Capitolo Sette

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"È un suicidio, punto e basta"


Ho perso il conto dei giorni. Non riesco più a dormire. Continuo a pensare al corpo di Flavio riverso nella macchina, alla sua posizione, alla pistola tra le mani... ma c'è qualcosa che non mi convince in quella scena. Vorrei vedere le foto che gli hanno fatto, voglio essere sicuro.

La caserma dove lavorava sembra un anonimo ufficio di città, se non fosse per la scritta Polizia con il classico logo non si riconoscerebbe.

Salgo i due scalini e incrocio Cazzola che sta uscendo. Si blocca a fissarmi a bocca aperta.

«Flavio?»

Ok che siamo gemelli, ma qui si esagera.

«No, sono Damiano.»

Gonfia il petto in un sospiro. «Perdonami, sono ancora molto scosso... come stai?»

«Vado avanti. Te come stai?»

«Non lo so. A volte mi sembra ancora di vederlo accasciato in quell'auto... mentre stavo andando a prenderlo.»

La sua frase mi fa scattare una lampadina. «A proposito, come mai si trovava in quel parcheggio? Stavate seguendo qualche pista?»

«No, io... lui mi aveva solo chiamato per dirmi di andarlo a prendere con la macchina di ordinanza, non gli ho nemmeno chiesto come mai si trovava lì, c'era andato da solo.»

Davvero strano... «Deve esserci un motivo per cui si trovava lì.»

«Di sicuro c'era, ma come si fa a saperlo?»

Mi guarda fisso negli occhi, è troppo sicuro di sé per i miei gusti.

«Mi chiedevo se potessi vedere le foto che avete fatto al cadavere.»

Sgrana gli occhi. «Per cosa?»

«Vorrei solo revisionarle un'ultima volta. Ho bisogno di assicurarmi di una cosa.»

«Non vedo per quale motivo. Ma credo che per fare domanda formale hai bisogno anche del permesso di Adele.»

Non ci avevo pensato. Mi saluta con un cenno della mano e si allontana.

Mi volto e scendo quei due scalini. Scarpa e un suo collega si fermano con una volante proprio davanti a me, scendono e si dirigono verso l'entrata. Scarpa mi fa un sorriso a mo' di saluto.

«Martini, ciao, che ci fai qui?»

«Ero venuto a visionare le foto che avete fatto a Flavio, ma a quanto pare devo chiedere anche il permesso ad Adele come sua moglie.»

Si guarda intorno come a verificare che non lo senta nessuno, il suo collega si è fermato poco distante, si china verso di me. «Non c'è bisogno della burocrazia. Vieni con me.» Sussurra.

Con una scusa allontana il suo partner e mi precede dentro la caserma; nessuno fa caso a noi e, inosservati, prendiamo l'ascensore fino al secondo piano. Mi fa entrare nella stanza piena di armadietti in metallo e si dirige verso quello più vicino.

«Potremmo consultare anche le foto in formato digitale, ma credo che avere quelle in cartaceo possa aiutare di più.»

Annuisco. Apre il cassetto e cerca tra tutti quei fogli, tira fuori un fascicolo con il nome di mio fratello stampato sopra e la sua fototessera spillata in alto. Me lo porge.

Nel prenderlo sono titubante. Le immagini del suo corpo privo di vita si ripresentano ogni notte nella mia mente, impedendomi di dormire, non so se sono pronto a rivederlo di nuovo.

Notando la mia riluttanza se le riporta al petto. «Possiamo guardarle insieme, se ti va. Il mio partner non mi cercherà e io sono tranquillo per una buona mezz'ora.»

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