Deku's POV

Non riuscivo a muovermi, non riuscivo a dire niente.

Avrei voluto prendere quella giornata e buttarla nel cestino dei rimpianti. Avvertivo ancora sulla pelle il tocco delicato di Eri, le sue dita che stringevano la mia tuta come se fosse l'unico appiglio in un mare di disperazione.

Avevo continuato a pensarci ancora ed ancora senza riuscire a scrollarmi dalle spalle il senso di colpa per non aver fatto niente, il disgusto per non averci nemmeno provato.

Che razza di Hero speravo di essere?

La voce di quella bambina mi risuonava nelle orecchie e non c'era caos che potesse spegnerla.
L'avevo lasciata nelle grinfie di Overhaul e me ne ero andato. Avrei dormito nel mio letto caldo, al sicuro, mentre lei era chissà dove a piangere.

Sola, completamente sola.

All'improvviso, un odore familiare di menta mi giunse alle narici ed avvertii la voce di Shoto sussurrare qualcosa.

«Devi mangiare, se no non cresci».

Mi ritrovai malgrado tutto a sorridere, ma un rumore sordo mi riportò con i piedi per terra facendomi sobbalzare appena.

Kacchan era scattato in piedi di colpo. Per quanto tempo era rimasto lì, di fronte a me, senza dire niente?

Ci guardammo negli occhi, lui sembrava furioso.

Eppure, non era la solita furia ceca che lo assaliva ad ogni minima piccolezza. No, era come un animale ferito, troppo orgoglioso per chiedere aiuto ma troppo debole per scappare.

«Kacchan, stai bene?»

Lui non ebbe il tempo di rispondere, io non ebbi il tempo di capire cosa stesse succedendo.

Sapevo solo che Shoto mi stava baciando ed io non riuscivo a pensare ad altro se non al fatto che non avrei mai voluto che succedesse davanti a lui.

Trovai la forza di reagire solo quando sentii i passi di Kacchan allontanarsi, così alzai le mani contro il petto di Shoto e lo allontanai appena.

La sua espressione era dura, a tratti indecifrabile.

Non che fossi abituato a vedere particolari espressioni sul suo viso, ma doveva esserci una spiegazione a quello che era appena successo.

«P-perché?», chiesi con voce tremante.

Mi ero chiesto spesso cosa provassi per il mio migliore amico.

In fondo, Shoto c'era sempre stato. Per me era normale accoccolarmi tra le sue braccia la sera e condividere con lui ogni cosa mi accadesse durante la giornata, ma non ero mai arrivato alla consapevolezza di voler andare oltre.

"Stareste bene insieme", aveva detto una sera Uraraka col sorriso sulle labbra.

Io mi limitai a sorridere un po' confuso mentre osservavo il mio amico allenarsi in giardino. Pensai che in fondo avesse ragione.

Shoto era la stabilità che avevo sempre cercato, la certezza su cui non avrei mai potuto vacillare. Era una spalla sicura e nonostante fosse una frana ad esprimere i propri sentimenti non avevo mai dovuto dubitare del fatto che tenesse a me.

Poi Kacchan entrò nel mio campo visivo.

Superò Shoto con Kirishima, teneva le mani in aria intento a spiegare qualcosa all'amico e mi ricordò terribilmente di quei pomeriggi in cui passava ore a raccontare idee e aneddoti sui nostri eroi preferiti.

Se avessi chiuso gli occhi sarei riuscito a sentire la sua voce acuta, tipica dei bambini e carica di emozioni.

"Un giorno saremo come loro".

Sentii il petto stringersi e distolsi lo sguardo.

Shoto era stabilità, Kacchan era il fuoco che mi teneva vivo.

«Sembravi triste».
La voce del bicolore mi scosse dai miei pensieri aggiungendo confusione a quella già presente nella mia testa. Non sarei mai riuscito a capirlo, quella era una certezza assoluta.

«Sì, ma...»

«Mi dispiace, ti ho infastidito?»

Di nuovo, mi ritrovai a sorridere.

Shoto era puro come l'ultima nevicata della giornata, quando lo strato più morbido e sottile si posa sulle superfici più alte ed incontaminate.

«Non me lo aspettavo, tutto qui», ammisi alzandomi in piedi. Lui continuò a guardarmi con occhi ingenui prima di alzare pigramente una mano in cui teneva una barretta di cioccolato.

«Forse la prossima volta dovrei limitarmi a darti questa», mormorò con un sospiro.

Mi ritrovai a sbattere le palpebre un paio di volte totalmente perso.

Non capivo.

«Shoto, provi qualcosa per me?», chiesi con più coraggio di quanto non pensassi di avere.

Lo vidi alzare un sopracciglio, arrossii furiosamente.

«Forse. Ci ho pensato, ma come potrei?»

Fu il mio turno di alzare un sopracciglio.

«In che senso?»

I suoi occhi eterocromi lampeggiarono verso il giardino dove Kacchan era scappato come se vedesse qualcosa che io non riuscivo a scorgere in alcun modo.

«Amarti sarebbe masochismo puro, Izuku. È palese che il tuo cuore appartenga a qualcun altro.»

Avvertii una fitta attraversarmi da parte a parte come se un fulmine mi avesse colpito in pieno. Tormentare me stesso era un conto, sentirmi sbattere la verità in faccia era tutt'altra storia. Ero innamorato dell'unica persona al mondo che sembrava odiarmi più di ogni altra cosa.

I miei occhi si riempirono di lacrime nello stesso istante in cui avvertii le braccia forti di Shoto stringermi quasi volesse sostenermi.

«Non puoi tenerti sempre tutto dentro. Corri a cercarlo. E sappi che non ho intenzione di chiedere scusa per averlo fatto incazzare. È stato divertente».

Sollevai lo sguardo confuso.

«Incazzare per cosa?»

«Izuku, ti voglio bene ma sei davvero ingenuo».


Angolino dell'autrice

Raga ma quanto è difficile prendere consapevolezza dei propri sentimenti?
Io sono un po' Izuku nella vita, non ci capisco mai niente. 

Lui almeno ci sta arrivando, dai. 

Come sempre, sarei felicissima di leggere commenti e consigli ♡



Broken Hourglass || bakudekuWhere stories live. Discover now