L'esperienza della realtà

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Durante una conversazione, molto ispirata devo dire, una domanda, che poteva sembrare banale o almeno ingenua, si è rivelata essere assai più profonda e irta di spine. E' così naturale vedere la natura attraverso le nostre percezioni, poterla descrivere attraverso l'esperienza che noi ogni giorno sperimentiamo. Esistono tuttavia limiti che la nostra percezione non può varcare? Questa domanda non è la medesima a me formulata dalla cara persona, ma è, scomposta nella sua essenza, il punto focale dove convergono le possibili risposte e implicazioni. La vera domanda non è quanto una cosa possa essere più vera rispetto ad un'altra o se un pensiero è più ragionevole o meno, perchè questo genere di domande sono prive di senso se non si riesce a definire una verità o una ragione fondamentale. Potremmo far sorgere dubbi solo sul concetto di "giusto" e "sbagliato", e questo implicherebbe un dubbio su ciò che è "vero" o "falso". Questo potrebbe risultare assai scontato ad un logico, che conosce già il castello di carte su cui è costruita la presente conoscenza della realtà, tuttavia potrebbe risultare un po' meno scontato, o comunque poco pensato, dalle persone che hanno la testa occupata da altro che pensieri sui pensieri.

Definiamo ora le domande le quali risposte possono sembrare banali, ma tali non sono, e soprattutto la domanda che analizzata nel dettaglio, come esempio specifico, può aiutare a trovare una comprensione maggiore e più vicina alla comune conoscienza. Adesso lascierò al lettore un po' di tempo per pensare alla domanda "la nostra conoscenza della natura potrebbe essere arrivata, o potrebbe mai arrivare ad un punto, dove i fondamenti su cui si basa tutto risultino in disaccordo con quanto espresso effettivamente dalla natura?". Questa domanda potrebbe ad un primo impatto risultare banale, e la risposta potrebbe essere un conciso "SI" esclamato ai quattro venti, tuttavia nasconde una piccola insidia. Infatti non si sta parlando di teorie, di ipotisi o meno, che queste una esperienza reale potrebbe confutarle, bensì si parla delle fondamenta a cui noi siamo abituati sulla natura, ovvero se potesse mai risultare l'esperienza umana fondamentalmente incongruente dalla realtà.

Per poter proseguire facciamo una piccola pausa, non necessaria ma utile per comprendere cosa si intende, qui, con realtà. Comunemente la realtà è ciò a cui l'essere umano è soggetto costantemente e attraverso il quale può comunicare con il "creato". Qui per realtà intendiamo un qualcosa in più, o meglio aggiungiamo una restrizione a quanto sopra esposto, ovvero che l'essere vivente, in questo caso quello umano, non necessariamente è in grado di comprenderla e di percepirla come tale. Sarebbe strano pensare ad una realtà completamente distorta dalla nostra esperienza, ma non c'è nulla nelle nostre conoscenze che ci permette di affermare che questo non sia possibile. Siamo davvero in grado di percepire la realtà o vediamo soltanto una forma alterata di essa la quale può risultare di più facile comprensione per esseri limitati come noi? Giustamente, un fisico, mi direbbe "beh, noi siamo andati sulla luna e tra poco andremo su Marte, siamo in grado di scindere l'atomo e lo dimostrano le innumerevoli stragi, siamo in grado di maneggiare ciò che ci circonda con una affidabilità che ha dell'allarmante. Di certo, se la natura non è come la descriviamo noi, dovrebbe essere molto vicina perchè l'esperienza umana non può discostare poi così tanto dalla realtà". Questa risposta è soddisfacente limitata alla semplice esistenza dell'essere umano che può considerare la realtà a cui è soggetto come la realtà del "creato", ma questo è ben lontano dal dire che noi comprendiamo la realtà o che siamo in grado di comprendere la natura.

La realtà percepita non necessariamnte converge o è equivalente con quella del "creato", o almeno non possediamo abbastanza strumenti per comprenderlo. Torniamo un po' indietro alla semplice domanda su cosa è "giusto" e cosa è "sbagliato", questo può sembrare banale, ma una attenta analisi porterebbe che il senso etico dell'essere umano deriva dal caos sociale dell'informazione, e che ciò che è "giusto" ora poteva essere "sbagliato" un tempo, o in un'ipotetica altra evoluzione umana sarebbe stato "sbagliato" in questo tempo. Non esiste una forma fondamentale di giustizia dal quale si possono cogliere ulteriori forme di essa. Adesso un religioso risponderebbe "Il Signore ci ha fornito le leggi e i comandamenti, infrangere il volere del signore è sbagliato, ciò che è fatto in suo nome è invece giusto". Questa risposta, per quanto io sia agnostico, la reputo piuttosto soddisfacente, non perchè serva un'entità mistica per rispondere, ma perchè ha definito un modello di realtà dove il "giusto" e "sbagliato" sono ben definite in una forma fondamentale e attraverso queste si può definire il comportamento del "buon religioso". Tuttavia questa risposta, dopo una attenta analisi, produce ulteriori domande, le quali producono risposte, e cosi, fino all'infinito, senza raggiungere mai un vero inizio.

Quando facciamo riferimento ad un qualcosa di ignoto necessariamente non possiamo comprenderlo a pieno. Più che altro ogni scoperta genera domande, che genera scoperte ed ulteriori domande. Non è possibile risalire ad una radice fondamentale con certezza, è solo possibile proporre una tale radice limitando le possibili domande. Ciò che non è possibile pensare ha sempre portato l'essere umano a non pensarci, a bloccare il flusso di pensiero e definire un limite di conoscenza. Ai tempi antichi esistevano le colonne d'ercole, poi la conoscenza stessa, cosa avviene dopo la morte fisica, cos'è la coscienza, cos'è il pensiero e così via. Queste domande hanno sempre portato a risposte quasi conclusive, che al porsi della domanda iterata si raggiunge una non risposta o una costruzione sociale di essa. Per quanto l'essere umano sconfini il non conosciuto con le sue scienze non è in grado di proseguire all'infinito è sarà quasi costretto a concludere con dell'inconcluso. Risulta così facile a questo punto arrivare a pensare ad una presenza mistica ai confini del "creato" in grado di poter dare un inizio e una fine, in grado di poter dare una risposta, ma questa sarebbe probabilmente sottoposta alle nostre medesime domande e come noi ci chiediamo da dove veniamo, lui a sua volta può chiedersi, nella sua scoperta del passato e della natura che governa la sua realtà, da dove viene e potrebbe raggiungere la nostra medesima conclusione. Risulta così difficile da un universo materiale descrivere ciò che potrebbe essere immateriale, semplicemente inesistente. E' mai esistito qualcosa che non esiste? E' possibile porsi infinite domande e rimanere turbati dal fatto che risposte non esistono.

L'esempio del castello di carta risulta ora di facile comprensione dopo aver introdotto così tanti dubbi, se mai la scienza risultasse naturalmente sbagliata e incapace di descrivere il reale, pur fornendo risultati praticamente funzionali, risulterebbe sbagliata la concezione fondamentale su cui l'abbiamo fondata, ovvero la nostra esperienza del reale. E' allora così differente la realtà rispetto a ciò che osserviamo? Se vogliamo dormire tranquilli senza fare brutti incubi rispondiamo con un bel "NO" e godiamoci la nostra esistenza. Per tutti gli altri non lo so.

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⏰ Last updated: Feb 01, 2022 ⏰

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Il saggio della mia confusioneWhere stories live. Discover now