🂺 𝘤𝘢𝘱𝘪𝘵𝘰𝘭𝘰 39 🂺

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Ad accompagnare i due ragazzi oramai morenti, c'era Sakusa.
Privato di ogni movimento per via delle alte fiamme, il ragazzo si ritrovava seduto sul terreno; non aveva scampo, e di questo era ben consapevole.
Si abbandonò ai propri pensieri, lasciò che quel fumo potesse ucciderlo ancor prima che lo facessero le fiamme: era stanco.
Era esausto di quel mondo nutrito da sangue e cattiveria, di quel mondo alimentato da assurdi, fatali e distruttivi game.
Nel frattempo, Atsumu era sparito dalle iridi di tutti: sfuggiva al campo visivo di ognuno, pareva quasi essersi materializzato di punto in bianco. Ciò ferí Sakusa.
Lieto al pensiero che il ragazzo potesse essere in salvo, i suoi ultimi momenti di vita furono caratterizzati della mancanza, quella mancanza che il biondo aveva causato in tutti quei mesi.
Tuttavia, narreremo più tardi la loro storia.

Al di fuori dell'edificio, invece, regnava il silenzio.
Lo scoppiettare delle fiamme ardeva nelle loro orecchie, senza però disturbare lo stato di quiete che si era creato.
Volti rilassati, contrapposti al loro attuale sentimento: ogni individuo che fosse ancora in vita non poté che sentirsi perso, vedendo la propria casa bruciare. L'ultimo briciolo di speranza, di luce a cui aggrapparsi durante le battaglie future era andato distrutto. Bruciato. Incenerito assieme ai corpi dei loro cari, dei loro amici, dei loro amori.
E mentre quel fuoco ardeva ingoiato da quel rosso acceso, il mondo ai loro occhi diveniva sempre più grigio: grigio, scuro talmente tanto da non poter neppure percepire il senso di colpa nelle loro azioni, quello sarebbe giunto più tardi.

Ciò nonostante, uno dei primi a dar corda alla propria voce fu Yamaguchi, profondamente ferito dagli eventi della serata; non parliamo di dolore fisico in sé, bensì era la sua mente a far ardere il suo stomaco, ad incatenare la sua gola in un eterno stato di delusione, angoscia ed ansia.
"Sono tutti morti..." sussurró immobile, lasciando che piccoli singhiozzi potessero uscire dalle sue labbra; tremolanti, si sfogarono senza paura, portandolo a sedersi sul terreno arido a causa delle gambe altrettanto instabili.
Negli sguardi privi di sentimento, il primo ad avvicinarsi fu Tsukishima, che, riluttante, non poté fare altro che poggiare una mano sulla sua spalla: continuó ad osservare l'edificio in fiamme, le quali si riflettevano in lievi ombre arancioni sul volto serio.

Percependo i lievi rumori causati dall'incendio, tuttavia, Kei percepí il ragazzo avvicinarsi: la delicata pacca sulla spalla si trasformò in un abbraccio in cerca di conforto, il quale venne poco a poco da lui ricambiato. Lo strinse a sé, proteggendo i suoi singhiozzi.

Nel frattempo, la rabbia di Goshiki ardeva sovrana tra quelle emozioni provate.
Lette da Tendou, esse esprimevano disprezzo, rabbia e desiderio di vendetta nei confronti dei pochi Lottatori rimasti, causa del gran numero di morti effettuati quella notte.
Lanciò una veloce occhiata in loro direzione, simbolo di un desideroso attacco verbale bloccato sul nascere.
Il rosso portó la mano sul polso del corvino, cominciando il discorso con le poche forze rimaste.
"Basta, Tsutomu. - esordí in roca voce, attirando l'attenzione del più piccolo - Tutti noi siamo ancora vivi, è questo che conta adesso."

❝𝘄𝗼𝗻 𝗶𝗻 𝗯𝗼𝗿𝗱𝗲𝗿𝗹𝗮𝗻𝗱❞ 𝗁𝖺𝗂𝗄𝗒𝗎𝗎 𝖠𝖴Where stories live. Discover now