Chapitre 38

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Pierre's P.O.V.

È possibile amare qualcuno incondizionatamente? Preferire il bene altrui, anziché il proprio? Guardare una persona e ritenerla la cosa migliore che potesse mai capitarti? Perché questi erano i pensieri che affollavano la mia mente mentre osservavo Ann parlare al cellulare con Julie. Non avevo mai provato nulla del genere in vita mia, tutto era così nuovo e non sapevo come comportarmi. Generalmente quando mi trovavo accanto a lei, agivo d'istinto, non ragionavo quasi mai, e questo era davvero insolito per me. Ero la persona più razionale e più contenuta in assoluto, mi facevo raramente prendere dai miei sentimenti e dalle mie emozioni, eppure con lei non era così. Avevo costantemente bisogno di lei, di sentirla vicina, di parlarle, di baciarla o anche semplicemente di guardarla. Proprio come stavo facendo in quel momento. Desideravo il suo bene più del mio e questo mi aveva spinto ad accettare di perdonarla, nonostante motivi per lasciarla perdere me ne avesse dati molti. Non ero a conoscenza dei suoi sentimenti verso di me, non sapevo se li nascondesse o se i miei fossero più forti dei suoi, ma non mi importava: finché potevo ricavare anche un minimo affetto da lei, mi andava bene. E mi sentivo stupido per questo, lei era come una droga ed io non potevo farne a meno. Più le stavo distante, più ero nervoso ed irascibile. Tutta la mia tranquillità girava attorno a lei. E se lei stava male, anche io, inevitabilmente, anche senza saperlo e senza volerlo, stavo male. Era come un filo che ci univa ed io non potevo, né volevo, spezzarlo. O, almeno, non lo avrei mai fatto se non me lo avesse chiesto direttamente lei. Ed io, forse un po' egoisticamente, speravo che quel momento non giungesse mai.

«Devi essere davvero preso dai tuoi pensieri». Mi disse Ann, sorridente, ed io mi voltai a guardarla. Probabilmente arrossii, ma lei non lo notò o, almeno, non me lo fece pesare. «Che ne dici se io scelgo il film e tu prenoti la cena?». Annuii. La vidi alzarsi ed avvicinarsi al televisore e smanettare con il telecomando. Afferrai il telefono dell'albergo e chiamai la cucina, per ordinare, consapevole che nulla avremmo potuto mangiare se non della misera insalata.

«Quale film hai scelto?». Domandai, sistemandomi al suo fianco sul divano. Mi sorrise malinconicamente.

«Un film che mi fece vedere mia madre. È il mio preferito in assoluto. È un po' vecchiotto, però ha sempre il suo fascino». Non risposi. Era la prima volta che si apriva direttamente con me riguardo la sua famiglia, non volevo rovinare il momento. Si stava fidando di me ed io non volevo dire nulla di insensato o di inopportuno. «Si chiama "Ti presento Joe Black"». Incrociò le gambe. «Mia mamma vi era molto affezionata, era il film che le aveva fatto conoscere mio padre. Erano al cinema, quello all'aperto sai, e fu come un colpo di fulmine. Si innamorarono perdutamente, commisero la follia di sposarsi dopo pochi mesi che si erano conosciuti e forse erano la coppia più bella che io avessi mai visto. Ricordo ancora lo sguardo che mio padre rivolgeva a mia madre o i sorrisi che lei riservava a lui. Sono cresciuta augurandomi di poter trovare un amore così». Abbassò leggermente la voce alla sua ultima frase ed io non sapevo cosa rispondere. Ad interromperci fu proprio qualcuno che bussò alla porta. Mi alzai ed andai ad aprire. Era il cameriere che ci aveva portato il nostro ordine. Ringraziai e ritornai a sedermi, per poi porgerle il suo piatto. «Vado?». Domandò ed io annuii. Mentirei se dicessi che avevo seguito il film. Tolti pochi passi, non avevo visto assolutamente nulla. Ero troppo concentrato a guardarla mentre reagiva alle varie scene. «Mia madre diceva che con quell'orologio uno poteva regolarsi il cuore». Recitò Ann, voltandosi a guardarmi.

«Anche il tuo?». Mi uscì spontaneo, senza sapere che anche lui avrebbe detto le stesse identiche parole. Mi guardò, sorpresa quanto me da quella coincidenza, ma non vi diede importanza.

«Non ho mai provato... Fin'ora». Continuò ed io puntai i miei occhi nei suoi, in attesa del suo prossimo passo. «Pierre...». Mi chiamò ed io rimasi in silenzio, in attesa che continuasse. «Posso baciarti?». Il mio cuore saltò un battito ed annuii semplicemente. Avvicinò il suo volto al mio ed io posai una mano sulla sua guancia, accarezzandola con il pollice. Chiuse gli occhi, beandosi del mio tocco, per poi far scontrare dolcemente le nostre labbra. Ogni bacio che io ed Ann ci scambiavamo era sempre diverso dal precedente. Le emozioni, le occasioni, il desiderio erano sempre maggiori e facevano sì che nessuno apparisse banale o privo di sentimenti. Eravamo una coppia diversa, i baci non avrebbero potuto essere da meno. Non ero un grande appassionato di libri, non ne avevo mai letti molti, non avevo idea di come uno scrittore potesse descrivere il bacio perfetto, ma ero sicuro che nessuno sarebbe mai riuscito a raccontare i nostri. Avevano sempre quel qualcosa in più a renderli speciali, magici, desiderabili. I suoi baci erano droga, i suoi ansimi sommessi musica per le mie orecchie ed ogni qualvolta mi accarezzasse il petto erano milioni di brividi che mi attraversavano la schiena. Le nostre lingue si cercavano, davano origine ad una lotta per la dominanza che, onestamente, non avevo voglia di vincere. Volevo che fosse lei, per una volta, ad avere le redini. Doveva sentirsi al sicuro con me, a suo agio, e l'unico modo per far sì che tutto ciò avvenisse era lasciarle fare ciò che voleva. Molto spesso ho sentito dire che l'uomo che lascia il comando alla donna sia debole. Io credo, invece, che stia facendo una dimostrazione d'amore più grande di chi domina. È la prova della grande fiducia che si ha nell'altra persona, ma anche dell'inesistenza di ruoli in una coppia. Non esiste il più forte ed il più debole, esistono solo due corpi, due anime, che si incontrano e si affidano l'una all'altra per ritrovare la propria metà, per sentirsi finalmente completi. Ed io che non avevo mai creduto nelle anime gemelle, non avrei mai potuto definire Ann se non in questo modo. Lei era la mia anima gemella, l'unica donna per cui avrei versato lacrime, per cui sarei stato debole e per cui avrei dato la mia vita. Era l'unica ed egoisticamente desideravo che anche io lo fossi per lei. Volevo essere il suo primo pensiero la mattina, l'ultimo la sera. Volevo che desiderasse la mia presenza tanto quanto io desideravo la sua e che, di notte, dopo un incubo, la prima persona che cercasse fossi io. Volevo che, quando mi guardava negli occhi, le venisse l'istinto di baciarmi e che, durante i periodi di lontananza, rimanesse a lungo sulla schermata della rubrica, indecisa se chiamarmi o meno.

Si allontanò da me e pose la sua fronte contro la mia, sempre con gli occhi chiusi. Rimasi ad osservarla, in attesa che dicesse o facesse qualcosa. Iniziai ad accarezzarle i fianchi con le mani, sollevandole leggermente la felpa larga. A quel punto aprii gli occhi e mi guardò e temetti di aver fatto un gesto che l'avesse infastidita. Tolsi le mani, ma lei le ripose nella stessa medesima posizione, tranquillizzandomi. «Credo di averlo trovato». Non compresi ed alzai un sopracciglio, confuso. «L'amore che c'era tra i miei genitori, credo di averlo trovato».

Angolo autrice
Chiedo scusa per la lunga attesa, ma spero ne sia valsa la pena. Questo è il capitolo che, fino ad ora, ho amato di più. Nei media in alto potete trovare il video che riguarda la scena del film, per chi non l'avesse mai visto.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemelo sapere con qualche commentino.
~Aury💞

Make it Unforgettable || Pierre GaslyWhere stories live. Discover now