Capitolo 38

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[ Clarke ]

Ieri mattina credevo che per regalarmi un po' di tranquillità mi sarebbe bastato tastare la ruvida coperta ancora non ripiegata che giaceva ormai da un paio di ore sul lenzuolo freddo e vuoto che implicava l'assenza di Stefan, oggi con tutta la sicurezza del mondo posso dire che non è così.
Abbiamo dormito tutta la notte, nonostante abbia cercato spesso di tenere gli occhi aperti per poterla guardare il sonno mi ha sopraffatta però mi sono comunque svegliata prima di lei, strano a dirsi perché i vampiri non dormono eppure pare davvero che lo stia facendo, voglio dire, perché dovrebbe fingere?
Il suo petto si alza e si abbassa con ritmi regolari anche se estremamente lenti e non umani, il torace é leggermente scoperto dal lenzuolo grigio che lascia intravedere alcuni segni, che non so riconoscere, tatuati con il più nero degli inchiostri e con essi anche una piccola parte del suo seno.
Vorrei poter avere il mio cavalletto e i colori in questo momento per poter dipingere questo quadro di bellezza e realtà che lei é ma forse se anche solo mi alzassi si sveglierebbe infrangendo questo istante di perfezione. Oh quanto mi sbagliavo perché nel momento in cui apre gli occhi tutto diventa più incredibile.
Ho come una sensazione strana.
Avete presente quando per tanto tempo avete desiderato una cosa che per nessun motivo potevate avere? Come un bicchiere d'acqua gelata durante una maratona. Tutto ad un tratto però inaspettatamente trovate qualcuno che vi da quel ristoro tanto atteso e lo trangugiate e lo trangugiate finché non affogate in esso.
Uguale. Ho desiderato di vedere il verde per anni, per più di 17 e poi un giorno ce ne era in abbondanza ma talmente tanto che non riuscivo a metabolizzarlo tutto, era la prima volta che vedevo cespugli e alberi, fusti alti dozzine di metri, liane, edera e rampicanti eppure il verde più verde si nascondeva nei suoi occhi.
È come se avessi corso per migliaia di chilometri quando ero sull'Arca desiderando nient'altro che un po' di acqua e dopo aver visto lei ho rischiato di affogare.
Arca.
Cos'è l'Arca?
< Klarke? > la sua voce leggermente roca della prima mattina mi fa distogliere solo parzialmente dai miei pensieri < C'è qualcosa che non va? > chiede allarmata portando la sua mano sulla mia spalla come per proteggermi ma non riesco ad aprire bocca.
Com'è possibile che stessi immaginando a qualcosa che neanche so cosa sia?
< Klarke? > ripete con la voce ancora più acuta < Oh mio dio lo sapevo, te ne sei pentita >
Devo tornare un attimo sulla terra.
< Cosa? > chiedo non avendo compreso una sola parola di quello che era uscito dalla sua bocca.
< Scusa > dice con le lacrime ai bordi degli occhi e la voce più devastata che mai < Mi dispiace davvero tanto >
< Ma di cosa? >
< C-che...che > la vedo tremare mentre indica noi due < Che non ti faccia sentire b-bene questo >
< E chi lo avrebbe detto scusa? Da cosa lo hai dedotto? > ridacchio sapendo che è completamente in torto.
Sopracciglia aggrottate, piccola ruga sulla fronte, bocca corrugata, deve sicuramente essere confusa su qualcosa < Lexa va tutto benissimo > le dico sorridendo e avvicinandomi alla sua bocca appoggiandoci le mie labbra come conferma mentre sento le sue sorridere < va tutto magnificamente benissimo >
Ed è così, non vorrei altro e glielo faccio capire facendo scorrere le mie dita sul suo corpo nudo, va bene va bene, può essere un vampiro immortale e quello che volete ma la vedo rabbrividire sotto il mio tocco e la cosa mi da un'estrema soddisfazione.
Faccio scorrere il lenzuolo verso di me e lo sposto per permettermi di posizionarmi sopra di lei, mi aiuta scostando leggermente le mie gambe e applicando una leggera pressione su di esse con le dita come per voler dire che sono sua.
Non c'è bisogno che tu faccia niente Lexa, lo sono davvero.
Mi fiondo di nuovo sulle sue labbra anche se questo mi costringe a chiudere gli occhi e smettere di guardarla, smettere di guardare quelle iridi verdi, smettere di bere quella rinfrescante acqua che tanto mi disseta, ma in confronto posso baciare le sue guance, il lobo dell'orecchio, il collo che si tende dal piacere, il torace, il seno, il costato e il suo ventre.
Ecco che rabbrividisce ancora e questo mi fa capire che devo smettere di giocare, che devo mettere la mia lingua in secondo piano intervenendo così con delle piccole spinte prima lievi e poi sempre più sostenute dove le nostre intimità convergono.
Sono sempre stata una ragazza un po' timida che non sapeva mai dove mettere le mani, quando camminava, quando parlava, quando stava ferma, spesso mi trovavo a scegliere dei pantaloni rigorosamente con le tasche perché così sapevo dove poter nascondere le mani e non fare la figura della scema che stava lì a ciondolare, ma adesso non ne ho certamente bisogno, adesso so esattamente dove vanno, cosa devono fare, cosa devono toccare, e se magari sono un attimo incerta c'è lei che me lo spiega, con tutta la calma e la pazienza del mondo che un insegnante può avere nei confronti del suo fin troppo giovane alunno, lei mi aiuta.
Tocco i suoi capelli e li tiro appena mano a mano che le spinte si intensificano e mano a mano che i suoi gemiti aumentano, la sto guardando adesso, so che forse non dovrei ma è più forte di me, gli occhi chiusi, il viso contratto nello sforzo ma che spesso si lascia dietro di se un piccolo spasmo di piacere, gli zigomi alti e fieri come lo stesso mento e la mascella, contratta, tagliente, vorrei baciarla come vorrei baciarle il collo e il naso e il viso e la bocca e...
La bocca. La apre espirando l'ultimo piacere e quando apre piano piano gli occhi distolgo subito lo sguardo per non farmi cogliere in flagrante ed esausta mi rannicchio vicino a lei che ancora con il fiato corto decide di parlare < E questo perché? >
< Perché ti amo >
Adesso é molto più nitido.
C'era una volta una ragazza dai capelli biondi, stava disegnando qualcosa sul pavimento della sua cella, non ricordo di preciso cosa fosse, tutto quello che so é che venne interrotta da due uomini in uniforme, quello con la pelle più scura richiese il suo braccio destro, anzi lo pretese e dopo che lo ebbe avuto con la forza, nonostante le proteste della ragazza che avrebbe compiuto diciott'anni il mese successivo, le attacco un bracciale al polso.
Quando cercarono di togliere un gioiello che era di suo padre però si ribellò e fuggi dalla cella ritrovandosi tra centinaia e centinaia di guardie che esattamente come le due rimaste indietro stavano scortando tutti i prigionieri verso un nuovo inizio.
I giovani criminali erano rinchiusi li in quella che cimavano la prigione del cielo, e quella ragazza bionda ancora troppo spaventata ma con una sete di giustizia implacabile non poteva sapere che quel luogo, quella cella da cui tanto voleva uscire, sarebbe stato il posto più sicuro in cui avrebbe mai messo piede.
Senz'altro più sicuro della terra che presentava ancora scorie radioattive e centinaia di migliaia di terrestri pronti a ucciderli, ma non tutti, non lei, non Lexa e se possibile quella persona le aveva procurato ancora più dolore di tutte le altre messe insieme anche se non l'aveva picchiata, colpita, ferita, insultata o derisa, lei non aveva fatto niente, anzi forse si, forse aveva fatto qualcosa che qualcuno non faceva da tanto tempo.
L'aveva amata.
L'aveva amata come solo pochi sanno fare, l'aveva amata talmente tanto da sacrificarsi per lei, da vivere per lei, da combattere, lottare e mettere in gioco i propri ideali, da farsi insultare per lei, da farsi deridere, da farsi dei nemici, da farsi tradire, da farsi complottare alle spalle e soprattuto da farsi uccidere per lei.
Ed era proprio quello che aveva fatto soffrire così tanto la bionda, era proprio la sua morte che l'aveva dilaniata come non credeva mai di potersi sentire, il suo cuore si era spento dal momento in cui quello della coraggiosa ragazza si era fermato per sacrificarsi in suo nome, per salvarle la vita.
Una vita però che, anche se Lexa non lo poteva sapere, Clarke non avrebbe mai più apprezzato.
Lexa mi sta guardando come se non fossi reale, mi accarezza la guancia e la piccola fossetta sul mento prima di far scorrere un'altra lacrima sul suo bel viso < Ti amo anche io >
< Perché non me lo hai detto quando eri ancora viva? >
Aggrotta le sopracciglia assumendo un'espressione da punto interrogativo < Perché ancora non ti conoscevo > scherza ma poi si fa più seria e mi chiede ulteriori informazioni < Cosa intendi Klarke? >
Non lo so.
Ecco la risposta.
< Ho tutti questi...ricordi? In testa > inizio non sicura della piega che potrà prendere il mio discorso < Forse mi prenderai per pazza ma non voglio nasconderteli >
Si mette su un fianco senza aprire bocca facendomi però ben capire che ho tutta la sua attenzione rivolta verso di me < Sai cos'è l'Arca? > le chiedo prima di vederle scuotere la testa in un dissenso.
< No, perché ? Cos'è? >
< Non lo so neanche io eppure prima ho elaborato una riflessione e sapevo benissimo cosa fosse >
< Non ho capito > ammette.
< Lo so immagino, è tutto così confuso...vedi io...ho come dei ricordi che non sono ricordi > la vedo aggrottare di nuovo le sopracciglia.
< Tipo vedi delle scene che tu non hai mai vissuto ma allo stesso tempo é come se lo avessi fatto? >
< Esatto! > esclamo contenta che finalmente possa capirmi.
< Capitano anche a me > dice spiazzandomi.
< Anche a te? >
< Si > afferma mettendosi supina < E la maggior parte riguarda noi due >
< E...cosa facciamo? >
< Parliamo, per lo più. A volte litighiamo, tu mi urli qualcosa e io ti rispondo con la mia solita acidità che in genere riservo solo agli altri >
Silenzio.
È una bella giornata di fine marzo ma pare non importare a nessuno, i suoni di clacson e urla filtrano tra le fessure delle finestre anche se ovattati dalla tecnologia del loft ma comunque non disturbano le nostre silenziose riflessioni.
< Ma quella frase? > mi chiede < Cosa vuol dire "Perché non me lo hai detto quando eri ancora viva?" >
< Davvero non lo so > le ripeto < era come se...se sentissi che in un qualche modo tu ed io fossimo già...state insieme, non prendermi per pazza >
< Non lo farei mai >
< Ed è come se l'altra volta tu fossi...morta >
< L'altra volta > ripete Lexa scoppiando a ridere.
< Ehi! Avevi promesso che non mi avresti preso in giro >
< ho promesso che non ti avrei presa per pazza > ribatte compiaciuta spostandomi una ciocca dietro l'orecchio.
< E perché ridevi? >
< Perché credi davvero che sei ci fosse stata un'altra volta...un'altra vita...io non mi ricorderei di te? > sospira baciandomi.











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The vampire diaries- ClexaWhere stories live. Discover now