Parte 1

17 6 1
                                    


Guardian Angel
1

Varcai l'uscita del liceo, con le lacrime agli occhi e il corpo pesante. Poggiai gli auricolari nelle orecchie e feci partire una canzone lenta, che mi sgombrasse la mente dai pensieri. Quella non fu una giornata molto felice, ma nessuna delle mie giornate lo era ormai: tra bulli violenti che mi schernivano per seguire la massa, professori troppo esigenti, le mie mancate forze e la poca voglia di nutrirmi, lasciandomi un senso di disgusto al solo sentire l'odore del cibo, beh, non è proprio il massimo. Ma ormai era così, ogni giorno era uguale, mi ritrovavo all'uscita con un vuoto dentro, le lacrime agli occhi, perché ero stanca, stanca di tutto, della mia situazione, di quello che dovevo affrontare ogni santo giorno. Non mi sentivo più viva. Se non fosse stato per il gelo pungente di quell'inverno, che mi faceva rabbrividire le braccia, avrei pensato di essere morta, dimenticata, perché ormai non avevo più emozioni positive, non mi sentivo viva, era tutto uguale, grigio. Ma almeno c'era la neve ad accarezzarmi il viso, mi bruciava, ma mi teneva compagnia, perché sapevo di essere sola, già da tempo, non avevo più nessuno che mi stringesse o mi chiedesse come stavo, tantomeno avevo delle passioni o degli obbiettivi; era sparito tutto, disintegrato nel vento freddo, non aveva niente più senso.

Più camminavo e più sentivo la testa far male, le gambe molli, quasi non mi reggevo in piedi. Toccai la mia fronte per controllare se fossi calda, effettivamente sembrava mi stesse salendo la febbre. Ormai il mio corpo era troppo debole per funzionare correttamente, sentivo come se pian piano le uniche forze che avevo mi abbandonassero. Avevo il fiatone, la strada per casa era ancora lunga.
Mi poggiai al muro entrando in un vicolo cieco, cercando di nascondermi dai passanti, non volevo che qualcuno mi vedesse in quello stato.
La testa cominciò a girare molto forte, persi l'equilibrio e caddi sulla neve gelata, il viso bruciava tanto a contatto col forte freddo, non riuscivo a muovere gli arti, tremavo e qualche lacrima lasciava i miei occhi. Stavo per perdere conoscenza, gli occhi socchiusi e appannati, quando improvvisamente una forte luce mi accecò, facendomi perdere completamente i sensi.

-

Mi risvegliai improvvisamente nel mio letto. Ero al caldo, sotto le mie coperte di lana profumate. Mi alzai con fatica, mettendomi seduta, guardai la finestra notando che aveva ricominciato a nevicare. Tirai un forte sospiro, poi una fitta alla testa mi portò a fare una smorfia di dolore e mi balenarono in mente i ricordi di poco tempo prima: ero quasi svenuta, poi una luce forte mi aveva colpito gli occhi e pochi secondi dopo ero priva di sensi, ed ora sono qui, non sapendo chi mi avesse portato a casa, cosa fosse quel bagliore, cosa mi fosse accaduto realmente.
Mi alzai per andare in cucina, e nel frattempo cercavo di capire il tutto mettendo assieme le immagini come un puzzle: la luce sarà stata una macchina con dei fari molto luminosi, essendo debole avrò enfatizzato quel bagliore... sì, poteva essere quello, ma chi aveva preso il mio corpo e l'aveva posato sul mio letto? Era quasi inquietante.
Tuttavia, decisi di prepararmi una tisana nel mentre sistemavo casa: sentivo ancora la fronte calda, segno della febbre, ma avrei dovuto curarmi da sola, come sempre. I miei genitori non c'erano più, non ho mai avuto fratelli o sorelle, i miei parenti non hanno voluto accudirmi in quanto maggiorenne sostenevano che non ne avrei avuto bisogno. Un po' mi piaceva stare da sola, nel silenzio, a pensare, ma dall'altro lato mi feriva sentirmi esclusa o scartata dalla mia famiglia, che ormai nemmeno mi veniva a fare visita, se non quella volta al mese per raggiungermi al cimitero; offrivamo delle preghiere ai miei genitori, piangendoli ancora, anche dopo quasi un anno, quel dolore del lutto era sempre forte, mi consumava all'interno. Ero una ragazza felice prima di quella tragedia, ma da quell'incidente in poi è tutto cambiato: sono spenta, triste, arrabbiata, demotivata, sola.
A svegliarmi dai miei pensieri fu una strana puzza di bruciato, corsi in cucina ricordandomi del pentolino che scaldava l'infuso, come sempre mi ero persa tra i mille ricordi e i mille pensieri. Si stava carbonizzando, mi maledicevo per essere così distratta e sbadata come sempre, ma nel cercare di riparare al danno mi scottai fortemente la mano, urlai dal dolore, non sapevo cosa fare e caddi sulle ginocchia.
Forse qualcun altro avrebbe messo la mano sotto l'acqua, avrebbe preso del ghiaccio o avrebbe chiesto aiuto, ma mi sentivo così debole, non riuscivo a sopportare niente. Nonostante quella fosse un'ustione abbastanza grave non feci nulla, mi limitai a piangere. Di me stessa non me ne fregava più nulla, che senso aveva continuare a vivere?
Strisciai per la cucina lamentandomi, tremavo ancora, ma ero stanca di vivere, dovevo fala finita. Fu così che tirai fuori un coltello dal cassetto in basso con la mano sinistra, lo poggiai alla pancia, spinsi un po': quel dolore mi macinava l'anima, non avevo il coraggio di uccidermi, ma dovevo, per smettere di soffrire. Feci alcuni tagli sulla mia faccia, imprecisi, forse nemmeno tanto profondi, ma abbastanza da farmi sanguinare.

"Se avessi una ragione, mi alzerei da qui..."sussurrai tra me e me, singhiozzando.

Sentivo ancora una volta che i miei sensi mi stessero abbandonando, sentivo solo il sangue dei tagli sul mio viso che gocciolavano per tutta la faccia, più inclinavo la testa,più la alzavo, più mi sporcavano le guance, il naso, le labbra.

"Vorrei svenire ma senza svegliarmi" singhiozzai.

Un rumore assordante, però, mi portò ad aprire velocemente gli occhi, le tende della cucina si mossero violentemente, come se qualcuno stesse facendo a botte con esse.
Il cuore mi andava a mille. Non capivo cosa stesse succedendo, rumori strani, voci lontane, l'atmosfera si fece inquietante e io non avevo le energie per alzarmi. Ero solo terrorizzata, fin quando mi accorsi che il dolore persistente alla mano, dovuto all'ustione, era completamente svanito e con sé anche la ferita. Aggrottai la fronte, non mi spiegavo cosa mi fosse accaduto. Mi accorsi pochi secondi dopo che anche i segni sul viso erano scomparsi e le mie lacrime erano asciutte. Mi alzai freneticamente, respirai in modo pesante.
"Sono pazza? Perché è capitato ciò? Forse l'ho sognato o forse sono pazza!?"

Di fronte a me si presentò improvvisamente la figura di un ragazzo, sbiadita dalla luce che facevo fatica a sopportare. Si muoveva su sé stesso, come se avesse perso qualcosa, era agitato, lo capivo dall'espressioni che faceva col corpo. Feci un passo in avanti, ero perplessa e spaventata.
"Sono morta?"
Fu la prima cosa che pensai.

"Chi...chi sei...? Perché... cosa... cosa ci fai in casa mia?" Dissi con la voce rotta e l'adrenalina nelle vene. Ero spaventatissima.

La luce si ridusse pian piano e il viso era quasi più definito.

"Mi vedi?" chiese. La sua voce calda e accogliente mi fece immediatamente rilassare, ne ero quasi ipnotizzata anche se aveva pronunciato una piccola frase, ma mi ripresi subito e non capivo il perché di quella domanda, era una domanda strana e cominciai a tremare nuovamente.

"Chi sei...?"Mi azzardai a dire. Ero un disco rotto ormai.

Il suo capo si alzò verso il cielo. Inclinò la testa verso destra e poi annuì.
Tornò a guardarmi e fece piccoli e lenti passi verso di me. Più si avvicinava e più il suo viso diventava nitido, più mi era facile vederlo senza l'ostacolo della luce fastidiosa.

"Ciao Krystal, è un piacere conoscerti. Mi presento: sono il tuo Angelo Custode."

Guardian AngelWhere stories live. Discover now