lo sbaglio giusto

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" ..𝙨𝙚 𝙩𝙞 𝙨𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙩𝙧𝙖 𝙥𝙖𝙧𝙚𝙣𝙩𝙚𝙨𝙞, 𝙥𝙚𝙧𝙢𝙚𝙩𝙩𝙞𝙢𝙞 𝙖𝙡𝙡𝙤𝙧𝙖 𝙙𝙞 𝙞𝙣𝙛𝙞𝙡𝙖𝙧𝙢𝙞𝙘𝙞 𝙙𝙚𝙣𝙩𝙧𝙤, 𝙚 𝙘𝙝𝙚 𝙩𝙪𝙩𝙩𝙤 𝙞𝙡 𝙢𝙤𝙣𝙙𝙤 𝙧𝙞𝙢𝙖𝙣𝙜𝙖 𝙛𝙪𝙤𝙧𝙞. "


Cadde in trappola. Corpo e mente furono abbandonati a se stessi, inermi, in balìa degli eventi che di lì a poco avrebbero potuto distruggere quel briciolo di speranza, di luce, che aveva, a fatica, riposto in un angolo spoglio e disabitato del cuore. Rieccolo. Quel velo di malinconia. Fu colto da una sgradevole sensazione di malessere generale che lo colpì in pieno volto, riportandolo duramente a fare i conti con la realtà.


Vattene Manuel. Scappa. « Taci. » Tanto non sai fare altro. Se non fuggire da ciò che provi. Ti chiedi mai perché tutto, ogni singolo e impercettibile crollo, litigio che ti fa comodo giustificare con una banale stanchezza fisica o mentale, si riconduce inevitabilmente a - no. Fanculo quella coscienza di merda. Sta roba andava risolta e subito.


" con te, ritrarsi, è un delitto. "


Negli ultimi giorni stentava a riconoscersi, ad accettare quel repentino e fragile cambiamento, era diventato l'ombra di se stesso. Ogni qualvolta osava specchiarsi, il riflesso tradiva il suo tormento celato, con estrema difficoltà, sotto un leggero strato di polvere. Era nervoso, ma non poteva più fingere che tutto andasse bene. Lo doveva alle sue notti insonni, lo doveva a.. lui.

Certo poteva tollerare d'essere considerato un codardo da Sbarra, una delusione da sua madre, dai suoi compagni di classe, di ricevere occhiate colme di disprezzo da chiunque, come biasimarli? Non avevano tutti i torti, anzi. Ma.. non da Simone. Quello era decisamente troppo.

« Daje, Simò scendi. »

Anziché digitare la sua risposta, mise via il cellulare e preferì farlo ad alta voce. Fu liberatorio. Quel nome aveva il potere di toccarlo profondamente, di scuotergli l'anima da tempo accantonata in un cassetto nel quale non voleva e non osava sbirciare, più di quanto fosse pronto ad ammettere.

Non sapeva cosa aspettarsi, chi aspettarsi; giurò di sentirsi osservato. Ma non c'era nessuno, assolutamente nessuno. Come se improvvisamente fosse stato catapultato su un palco, con un faro puntato addosso ed una grande platea ad aspettare la sua prossima mossa. Era così spaventato, indifeso.

Quel perfettone del cazzo.

Aveva trascorso gli ultimi mesi nell'apparente percezione d'essere grande, maturo, mostrandosi forte, alla costante ricerca di qualsiasi cosa potesse convincerlo di esserlo sul serio. Furti, rapine, relazioni prive di presupposti sinceri. E poi, da un momento all'altro, gli si era insinuato sotto la pelle, nelle continue cazzate fatte insieme, nelle preoccupazioni di tutti i giorni. Aveva sempre provato ad allontanarlo, a tenerlo in disparte, non voleva inquinarlo. Ma era tardi.

Prima che potesse rendersene conto appieno, furono uno di fronte all'altro.

Simone lo scrutava, curioso; aveva un'espressione indecifrabile sul viso, confuso, arrabbiato, deluso? Ciò che catturò il suo interesse, però, fu la felpa. La ricordava alla perfezione, sotto le dita, quella notte l'aveva stretta come ne dipendesse la sua vita. Percepì le gambe cedere appena e il respiro divenire irregolare, tanto che la sua superficiale sicurezza iniziò a vacillare. Aveva fatto una cazzata a presentarsi lì.

better left unsaid | simuel Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora