Capitolo 8

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⚠️attenzione⚠️ il capitolo contiene scene di violenza psicologica e fisica
                  
                     ••••buona lettura••••

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Oi,oi,oi non ti starai mica dimenticando quello che devi fare" Lo scalpitio dei suoi passi lenti e il profumo di alcol che emanava aumentò il ribrezzo che stavo provando.

Mi girai di scatto, fiondandomi sulla sua figura massiccia con un coltello stretto tra le mani, ma non feci in tempo neanche a sfiorarlo che la sua pistola era già a contatto con la mia fronte.

"Non è così che si fa; piccolo ratto di fogna. ti avevo spiegato come attaccare usando la testa ma tu fai sempre lo stesso errore. La tua forza fisica è paragonabile a quella di una formica, perciò vedi di usare quel cervello che ti ritrovi" batté il freddo metallo dell'alma sulla mia fronte sbuffando divertito "o ti faccio saltare in aria"

"Pezzo di merda" sussurrai a denti stretti guardando i suoi occhi azzurri che ormai continuavano a perseguitarmi.

"Ti sento idiota" rispose divertito, abbassando la pistola e portando alla bocca una bottiglia di birra.

"Come ha potuto mia madre innamorarsi di una merda come te!" Urlai tirando il coltello nella sua direzione mancandolo di striscio.

"Che delusione, ero così vicino e mi hai comunque mancato"  un calcio dritto allo stomaco, mi fece piegare in due dal dolore. "Tu non impari mai, sei testarda come un mulo. Ma non preoccuparti, ho in mente tante di quelle punizioni da darti che non puoi neanche immaginare" mi afferrò per i capelli alzandomi "Il dolore fisico è la migliore medicina per i muli come te!" mi spinse nella solita prigione, buia e vuota, dove sapeva che nessuno tranne lui mi avrebbe mai trovata.

"Comincia ad urlare tesoro, voglio sentire la tua disperazione fino a che non sarò soddisfatto"

Lo guardai dritto negli occhi, quelle iridi azzurre e quel viso invecchiato, appartenevano allo squilibrato di cui mia madre si era innamorata.

Chiuse la porta, e il silenzio tombale di quelle mura strette conciarono di nuovo a soffocarmi. Senza un filo di luce, ne di aria pulita, il tormento riprendeva possesso di me.

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"T/n"

Sobbalzai sulla sedia, stringendo il bicchiere d'acqua tra le dita. Mi era sembrato di svegliarmi da un incubo, ma in realtà mi trovavo seduta in una caffetteria con levi.

Presi un respiro, sentendolo discutere in tedesco con il cameriere per ordinare. Non mi aveva chiesto cosa volessi, ma sembrava sicuro di quello che diceva.

Alzai gli occhi sul mio interlocutore, il modo in cui teneva serrata la mascella e i suoi occhi chiusi in due fessure, in un certo senso di ricordavano quell'uomo che ero riuscita a dimenticare per una piccola parte della mia vita.

Scacciai quel pensiero assurdo, buttando via l'aria rumorosamente dalle labbra e socchiudendo gli occhi, avvicinai il bicchiere alle labbra, sperando di mandare via quel ricordo con la stessa facilità con cui mandavo giù l'acqua.

"Vedrai che ti sentirai meglio con lo stomaco pieno" rispose senza che io avessi detto qualcosa.

"Non eravamo in ritardo?" Irritata, posai il bicchiere sul tavolo rumorosamente

"In ritardo per la colazione" precisò avvicinando il busto al tavolo incuriosito

"Avevo dimenticato quanto per te fosse importante la colazione" mi scappò un lieve sorriso che cercai di nascondere. Mi sembrava così strano pensare a quei messaggi in cui distrattamente il discorso degenerava fuori dallo schema lavorativo.

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