Capitolo XXX

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"Ma porco Crono, quelli davvero me ricordano solo pe' quella lupa de Clodia! Ma io me ammazzo!" esclamò Catullo alzandosi dal triclinio.

"Virgilio t'ha appena detto che er monno va a rotoli e 'a gente se scanna come non mai, però te pensi solo alla reputazione tua? Io nun c'ho parole!" commentò Marzia esasperata.

"Raga, voi qua ve sete persi er fatto sconcertante: er signor Controllo-tutto-stateve-boni ha dato de matto pe' 'n fottuto pinguino!" disse Cicerone sconvolto.

"Ma mica è 'n segreto che gli piacciono gli uccelli" ammiccò maliziosamente Orazio.

Era una settimana che Virgilio non faceva altro che raccontare ai suoi amici l'avventura che aveva vissuto con il suo amore. Gli erano mancati gli scleri di Catullo, le battutacce di Cicerone e gli sguardi rivolti al cielo di Marzia ed era felice di riavere con sé la sua famiglia, ma l'assenza di Dante aveva lasciato come un vuoto nel suo cuore. Cercava di non pensare troppo e di non tornare con la mente a quello che aveva passato con lui con malinconia, con rimorso, con nessuna emozione che potesse incrinare la placida tristezza che provava in quei giorni di ritorno nel Limbo.

"Comunque pure te che vai ner panico perché cosetto s'è messo a piagne pe' 'n film nun sei normale, eh" scherzò il poeta neoterico riprendendo il suo posto.

"Io te l'avevo detto che dovevi provacce subito, ma nun me dà mai retta nessuno!" aggiunse la matrona.

"Raga!", accorse Mecenate gridando e sventolando un pacchetto bianco, "Raga, è posta angelica!".

"Ma sicuro?" domandò Cicerone.

"Sicuro, sicuro, guarda che so' legge'!".

"Sarà pe' Virgilio" rifletté Catullo.

"In realtà è pe' Marzietta" spiegò.

"Pe' me? E che ho fatto mo?" chiese la donna aprendo il pacchetto.

Tutti quanti le si fecero attorno e osservarono con immenso stupore la loro amica che tirava fuori dal cartone un cellulare divino.

"Ma è tipo er mio me sa" ipotizzò Virgilio leggermente deluso.

"Ma perché?" continuarono a chiedersi tutti.

"Ma nun ce sta 'n biglietto, 'ca cosa?" domandò Marzia.

"Sì, eccolo! Eccolo!" esclamò esultante Orazio.

"E leggilo, no!" sbottò Catullo.


Marzia, figlia Mia,

osservo da lungo tempo il tuo comportamento, non solo nel Limbo, ma anche nella tua vita mortale. Ho scelto tuo marito, Catone Uticense, come guardiano del Purgatorio perché ho visto in lui le virtù che ricercavo in un uomo: la giustizia, la temperanza, la fortezza, la prudenza. Ma adesso eleggo te come degna tra gli indegni per un motivo ancora più elevato. Sebbene tu sia stata privata della Mia Luce e della Mia Grazia per la tua religione pagana, hai pregato affinché il tuo amico, Virgilio, potesse continuare la sua missione ed essere felice con Dante: hai mostrato fede. Sebbene ti fosse precluso ogni contatto con i regni superiori e la vostra condizione di dannati vi impedisca di essere felici, hai lottato affinché Virgilio potesse avere una possibilità con Dante e potesse essere amato: hai mostrato speranza. E, infine, sono secoli che resti al fianco dei tuoi compagni, li aiuti nei momenti di sconforto, sei la prima a gioire per i loro successi e ti impegni affinché tutti loro, seppur dannati, siano felici: mostri carità. Queste sono le virtù che apprezzo particolarmente: perciò ti reputo degna di possedere un cellulare divino. Ti ricordo che ti è proibito concederne l'utilizzo a chiunque e che tale onore può essere revocato in qualsiasi momento. Michele ha avuto la premura di inserire in rubrica alcuni numeri che potrebbero tornarti utili.

Ti benedico, figlia Mia.

Amen

Dio Onnipotente ed Eterno, Creatore del Cielo e della Terra


"Catone se lo può prende' 'n culo!"  esclamò gioioso Catullo abbracciandola.

"Hai pregato pe' me?" chiese sbalordito Virgilio.

"Eh certo, mica potevi torna' de sotto prima!" rispose Marzia entusiasta.

Il mantovano avvertì un tuffo al cuore: non avrebbe mai creduto che lei avesse fatto qualcosa del genere per lui. Lei ce l'aveva a morte con il Boss per l'aver salvato quel deficiente di Catone dalla dannazione eterna, ma era stata pronta a supplicare quel Dio che non amava pur di renderlo felice. 

"Chi c'hai 'n rubrica?" domandò Orazio curioso.

"Arcangelo Gabriele, Arcangelo Michele, Arcangelo Raffaele...".

"Ammazza quanti arcangeli ce stanno, oh! Tocca chiamalli e fasse paga' 'e visite dall'oculista, co' tutte 'e vorte che c'hanno abbagliato 'sto mese!" commentò Catullo polemico.

"Beatrice..." continuò Marzia.

"A proposito de quella", la interruppe Mecenate, "Virgy, devi dicce 'ca cosa?".

"Virgy" gli fecero eco gli altri canzonando il loro amico.

"Raga state boni che ve scrocio tutti, eh!" li rimise al loro posto il poeta.

"Ce sta pure mi' marito ecco."

"Meglio, così lo chiami e gli fai 'na scenata che s''a ricorda fino ar Giudizio Universale!" gridò Cicerone con solennità.

"Poi ce sta... aspe', ma cosa?" sbottò Marzia all'improvviso.

"Che succede?", chiese Catullo, "Me volete fa' legge', oh! Li mortacci vostra!".

"No, raga!" esclamò Orazio.

"Ma che è?" domandò Virgilio iniziando a preoccuparsi.

In quel preciso momento il suo cellulare squillò.

"Chi è?" rispose il mantovano cercando di sbirciare nel cellullare della sua amica.

"Amore mio, ho un cellulare! Il Capo mi ha dato un cellulare, duce mio!"

E, nel riconoscere dall'altra parte della linea la voce tanto amata, gli occhi di Virgilio si riempirono di lacrime di gioia: nel buio dell'Inferno era finalmente arrivata la luce della felicità eterna.


Il mio Paradiso sei tu - DantilioOù les histoires vivent. Découvrez maintenant