Forest Grove - Parte 2

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Jefferson High, home of the Lions.
3 giorni dopo la partita.

La luce del sole è accecante dopo un weekend passato praticamente al buio. Faccio fatica a tenere gli occhi aperti, soprattutto perché non sono riuscita a dormire che per più di un paio d'ore.
Avrei voluto dire alla mamma che non mi sentivo bene, in questo modo avrei evitato di dover andare a scuola oggi, ma so che era già abbastanza preoccupata: l'ho sentita chiamare la nonna e parlargliene al telefono, ho sentito lei e papà discuterne mentre non sapevano che stavo origliando dalle tenebre della mia camera.
Per questo mi sono costretta ad alzarmi, a fare una doccia e ad infilarmi i vestiti più larghi e discreti che ho trovato nel mio armadio. Ora, però, non mi sembra più di aver avuto una buona idea.

Nessuno sa niente, ovviamente, eppure ho la sensazione che gli sguardi di chiunque mi seguano mentre varco la porta d'ingresso, raggiungo l'armadietto e vado a lezione.
Ho evitato la mensa, mi sono nascosta in biblioteca, ho evitato Christine e tutte le altre semplicemente correndo nel bagno più vicino ogni volta che le vedevo e, soprattutto, ho evitato Sean Danielson.
Ho sentito i suoi occhi su di me nel momento in cui sono uscita dall'aula alla prima ora, ma non si è avvicinato e, sebbene me lo aspettassi, è stato comunque un sollievo.
Sono combattuta, troppo forse per riuscire a processare davvero quello che è successo; probabilmente è per questo che preferisco cercare di dimenticarmene, mettere tutto in un cassetto e lasciarlo chiuso per sempre.
Da lontano sento qualcuno salutare Sean, fargli ancora i complimenti per la partita e poi chiedergli del suo occhio nero. So già che non dirà la verità, per qualche strano motivo sono tutti propensi a credere che se lo sia procurato durante il gioco, poco importa che alla festa non avesse nemmeno un graffio in viso.

Dopo l'ultima ora, prendo un'altra decisione impulsiva ma che al momento sembra saggia: non torno a casa. Mi fermo in biblioteca finché fuori non diventa buio pesto, finché la mamma non comincia a provare a chiamarmi e a mandarmi messaggi minatori chiedendomi dove sono finita e se torno per cena.
Deglutisco il groppo che sento in gola e le scrivo che mi sto mettendo in viaggio ora, mentre in realtà mi ci vogliono venti minuti buoni prima di riuscire ad alzarmi dalla sedia, ad uscire dalla scuola e a correre verso la mia macchina. Ho il fiato corto mentre chiudo la portiera con un botto e faccio scattare la sicura, persino dopo essermi allacciata la cintura ed essermi messa in viaggio verso casa so di essere completamente distratta, tanto da sbagliare strada, mancare una svolta e probabilmente passare con il semaforo rosso.

So che andrà meglio, mi serve solo del tempo: posso evitare Sean Danielson, posso cercare di chiedere scusa a Christine per averla lasciata alla festa senza dirle niente, posso semplicemente concentrarmi sulla scuola, posso fingere che vada tutto bene con mamma e papà, ricominciare a comportarmi come se nulla fosse.
Posso mentire, perché una cosa è certa: non dirò mai a nessuno quello che è successo l'altra sera.

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