Capitolo 3

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Si stavano per colpire quando oltre alla mia voce sento urlare anche quella di una donna. Era la vicepreside, che per colpa del baccano causato dalle urla di Piadina e Marco, si è insospettita uscendo di corsa a controllare.

Vedo i due bloccarsi di colpo e riesco a tirare un sospiro di sollievo, c'è mancato poco questa volta.
Sento i passi della donna farsi più vicini e il suono provocato dai tacchi, che hanno le sue scarpe rosse, rimbombare nel cortile.
Ho paura che non sia finita...credo che invece di un lieto fine ci saranno altri problemi. 

La vedo parecchio arrabbiata e allo stesso tempo preoccupata, credo che si sia accorta delle mie lacrime che ancora mi rigano il volto.
Inizia ad urlare ai due ragazzi, che per poco non si prendevano a pugni, mentre questi si allontanano l'uno dall'altro. 
Marco si scusa svariate volte mentre cerca di spiegare la situazione e Piadina mantiene costantemente il suo essere superiore a tutti. Sembra che non gli importi nulla delle conseguenze che porterà il suo gesto.

La vicepreside li manda in presidenza e appena li affida alla bidella si volta verso di me. Mi viene in contro con molta calma e mi regala un sorriso dolce per cercare di tranquillizzarmi. Ma non sa che questo non funziona.
Ryan e Claudio sono rimasti fermi dov'erano fino a quando essa non fu arrivata abbastanza vicina a noi, così si catapultarono su di me e da perfetti attori finsero di preoccuparsi, apparendo innocenti agli occhi della donna. Che schifo che mi fanno.
Con voce dolce e calma mi inizia a parlare e a chiedermi come sto.

Vic.: Hey...tutto ok? Ti sei spaventato?

Io rimasi in silenzio a fissarla.
Cosa dovevo rispondergli?
No, perché un bullo mi prende di mira da tre anni e per questo mi ha rovinato la vita, sono solo e l'unico amico che ho mi ha protetto rischiando di farsi male?
Potevo, dovevo...ma non ci riuscivo.

Vic.: Mi dispiace che tu sia finito in mezzo a questo litigio. Mi hai fatto preoccupare soprattutto dopo averti sentito urlare.

Ho urlato? Davvero?
Non ci ho dato tanta importanza in quel momento, volevo solo che la smettessero.
Ero come ignaro di quello che stavo facendo, mi è venuto di istinto,possiamo dire così.  Non so nemmeno cosa io abbia urlato, ho solo sentito la mia voce.

Vic.: allora? Stai bene ora? Ti sei tranquillizzato?
Paga: s-si...

Riuscì a dire solo quello, un leggero sussurro, ero ancora scosso da tutta quella situazione che era accaduta pochi secondi fa, non riuscivo ancora a parlare e nemmeno a muovermi.
A quel punto, disse ai due ragazzi, che stavano al mio fianco accarezzandomi e facendo finta di essere preoccupati, di portarmi in infermeria e aspettare che mi sia ripreso.
Così, cercarono di essere gentili con me e di convincermi a muovermi verso l'interno della struttura, riuscì finalmente a camminare.

Arrivammo fino alla porta della stanza in cui sarei stato finché non mi fossi ripreso e fui abbandonato da quei due in malo modo. Tanto ormai nessuno li poteva vedere, quindi che senso aveva continuare a fare la parte dell'amico?
Mi spinsero contro la porta e mi salutarono sempre sottolineando quell'orrendo aggettivo. 

Cercando di bussare con la mano ancora tremante, riuscì a sentire una voce all'interno. Una donna, probabilmente l'infermiera, stava parlando al telefono.
Decisi di non bussare e di non aprire, tanto a chi importava di me? Potevo anche evitare di essere una scocciatura anche per qualcun altro.

Andai a sedermi su una di quelle sedie presenti nei corridoi e aspettai lì il suono della campanella o un segno di vita dal mio amico, finito nei guai...per colpa mia.
Il corridoio era vuoto e silenzioso, si sentiva solo una leggera arietta che proveniva dalla porta d'ingresso, che alcuni studenti aprirono per entrare.

Perché fai così se mi ami? Where stories live. Discover now