondulati, quelli della criniera lunghi fino alle spalle, dello stesso colore del mantello. Gli arti erano ricoperti, a partire circa dalla metà degli stinchi, da ciuffi di pelo.

-Dalla tua bocca spalancata deduco che ti piaccia.- disse il Re con un sorrisetto sulle labbra.

-È … è magnifico. Come si chiama?

-Il suo nome è Akira, ed è femmina. Credo che tu l’abbia appena offesa.

-Oh … scusami Akira. Sei una bellissima.- dissi avvicinandomi e dandole alcune carezze sul muso che sembrò apprezzare.

-Forza, è il momento di partire.- mi ricordò Gil-Galad, il quale era già in sella sul suo purosangue baio.

Aggrappandomi al corno della semplice sella di cuoio scuro, dandomi una leggera spinta, salii sulla groppa di Akira. Provai una strana sensazione a  rimontare su un cavallo tutto mio dopo millenni. L’ultimo mio cavallo che avevo montato era stato il mio fedele Nahar, il giorno in cui Sauron tentò di uccidermi. Un velo di tristezza cominciò ad avvolgermi il cuore, ma lo scacciai subito via. Mi dovevo concentrare sul presente, non sul passato. 

Diedi un leggero colpo di talloni e Akira cominciò a camminare. Seguii Gil-Galad per le strade di Mithlond mentre la gente accorreva sulla strada per salutare il proprio Re. A me invece rivolsero sguardi confusi ,non sapendo chi era l’Elfa dai capelli rossi che seguiva il Re.

Arrivati al confine della città, cercai con lo sguardo Calen. Lo trovai seduto sull’erba, con la schiena appoggiata ad un albero, mentre dava da mangiare alcuni ciuffi d’erba con il palmo della mano al suo cavallo, molto simile a quello del padre, se non per una piccola macchia bianca a forma di stella sulla fronte.

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