VII - L'eco dell'inno del mio compagno passeriforme

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Capitolo sette: L'eco dell'inno del mio compagno passeriforme (lo hanno preso)

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La freccia sibilò nell'aria, statica e sicura, proprio come Techno gli aveva insegnato.

Il tutore rotolò nella neve all'ultimo momento, scuotendosi dallo shock congelato prima che la freccia potesse colpirgli il cuore. Colpì il terreno da qualche parte dietro di lui, ma Wilbur ne stava già incoccando un'altra, mirando prima che Techno potesse alzarsi in piedi.

"Wilbur!", lo chiamò Techno, cercando di raggiungerlo, ma non c'era niente dietro gli occhi marroni di Wilbur, nessuna chiarezza o gentilezza.

Wilbur sparò di nuovo, e questa volta trovò il segno nella spalla di Techno. E faceva male. Faceva male.

Reprimendo un grido, Techno sfilò la freccia e si rimise in piedi, la spalla insanguinata. Fissò il suo studente, il suo re, suo fratello, che stava scavalcando la finestra, la sua espressione rimaneva vuota e indolore anche quando il vetro rotto gli apriva i palmi.

Techno poteva sentire il Dio Verde ridere da qualche parte dietro di lui, ma tenne gli occhi su Wilbur mentre si metteva l'arco sulla spalla e sguainava invece lo stocco: una marionetta senza cervello. Tutti i fili riconducono a me, aveva detto Dream. Era così che aveva condotto fuori la gente della città verso la morte senza che tutto il resto fosse stato toccato. Con l'amaro in bocca, Techno si chiese quanti membri dell'Esercito Verde fossero stati sotto l'influenza del Dio Verde, agendo ai suoi ordini senza alcuna scelta. La sua mente correva mentre perlustrava i suoi ricordi alla ricerca di qualsiasi faccia vuota sul campo di battaglia quel giorno alla Blue Valley, qualsiasi movimento che fosse stato troppo innaturale, troppo controllato. Quanti innocenti erano stati gettati sul suo cammino e quanti ne aveva uccisi senza nemmeno saperlo?

E ora Wilbur gli stava venendo incontro, aggraziato nella sua caccia.  Un'altra vittima. Un altro fratello il cui sangue sarebbe stato sulle mani di Technoblade. Aveva già ucciso la sua famiglia una volta, aveva detto il Dio Verde. E ora era destinato a ucciderne un altra.

Destino. Una parola così piccola per una cosa così grande.

C'era un solo modo perché tutto questo finisse.

Con mani tremanti, Techno sollevò il tridente e fu pronto.

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Philza si voltò al suono della risata del Dio Verde. Aveva ancora il bastardo intrappolato sotto la punta della spada, ma entrambi sapevano chi aveva veramente vinto.

Dream gli sorrise trionfante, mostrando i palmi insanguinati in una sorta di gesto di calma. Come se adesso qualcosa potesse salvarlo dall'ira di Philza.

"Che cazzo gli hai fatto?" chiese Philza, affondando il tacco dello stivale nelle costole del Dio Verde. "Cosa hai fatto a mio figlio?"

"È sonnambulo", disse il Dio Verde. "O sta sognando. O recitando. Scegli la spiegazione che ti fa meno male. O quella che lo scuserà dagli errori che sta per commettere."

"Lo hai già fatto prima" Philza premette più forte. Lo avrebbe schiacciato come un ramoscello sotto il piede. Lo avrebbe aperto a calci come quel dannato insetto che era. "L'hai... l'hai controllato prima d'ora."

"Un paio di volte, qua e là." Dream si strinse nelle spalle con nonchalance.  "Ma lo evito il più possibile. Non è molto divertente stare nella testa di tuo figlio, lo sai. C'è molta pesantezza li."  Considerò Philza con un piccolo sorriso. "La maggior parte riguarda te, anche se suppongo che tu lo sappia già."

"Potrei ucciderti," Philza strascicò la voce, una strana calma che si insediava in lui. Tutta la sua rabbia e il suo dolore erano fuggiti in un universo lontano da dove si trovava, senza lasciare nulla dietro di loro. Philza era il vuoto tra le stelle e il buio pesto dell'ultima notte della terra. Era il silenzio dopo la chiamata alla ribalta e l'immobilità di una casa abbandonata. Il giorno in cui avrei perso i miei figli sarebbe stato il giorno in cui avrei distrutto il mondo, aveva promesso Techno.

Passerine - Traduzione ITAWhere stories live. Discover now