𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟼

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Quella mattina aveva pensato solo alle parole della madre.

Come gli aveva riferito della fine della donnina, al suo tono disinteressato e privo di rancore.
Izuku non riusciva più a tollerare quei comportamenti.

Erano troppo per lui, si sentiva un mostro ad appartenere a quella classe, a quella famiglia.
Eppure lui non voleva quello, non voleva che miliardi di persone morissero solo per uno stupido capriccio, ogni giorno quei pensieri lo perseguitavano, lo accompagnavano ormai da anni, da quando tutto era iniziato, e ora non ne poteva più.

Appena tornato scese subito da Shoto.
Non lo salutò nemmeno si mise davanti a lui a braccia e gambe aperte, esposto e vulnerabile.

"Picchiami, dammi uno schiaffo, un pugno, fa qualcosa, ne hai tutte le ragioni.
Sono un mostro per colpa mia tu e migliaia di persone stanno soffrendo, morendo, bambini hanno perso i genitori, alcuni hanno perso i propri figli, altri la persona che amavano, parenti, amici...
Ed è tutta colpa mia, colpa di tutti quelli come me, e voi non ve lo meritate, nessuno se lo merita.
Perché punire altre persone per un capriccio, perchè?
Perchè Hanna è dovuta morire?
Cosa aveva fatto quella povera donna?
Niente...
Assolutamente niente, quindi Shoto sfogati, fa quello che ti pare, ti prego fallo."

Shoto rimase con la bocca aperta, mentre Izuku versava dai suoi splendidi occhi fiumi di lacrime, occhi piena di tristezza, disprezzo verso se stesso e verso quella stupida società.
Si avvicinó piano, la lentezza che metteva nei suoi passi era disarmante.

Quando gli fu davanti Izuku chiuse gli occhi, aspettando un pugno che non arrivó, al contrario sentì delle braccia avvolgerlo e cullarlo.

"Sfogati" disse in un sussurro stringendolo più forte a sé.

Il verdino pianse, pianse e pianse.
Versava quelle lacrime amare sui vestiti del bicolore che lo abbracciava amorevolmente, era come se volesse proteggere quel cucciolo indifeso che si dava la colpa per cose che lui non aveva deciso.

Lo voleva proteggere da quella crudeltá e da quel disprezzo.

Appoggiò il mento sulla suo folta chioma verde, inspiró il suo profumo, inizió a dargli dei teneri baci "Non osare dire mai più che è tua la colpa di questo casino, non sei stato tu a volerlo e ti giuro che non ti farei mai del male anche se questo mi concedesse la libertá, sei la persona più importante che ho" sussurró quelle parole.

Izuku si tranquillizzó, beandosi di quel calore emanato dall'abbraccio del bicolore, l'unica persona che gli rimaneva, che lo aveva visto per come era davvero, e non per il mostro che voleva lo sterminio di chi non era "perfetto".

Izuku non avrebbe permesso a nessuno di portarlo via da se, l'avrebbe protetto fino a che quel casino non fosse finito, e poi avrebbe vissuto felice con lui, come voleva la donnina, avrebbe esaudito quel suo ultimo desiderio, l'avrebbe fatto per lei e per ringraziare la vita di avergli donato quella magnifica perso.

𝗔𝗺𝗮𝗿𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘃𝘂𝗼𝗹 𝗱𝗶𝗿𝗲 𝗣𝗲𝗰𝗰𝗮𝗿𝗲Where stories live. Discover now