capitolo 43

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— December 10, Thursday —

Un suono fastidioso mi arrivò alle orecchie; non riuscivo a capire cosa fosse, la mia sveglia aveva tutt'altra vibrazione e solitamente l'allarme antincendio era ancora più assordante. Pensavo di essere nella mia stanza al campus, ma quando aprii gli occhi, mi ritrovai in una camera che non era la mia.

Guardandomi intorno, perlustrai con lo sguardo le quattro pareti che mi circondavano: difronte a me c'era un tavolo attaccato al muro con sotto una sedia, alla destra un piccolo divano con sopra un peluche e dei cuscini, insieme a una poltroncina; una finestra enorme ma ben chiusa coperta dalle tendine illuminava l'area in cui mi trovavo, e appesi alle pareti c'erano diversi quadri. L'atmosfera era accogliente, e quasi mi sembrava di essere all'interno di un hotel se solo non fosse che notai di essere sopra un letto ospedaliero con accanto i soliti macchinari, dove per qualche ragione fortunatamente non ero attaccata.

Mi sentivo ancora un po' stordita, e passandomi le
mani sul volto tentai di prendere coscienza da sveglia, cercando di capire come fossi arrivata in quel posto.

A catturare la mia attenzione fu il rumore della porta aprirsi, intravedendo subito la figura di un ragazzo, l'ultimo con cui mi trovavo prima di perdere i sensi quando ero ancora al dormitorio.

" Brooke, buongiorno, sei sveglia finalmente." con un bicchiere in mano di caffè, Sebastian si avvicinò verso di me, prendendo posto sulla poltroncina accanto al letto, ed io lo seguii con lo sguardo. "Come ti senti?"

Rimasi in silenzio, tentando di prendere dei respiri profondi nel sentire il nervosismo salirmi sempre di più sulla pelle. Ero lì per causa sua, dunque cosa avrei dovuto dirgli?

" Non hai mantenuto la tua promessa." ammiccai amaramente, portando la mia attenzione su un punto fisso nel muro davanti alla mia prospettiva.

" Non ti stavo spiando Brooke, anche se per quel che ho visto, avrei dovuto farlo. Avevo dimenticato l'orologio conta battiti in camera, fondamentale per quando mi alleno, e mentre stavo andando a riprenderlo ti ho vista fuori nel corridoio insieme ad Aiden, e beh quello che è successo dopo già lo sai." sospirò, unendo le mani prima di portare il volto su quest'ultime. Il suo racconto aveva un senso, ma ciò non toglieva la rabbia che provavo per avermi portato nel luogo in cui mi trovavo in quel momento, e anche se sapessi dove, provai a sperare di sbagliarmi.

" Dove sono?"

" In ospedale, Nick ti ha sistemato in una stanza privata. Hai dormito per due giorni interi, sufficienti almeno per farti smaltire tutto quello che avevi nell'organismo; ora dovresti essere pulita. Ti va un po' di caffè?" Sebastian allungò una mano per porgermi il bicchiere dapprima poggiato sul comodino, ma senza rispondergli scossi il volto, rifiutando la sua offerta.

Senza emettere più alcun fiato, tornai a guardarmi intorno, sbattendo più volte le palpebre per cercare, sentire, l'unica persona che in quel momento mi avrebbe fatta stare meglio. Però più cercavo, più non riuscivo a sentire nulla, e un senso di ansia iniziò a crescere dentro di me. Non volevo stare in quell'ospedale, non di nuovo; così senza pensarci troppo tentai di alzarmi, poggiando i piedi sul freddo pavimento. Forse lui era fuori ad aspettarmi, e spinta da questa speranza iniziai a camminare verso l'uscita, seguita ovviamente da Sebastian.

" Dove stai andando?"

" Via da qui." risposi poggiando una mano sulla maniglia per aprire la porta, ma venni subito bloccata con una stretta al braccio dal ragazzo dietro di me.

SurvivorWhere stories live. Discover now