polvere

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Gli artisti non li capisci subito, sono quegli spiriti liberi che vagano senza una vera e propria meta, il loro obbiettivo è sentirsi come le onde che si infrangono sugli scogli. Io ero un semplice artista, uno scrittore, ma lei, lei era molto più di quanto avessi mai potuto far vivere sulla carta di un libro. Lei era come tempesta, come una giornata di sole e un pomeriggio di vento. Era bella come poche sono, era spensierata come nessuna è.

Camminavo per la città quel giorno, ero vestito elegante, nulla di meno per presentare il mio nuovo libro al ballo delle giovani debuttanti. Che spreco di balze e champagne, giovani donne messe in vendita che danzano davanti a uomini in cerca di una badante e di una balia a vita. Quel giorno non potevo immaginare mi avrebbe cambiato la vita.

Arrivai a casa Mason, giusto in tempo per essere presentato come tutti gli invitati, feci il mio solito ingresso e mi sedetti a uno dei tavoli rotondi della sala, era vasta, decorata minuziosamente, urlava di appartenere a una famiglia di donne viziate e uomini avidi.

Non nascondo che casa mia era tale e quale a questa, solo che era ricolma di quadri e tempere in ogni angolo. Ho sempre amato dipingere, scrivere era diventato il mio lavoro e ho provato con tutte le mie forze a cantare, ma la vita mi ha regalato tutto tranne che dolci note impresse nella gola, pronte ad uscire.

Stavo osservando la gente ballare, chiacchierare, le donne più anziane sparlare e i mariti bere. Era tutto normale, poi al mio tavolo si presentò una donna, giovane, non di certo una debuttante. Capelli leggermente scompigliati, un abito azzurro, semplice, a balze. Le gote rosse, aveva corso, forse per il ritardo. Si sedette su una delle poche sedie disponibili, le altre erano sparse per la sala.

Al tavolo eravamo solo noi due e io non avevo alcuna intenzione di rivolgerle la parola, preferivo osservare la sua incapacità di calmare il respiro, era interessante come non le importasse assolutamente nulla della mia presenza.

Chiamò un giovane che serviva bevande e gli chiese dellacqua, cosa che il poveretto non aveva, dovette andarla a prendere nella distante cucina. Si girò verso di me e vidi i suoi occhi verdi aprirsi dalla sorpresa, si illuminarono di una luce abbagliante.

-Mi perdoni, non vi avevo notato. Catherine Foreman, piacere di conoscerla-.

-Albert Bainard, il piacere è mio. Non si scusi, non mi sarei notato io stesso- sorrise a quella che era una sorta di battuta, in verità non ho la minima idea del perché la dissi.

- Mi dica Mr. Bainard, cosa ci fa nel bel mezzo di un ballo per debuttanti? La sua reputazione urla che non è, e non sarà mai, in cerca di moglie-.

Era schietta, un tono tranquillo e sfacciato mentre pronunciava una domanda così scomoda.

-Sono venuto a salutare qualche amico, ma mi dica, cosa sa già di me? Così saprò fino a che punto posso mentirle- sorrisi flebilmente alla mia maliziosa provocazione.

-In verità di lei so solo che non ci si può fidare, gli artisti sono complicati, sfumano via in men che non si dica, ne rimane qualche libro o qualche parola, ne rimane lamore, ma il resto è polvere-.

-Polvere dice, allora mi dica, vorrebbe prendere un thè con la polvere?- mi incuriosiva così tanto che non seppi resistere.

-Mi deve scusare di nuovo, ma penso che dovrà fare di più per meritarsi un pomeriggio con me-.

Quella sera conobbi Catherine Foreman, che Dio non me ne voglia ma per lei sarei diventato bestemmiatore o credente, sarei stato polvere o materia. Che Dio non me ne voglia ma per lei sarei stato vita e morte.

Mi guadagnai quel pomeriggio a parlare di arte dopo molte battute e un ballo. Lei era speciale, volevo esserle amico, pensavo di aver trovato una confidente, una consigliera per le mie opere, magari una musa. Mi ritrovai ad essere polvere.

Un pomeriggio d'estate la aspettai davanti al cancello del suo giardino, a trentanni era riuscita a godere di una ricchezza tutta sua, una casa notevole. Non aveva marito, la famiglia le aveva voltato le spalle, non mi aveva ancora svelato però di cosa si occupasse. Arrivò con dei pantaloni di un tessuto morbido, color pesca, una camicia semplice bianca, leggermente sbottonata, le maniche arrotolate malamente fino ai gomiti. Gli occhi verdi luccicanti.

-Alby, come siamo in forma quest'oggi- mi disse con un sorriso che apriva i cieli.

-Kate, pantaloni? Se ti vedessero le megere della città ti bandirebbero. Le gonne non ti aggradano più?-

-Trovo siano più comodi- rispose semplicemente, sorridendo.

La presi a braccetto e andammo al solito parco, dove passeggiavamo sempre, e lei mi aiutava a trovare una nuova idea per qualche quadro o libro. La guardavo blaterare di quanto la società del tempo non le piacesse, quanto le menti fossero malate, pian piano me ne innamorai, lo capii quando si ammalò. Ed è qui che comincia la nostra storia.

se uno scrittore si innamora di te, non morirai mai.Where stories live. Discover now