Capitolo 3 - Marrone (Seconda Parte)

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«Come ti senti?» Le domandò piano lui, inclinando la testa e cercando i suoi occhi, in modo tale da poterli leggere e capire nel caso mentisse.

«Ora va meglio» rispose sincera Verity, riportando lo sguardo sul giovane, addolcita dal sorriso tenero sul viso di lui. In parte fu come se il sole le stesse trasmettendo il torpore di cui aveva bisogno, esattamente di fronte al suo volto e pronto a donarle un po' di tranquillità.

«Qua sei al sicuro, non possono trovarti o farti del male» tentò di rassicurarla ancora di più il ragazzo, nel contempo che la osservava più volte da capo a piedi. La voce era come il miele, avrebbe potuto calmare chiunque, mentre il viso trasmetteva quella spensieratezza che ti rilassava al primo sguardo, donandoti protezione. «Io mi chiamo Jung Ho-seok, ma puoi chiamarmi semplicemente Hobi» si presentò gentilmente, aspettando una reazione da parte dell'altra.

Avrebbe voluto dirgli che sapeva chi era, ma in realtà non era nemmeno così sicura di esserne in grado. Aveva intuito fosse un Guardiano, in quell'istante conosceva pure il suo nome, aveva una figura ben definita e, come Tae e Liam, si era presentato prima con il suo nome completo, per poi fornirle un diminutivo da usare. Tuttavia, la giovane non era in grado di arrivare a una conclusione ben precisa, trarre le somme. Non era sicura che fosse veramente lui la persona che stava cercando, la quale, fino a qualche secondo fa, la stava richiamando a squarciagola inconsciamente per poterla salvare, oppure fosse solamente un riflesso dei suoi desideri. E se fosse stata tutta un'illusione? E se fosse ancora in messo a quella gente deforme, senza che se ne stesse rendendo conto?

«Sono vero, non è uno scherzo» la richiamò dai suoi pensieri Hobi, come se le avesse letto nella mente. Sussultò appena quando pronunciò quella frase, impaurendosi. «I tuoi occhi trasmettono tristezza e paura, ma posso provarti che non sono frutto della tua mente» continuò lui poco dopo. Il sorriso sul volto si allargò ancora un po', dimostrandole un animo dolce e buono, genuino, portatore di gioia e serenità. «Posso toccarti?» Le domandò il giovane, dandole la conferma che stava cercando.

L'informazione che Liam era stato incaricato di fornirle era proprio riguardo a quella richiesta. Un Guardiano, prima di toccarla, le avrebbe sempre chiesto il permesso. Non sapeva per quale motivo, almeno, non ancora, ma l'unica cosa di cui era certa era che, se voleva superare la sua paura e arrivare in fondo a tutta la questione, doveva accettare un contatto fisico con lui.

Era combattuta, Verity: da una parte la giovane avrebbe voluto andarsene da quel luogo, si chiedeva come mai la sua mente non l'avesse ancora risvegliata da quel sogno ambiguo, desiderando di arrivare alla fine il prima possibile. Dall'altra, ella avrebbe voluto conoscere più approfonditamente i ragazzi che aveva incontrato sulla strada di quel viaggio, dato che le erano apparsi come delle persone gentili, alla mano e sincere.

La ragazza annuì, acconsentendo alla domanda dell'altro. Con estrema lentezza, come se avesse paura che lei potesse scappare da un momento all'altro, Hobi allungò una mano e gliela posò sulla guancia, accarezzandola con il pollice. In questa maniera egli riuscì a eliminare alcune tracce lasciate dalle lacrime appena versate.

Il suo tocco fu dolce, gentile e amorevole, infondendole calore dal palmo della mano. Il cuore della giovane, già precedentemente calmatosi, raggiunse uno stato di totale tranquillità e serenità, insieme al respiro docile che permetteva all'ossigeno di entrare e l'anidride carbonica di uscire con regolarità. Si sentiva bene, percepiva il solito benessere che anche i due Guardiani prima le avevano infuso, donandole una strana sensazione di casa, familiarità. Inoltre, lo sguardo di Hobi le trasmise, in una minima parte, la felicità e la pace che stava cercando da quando aveva fatto il suo ingresso là.

«Hai capito qual è la paura di questo mondo?» Le domandò dolce il ragazzo, un sorriso tenero che gli increspava le labbra del colore della pesca.

Il giovane, per quanto avesse voglia di aiutarla, sollevandola il prima possibile dal peso che si portava appresso, era consapevole di non poterle rendere le cose più facili. Doveva comprendere da sola le paure che stava affrontando, in modo tale da poterle affrontare e interiorizzare al meglio con quelle già passate. Doveva identificarsi nei suoi stessi timori.

Le Dodici Paure Di VerityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora