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Il cielo era limpido e nitido, aeree e chiare nubi poco definite udivano il suono delle campane sotto di loro.
Il riso giocava in aria sui volti dei presenti, mentre la sposa baciava il marito e rideva anch'ella.
Haruna era il ritratto della gioia in quel momento, come se non ce ne fosse mai stata una più grande nella vita.
Yuuto la rimirava, attraverso le lenti spesse e scure, trascinato in qual vortice di entusiasmi e festeggiamenti.
Durante il banchetto ebbe modo di riordinare i pensieri nei meandri più remoti della sua mente, sussurrando alla sua anima se mai in vita sua, si sarebbe preannunciato di vivere un momento simile.
Sua sorella era uno spettacolo vivente e vederla tanto radiosa e felice lo rincuorava come nulla altro potesse fare.
Ma specularmente, una parte di lui : un piccolo diavolo nato in quel cervello tanto straordinario anni fa, lo tormentava aggredendolo nelle viscere.
Dilaniandolo nella sincerità.
La verità che lo perseguitava era che la sua amata sorellina non sarebbe mai più potuta divenire sua.
E Kidou, essendo prima di tutto un uomo, reclamava la sua autorità all'interno della propria coscienza su una donna che bramava, in fondo, da tutta una vita.
L'aveva affidata invece allo sposo, il giovane Tachimukai Yūki, un compagno di partite della Inazuma che per motivi di gelosie sentimentali, non era mai riuscito a vedere troppo di buon occhio.
Né a non essergli discretamente ostile.
Si era chiesto più volte se questo suo attaccamento morboso derivasse dalla prematura separazione che avevano dovuto soffrire, lui e Haruna.
Anche se ricorda che già ancor prima, egli nutriva un attaccamento forte per la secondogenita.
Sospirò fra sé e sé, intanto l'amaro alla gola lo derideva e lo torturava silenziosamente.
La verità del resto, non è mai placida e quieta.
È il momento del primo ballo e gli sposi al centro danno inizio centrali.
Haruna balla ed in quel candore di seta e pizzo, nonché, illuminata dalla luce della sala, pare una ninfa di puri petali immacolati.
La delicatezza nel volteggiare, e con lei quel velo su cui brillano fiori lavorati
Yuki accanto a lei è un principe ed arde d'amore ogni secondo di più.
Yuuto, inevitabilmente, cerca riparo più dietro la folla danzante e non, quasi si ustionasse dal solo guardare.
Fra la gente, fra chi chiacchiera, chi balla e chi ride, lui giace fermo come un cameriere pallido su un lato della sala, attaccato ad un pilastro con gli occhi inniettati di sangue che pietrificano il proprio riflesso sullo specchio decorativo posto dall'altro lato della stanza.
Gli occhiali sembrano del tutto trasparenti.
Ad un tratto sentì freddo al naso, finché una purpurea e pesante goccia di sangue, cade proprio in mezzo ai suoi piedi, scivolosa nel marmo.
Cercando di mantenere la discrezione, rapido estrae il fazzoletto dal taschino dell'abito da testimone che indossava e con passo felino, sgusciò via dalla baraonda, diretto verso il bagno.
Tremava all'idea di sentire pronunciare il suo nome in quel momento, sebbene la tensione quasi gli irrigidisse i polmoni.
In bagno tolse fulmineo gli occhiali e guardandosi riflesso, per poco non si spaventava.
Era pallido e gli occhi erano segnati da macchie rosate.
Non aveva discosto il fazzoletto dal viso che quando scoprì il naso, un denso e scintillante rivolo di sangue aveva tinto il tessuto avorio, così come parte del viso e labbra.
Senza stare troppo a pensare, cercò di lavarsi, mentre ripiegava il tessuto che faceva da poscette, laddove lo aveva estratto, con ferrea precisione,in quell'abito così elegante
Rimirò il risultato con un ghigno trionfante mentre il sangue minacciava ancora e con esso, una vena in mezzo alla fronte.
Se continuava così, sarebbe collassato ed era l'ultima cosa che desiderasse al mondo, quel giorno.
Ci mancava far spaventare tutti.
Respirò a fondo, sperando di smuovere la rabbia ceca che gli stava ammazzando i nervi.
Non gliene andava mai bene una, d'altra parte.
Sebbene, da una prospettiva esterna, lo si poteva considerare perfetto in ogni cosa, lui si sentiva tutto fuorché quello.
Sempre sul filo del rasoio, a cercare di ottenere ciò che puntualmente perdeva.
Compresa la sanità mentale.
Un'idea assurda gli balenò in testa, vuoi l'adrenalina, vuoi la disperazione.
Chiamare quell'uomo.
In un momento simile?
Non era più un bambino
Il magone del crollo di nervi lo costrinse a digitare il numero e chiudersi in uno dei bagni della toilette.
Attendeva tremando di nervosismo e vergogna, mentre il pianto aveva preso la meglio

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⏰ Last updated: Mar 08, 2022 ⏰

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𝑰 𝒎𝒂𝒍 𝒅𝒊 𝒕𝒆𝒔𝒕𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒅𝒊𝒂𝒗𝒐𝒍𝒐Where stories live. Discover now