PRIGIONIERI DELLO SCHERMO Pt1

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Potrei descrivervi la mia vita con tre parole: Una noia mortale.
Mi chiamo Jonathan McCarthy, ho sedici anni e frequento la Maryside Highschool, e indovinate un po', sono l'asso della squadra di football della mia scuola. Okay okay non vi interessa, quindi passiamo al dunque. La mia vita non è tutta rose e fiori, a scuola sono una star del football, mentre a casa sono solo un povero ragazzo stressato a causa di una situazione familiare molto difficile e pesante. Tutto ciò che mi tiene ancora in piedi sono le videocassette di una raccolta psychedelic, le conservo come un tesoro dato che la musica è la mia unica via di fuga da questa realtà. I miei genitori non fanno altro che litigare e lanciarsi oggetti addosso, litigano per tutto... Anche se uno di loro mangia l'ultima patatina in un sacchetto, partirebbe una guerra fra i due.

"Cavolo McCarthy, i tuoi non fanno altro che azzuffarsi eh?" disse Jason, masticando il boccone del suo pranzo.
"Già, litigano praticamente per tutto." dissi sospirando. "Non mi stupirebbe se litigassero anche per chi deve usare per primo il bagno."
Jason fece un sorrisetto e poi guardò nella direzione di Alice, la sua ragazza.
"Allora piccola, questa sera al cinema."
"Certo. Dimmi, qual è il film che dovevamo vedere?" chiese lei.
"Scherzi? È il capitolo finale di Venerdì 13! Vai Jason ammazzali tutti!" disse Jason, iniziando a muovere la forchetta che aveva in mano come se avesse il machete di Jason Voorhees.
"Bene, io ora devo lasciarvi. Tra poco ho gli allenamenti di football e il coach conta su di me, mercoledì abbiamo la finale contro i nostri arcinemici." dissi alzandomi.
Jason mi diede una pacca sulla spalla.
"Beh, allora dacci dentro campione!"
Sorrisi e uscii dalla mensa, dirigendomi verso il campo da football. Il nostro allenamento consisteva nei soliti esercizi di riscaldamento che il coach ci faceva ripetere ogni volta. Sembravano tanto inutili per noi quanto fondamentali e indispensabili per l'allenatore. Eravamo così abituati a quella routine, che il tempo passava in un battibaleno, infatti, senza accorgermene mi ritrovai per strada verso la via di casa. Una volta finiti gli allenamenti, tornai sulla strada di casa e quasi non mi venne la nausea. Perché dovevo avere dei genitori così? Non avevo le risposte a nulla, quindi infilai le cuffie e tirai fuori le cassette con la mia musica preferita. Presi lo skate che avevo sottobraccio e lo misi a terra, per poi slittare sull'asfalto verso il vialetto di casa. Entrai in casa ed ignorai le urla dei miei, filai spedito in camera mia e mi buttai a peso morto sul letto. Sentii bussare alla porta.

"Avanti."

La porta si spalancò e mia sorella era in piedi sulla soglia.

"Jonathan, sei corso direttamente in camera. Qualcosa non va?" chiese lei, fissandomi coi suoi occhi azzurri. Mia sorella è una ragazza abbastanza alta, direi sui metri e settanta, ha un anno in meno a me e ha dei lunghi capelli biondi.
"Qualcosa non va? Alyssa, non prendermi in giro ti prego che non sono dell'umore."

Lei chiuse la porta e si sedette sul letto.

"Jonathan... Vedrai che le cose si sistemeranno in qualche modo..." disse con voce dubbiosa, il che mi fece capire che nemmeno lei ci credeva.

Sospirai e tolsi le cuffie.

"No che non si sistemeranno. Ogni giorno che passa la situazione tra di loro peggiora, ne ho le scatole piene."
Alyssa si morse il labbro e abbassò lo sguardo. Mi sentii terribilmente in colpa e le alzai lo sguardo mettendole l'indice sotto il mento, obbligandola a guardarmi.

" Senti, Alyssa... Alcune cose non si possono sistemare... Basta guardarli, si arrabbiano per qualunque cazzata. Ieri hanno litigato perché papà ha dimenticato di prendere il sapone per i piatti. Oggi che faranno? Si ammazzaranno perché papà lascia la tavoletta del water alzata? "

Lei ridacchiò, e la cosa mi diede sollievo. Ma non riuscivo comunque a stare meglio, i miei genitori portavano solo negatività in casa e l'aria si faceva sempre più pesante.

" Avanti, scendiamo di sotto. Ho fame. " dissi alzandomi, per poi scendere al piano inferiore.

Stranamente le urla tacquero, trovai i miei genitori che tenevano la cornetta del telefono in mano e non appena sentirono la nostra presenza alzarono lo sguardo.

" Ehi ragazzi... " disse mamma, mentre si alzava. "Ha chiamato vostra nonna Rose, e ha avuto l'ottima idea di invitarci lì per il fine settimana.

Sussultai." Mamma! Sai che non posso! Ho la partita di football mercoledì, nonché la finale contro i bulldogs! "

" Lo so tesoro, ma questa potrebbe essere l'occasione per me... E vostro padre di darci una tregua.

" E poi i vostri nonni hanno un ampio spazio dietro casa, potrai allenarti li dietro!" disse papà sorridendo.

"Voi siete tutti matti. Io non vengo, col cavolo. Ho la partita e non posso abbandonare i Maryside per una stupida vacanza da nonna Rose e nonno Stewart."


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