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Riuscii a controllarmi e a calmarmi solo dopo mezz'ora di lezione in cui non avevo recepito nemmeno mezza parola, i miei pensieri rimanevano fissi a quei pochi istanti. Si erano bloccati e non mi permettevano di tornare a un colorito normale.

Sidney mi lanciò occhiate per tutta la lezione che io finsi di non notare, non aveva intenzione di lasciar trapelare nulla almeno per ora. Mi sentivo messa sotto sopra ed era solo per colpa sua; mi ero tenuta a distanza da lui proprio per questo, fin dal primo momento in chi lo vidi cercai sempre di evitarlo se mi fossi avvicinata troppo avrei iniziato a interessarmi. I buoni propositi erano andati a farsi maledire con il suo tocco.

Scarabbocchiai sul quaderno ghirigori infiniti e immotivati, come quello che stava succedendo.

"Ragazzi per la prossima volta mi aspetto che rispondiate a una domanda" la Proff si appoggiò alla cattedra e incrociò le braccia al petto, era giovane sulla trentina e i miei compagni pendevano dalle sue labbra come se ne uscisse oro colato "cos'è la vita per voi? Come considerate la vostra di vita? Mi aspetto delle bellissime risposte consegnate sulla mia cattedra martedì, senza eccezioni."

Rispondemmo in coro si, chi più afflitto chi meno; la campanella suonò e uscimmo fuori.

"Che ti prende?" venni messa all'angolo dalla mia testarda ma adorata migliore amica.

Buttai l'aria che avevo trattenuto per tutta la lezione.

"Davvero niente Sindy solo non mi aspettavo che mi trattenesse" non mi aspettavo che mi confondesse, che riuscisse a scuotermi, che mi facesse sentire così viva.

"Che cosa ti ha detto?" le sue pozze azzurre si scontrarono con i mie occhi che al momento non trasmettevano niente di buono.

"Mi ha chiesto solo cosa era successo ieri con Simon e poi se ne è andato" presi un elastico dalla borsa e mi legai i capelli.

Lei assottigliò lo sguardo, era un gesto che facevo raramente adoravo lasciarli liberi ad avvolgermi, quando li legavo era chiaro segno di nervosismo. Sindy conosceva tutti i miei tic con lei ero fregata.

Il telefono vibrò e lo presi dalla tasca posteriore dei pinocchietti e risposi a mia madre.

"Ma' che succede devo andare in classe" strano non mi chiamava mai a scuola solo se rientravo tardi per colpa di impegni scolastici.

"Silver io e tuo padre dobbiamo parlarti, torna urgentemente a casa per favore" il suo tono era strano, preoccupato e qualcos'altro che non riuscii a cogliere.

Iniziai a mordermi il labbro "Arrivo subito."

Sidney mi guardò interrogativa con la testa leggermente inclinata.

"Devo tornare a casa" le dissi.

"Vuoi che ti accompagni?"

"No vai in classe, a piedi dovrei metterci solo quindici minuti non è molto" nei quali avrei cercato di non allarmarmi troppo.

"Stai scappando dal mio interrogatorio?" scherzò.

Le rivolsi un sorriso amaro, avrei preferito subire il suo interrogatorio rispetto a quello che mi avrebba aspettata a casa, non avevo una bella sensazione.

Mi prese le mani tra le sue e le strinse "Ehy non fare così" cercai una rassicurazione in lei , anche se inutile "non sarà niente di grave. Appena sai qualcosa chiamami okay?"

Annuii "Grazie Sidney."

Ci salutammo e io uscii dalla scuola quasi correndo.

Intravidi Cam con le spalle poggiate alla sua macchina che parlava con una ragazza.

Come se percepisse la mia presenza il suo viso si alzò nella mia direzione; i nostri sguardi si sfiorarono un momento e nei suoi occhi passò un lampo di preoccupazione ma io corsi via senza dargli il tempo di reagire.

Che stesse pure a farsi abbindolare da altre ragazze io avevo cose più importanti da fare, e non avevo tempo da sprecare con nessuno.

Mi feci tutta la strada quasi correndo, sentivo delle fitte ai fianchi ma le ignorai continuando imperterrita fin quando il vialetto di casa non spuntò nella mia visuale.

Entrai sbattendo la porta dietro di me e buttando la borsa a terra mi diressi verso la cucina.

Li trovai seduti intorno al tavolo con le mani strette cercando forza l'uno nell'altro. Mio padre con i suoi capelli scuri e gli occhiali da vista che non bastavano a coprire le occhiaie scure che segnavano i suoi occhi grigi; mia madre con lo sguardo spiritato e gli occhi leggermente rossi, stava trattenendo le lacrime.

Iniziai a sentire delle forti fitte al petto, mi avvicinai al tavolo "Mamma, papà cosa è successo?" chiesi con voce tremante e con il cuore che sembrava volermi esplodere nel petto.

Si guardarono un attimo negli occhi e poi fu lui a rispondermi "Hanno chiamato dal carcere di tua madre" strinse le labbra in una linea sottile prima di sospirare "l'hanno trovata sul pavimento morta ieri sera. La diagnosi è overdose."

Appoggiai la schiena al muro "Ma le non si drogava, lei-lei beveva soltanto..." sussurrai.

Mia madre mi rispose "In assenza dell'alcol avrà trovato qualcuno che la potesse fornire in altro modo."

La tristezza dei suoi si rispecchiava nei miei e scappai in camera mia buttandomi sul letto lasciandomi andare a un pianto silenzioso.

Era morta.Lei era morta. La donna che per tanti anni mi aveva picchiata era morta. Lei che continuava a perseguitarmi nelle notti.

Un peso sembrò levarsi dal mio petto, provai sollievo e mi odiai per questo. Non ero un mostro, ma provai liberazione. Non sarebbe più tornata a prendermi e un pianto liberatorio si liberò sul mio volto mentre una parte di me nel profondo soffriva per aver perso per sempre la possibilitá di riscattarsi davanti alla persona che le aveva dato la vita per farle capire quanto non fossi inutile. Quella parte di me morì con la convinzione che non avrebbe mai ricevuto l'amore desiderato dalla sua amata quanto odiata vera madre.

Mi addormentai stanca di piangere e distrutta.

"Tesoro" una mano mi passò tra i capelli svegliandomi dolcemente. Aprii gli occhi lentamente e guardai mia mamma.

"È venuto a trovarti un tuo amico, dice di chiamarsi Cameron ti sta aspettando davanti la porta di casa."

Cameron? Che diamine ci faceva a casa mia? Mi sollevai con un mal di testa forte e pulsante causato dal pianto di prima.

"Tesoro sai che hai bisogno io e tuo padre ci siamo sempre vero?" la sua voce era incorinata dalla preoccupazione vederla in quello stato mi strinse il cuore.

L'abbracciai stringendomi a lei e lasciandomi avvolgere dal suo odore di vaniglia e casa.

"Tranquilla , lo so. Sei tu la mia vera madre per me non lei" mi accoccolai sul suo petto " lei non mi ha portato altro che sofferenza. Questa è la mia casa con te e papà."

La sentii piangere e ci stringemmo in un abbraccio che conteneva più di mille parole.

Passò qualche minuto prima che si scossaste e si asciugasse gli occhi "Dai preparati il tuo amico ti aspetta ed è anche molto carino" mi rivolse un sorriso d'intesa.

"Mamma non iniziare anche tu per favore!"

"Potrò essere una quarantacinquenne ma un bel ragazzo lo so riconoscere quando lo vedo" sorrise.

Io sbuffai, in realtà però ero contenta che la situazione si fosse in qualche modo alleggerita. La abbracciai un'ultima volta e andai in bagno dandomi una rinfrescata e cercai di rendere decente con il trucco la faccia mortuaria che avevo, mi spazzolai i capelli fino a che non furono morbidi e andai a infilarmi un paio di jeans una canottiera nera e una camicia aperta a scacchi azzurri e neri mi misi un paio di vans e andai sotto dal mio ospite indesiderato.

Your Dark SideWhere stories live. Discover now