Tutti stavano male. Chi più, chi meno.
Jason stava male perché era il suo migliore amico
Annabeth stava male perché si era resa conto troppo tardi di averlo ignorato per anni
Chris, Connor e Travis perché era un Velocista
Will perché lo amava
Rachel perché l'aveva conosciuto bene
Charles perché aveva passato un lungo anno con lui
Leo perché ricordava i battibecchi
Austin perché era l'ennesimo amico perso
E poi c'era Percy. Percy stava veramente male. Era successo di nuovo.
Di Angelo si era sacrificato per lui quando aveva promesso di proteggerlo.
Entrarono degli uomini in divisa. Li trascinarono via. Uno a uno. Strapparono Jason da Nico nonostante lui urlasse. Li portarono su un elicottero.
«É finita» gli disse un uomo. Annabeth poggiò la sua testa bionda sulla spalla di Jason e lasciò che le lacrime le rigassero il viso.
Tu-ti-tu-tuuuu fischiò piano lei
Tu-ti-tu-tiiii lui strinse gli occhi per trattenere le lacrime.
Nessuno continuò. E stavolta non bastarono pochi secondi. Nessuno avrebbe più continuato.
Ethan
Lee
Polluce
Michael
Dakota
Sherman
Luke
Nico
Questi erano i nomi dei loro amici.
Questi erano i nomi dei ragazzi.
Questi erano i nomi degli eroi.
Questi erano i nomi dei guerrieri.
Questi erano i nomi di quelli a cui avevano strappato via la vita.
Ethan, figlio di Nemesi, aveva fatto tanto per la Radura.
Lee, figlio di Apollo, aveva perso la vita in battaglia due volte
Polluce, figlio di Dioniso, la sua amicizia lo aveva ucciso
Michael, figlio di Apollo, aveva perso la battaglia per salvare la sua famiglia
Dakota, figlio di Bacco, aveva cercato di salvare un amico
Sherman, figlio di Ares, aveva combattuto con onore rendendo orgoglioso suo padre
Luke, figlio di Ermes, era un eroe con le idee confuse
Nico, figlio di Ade, aveva messo la vita di un amico prima della sua
Castore, figlio di Dioniso, era sceso nella Scatola ed era stato fatto in due, sperando di aiutare gli amici a uscire
Harley, figlio di Efesto, era corso nel Labirinto perché Malcolm era rimasto solo lì dentro e non si importò di star andando incontro alla morte
Clovis, figlio di Ipno, aveva fatto correre via Connor per combattere contro un Dolente
Malcolm, figlio di Atena, era stato acchiappato da un Dolente e l'ultima persona che aveva visto era un bambino di dieci anni
Jake, figlio di Efesto, era stato il primo a passare la notte nel Labirinto
Paolo, figlio di Ebe, aveva passato la notte nel Labirinto con Jake
E la cosa più brutta era che erano tutti ragazzi che non superavano i diciassettenne anni.
«Andiamo!» disse la voce di Percy. Jason e Annabeth si resero conto di essersi addormentati solo quando Percy e Leo li strattonarono per uscire dall'elicottero.
Entrarono in un edificio grigio e pieno di macchinari. C'era un ragazzo davanti a loro che li fece mettere in fila per poi farli entrare in una specie di infermeria. Era un ragazzo abbastanza alto, occhi verdi, ciuffo tra il biondo e il castano, denti leggermente separati e aveva un occhio nero. Reggeva un tablet in mano ma si vedeva che odiava essere lí.
«Va tutto bene? Stai bene?» gli chiese Percy. Quel ragazzo era giovanissimo e sembrava averle viste tutte. «Si, sto bene» disse a bassa voce «Annabeth, devo visitarti un attimo».
La fece stendere su un lettino e le alzò leggermente la maglietta. Lei lo bloccò e lui ridacchiò «Ho vent'anni, sono troppo giovane per essere quel tipo di ragazzo. Sei ferita e il mio compito é curarti». Annabeth lo lasciò fare e lui le alzò la maglietta fino al limite del reggiseno.
Strinse a quel punto l'indumento e mise un elastico per impedirgli di cadere. Annabeth si sentí più tranquilla. Il ragazzo le disinfettò tutte le ferite, anche sulle gambe.
Fece la stessa cosa con tutti gli altri e mano a mano che finiva, li faceva accompagnare alle docce da una guardia. «E così, siamo rimasti da soli» disse e fece sedere il più giovane, Jason, sul lettino. «Sei messo malissimo» commentò facendogli togliere completamente la maglietta, come aveva fatto con tutti gli altri.
Il suo sguardo rimase fermo in un punto. Il più grande scosse la testa lentamente pulendo tutte le ferite. Quando lo stava facendo andare via, Jason si fermò sulla soglia della porta.
«Come ti chiami?»
«Aris» rispose lui triste «O almeno, Wicked dice così»
«Verrai a mensa?»
Aris sorrise «Daccordo»
Jason uscí e la guardia lo accompagnò in una sala con le pareti bianche e un lungo tavolo dov'erano seduti i suoi amici. Il cibo era abbastanza buono ma niente di particolare neanche per chi si era accontentato di carne di maiale e di capra per due anni.
Aris li raggiunse e si sedette accanto a Jason. «Posso farti una domanda?» chiese Jason, ma Aris rispose subito «Ho detto che Wicked ha deciso il mio nome perché anche io sono stato nel Labirinto».
Tutti gli occhi si puntarono su di lui «Eh già...» sospirò «La mia migliore amica é stata uccisa appena raggiunta l'uscita. Un mio amico si é fatto uccidere per non fare del male a nessuno. Ho distrutto una città che poi hanno ricostruito. E sono stato catturato di nuovo, ora sono costretto a lavorare qui. Se faccio qualcosa di sbagliato... Be' le prendo»
Nessuno fiatava. «Oh... Okay... Credo» sussurrò Percy. «É tutto okay, ragazzi» rise Aris «Va bene così. Sono qui da due anni, vi ho visti entrare in quel posto di sploff»
«Parli anche come noi»
«Tutti i Radurai avevano un linguaggio come il vostro. Fagio, pive, sploff, caspio...»
«Quindi... Perché il nome Thomas ci dà sicurezza?» chiese Will, che stava riprendendo le forze. Il viso di Aris si illuminò «Thomas. Da quanto non lo vedo... Comunque, Thomas é il ragazzo che ha liberato il vecchio Gruppo A»
«Gruppo A?» chiese Connor e Aris annuí «C'è un altro gruppo di ragazzi in un altro Labirinto. Il Gruppo D. Voi siete il Gruppo C.»
Quella notte dormirono come dei sassi. Annabeth, nonostante non provasse più niente per lui, dormì accoccolata a Jason.
La mattina dopo erano tutti spariti
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The Myth Of The Maze
ActionPrima ancora che il fulmine lo colpisse, Jason stava avendo una pessima giornata. Ops. Storia sbagliata. Cominciò la sua nuova vita tirandosi in piedi, circondato da un buio freddo e da un'aria viziata che sapeva di polvere. Ehm... quasi. Bé, entra...
