Capitolo 5

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La guardai negli occhi, pregando col pensiero che non mi cacciasse via.
Temetti addirittura che potesse uccidermi.
Pensai che non avremmo dovuto metterci contro Gerda, non senza un movente specifico e stabile.
Alcina si avvicinò a me, rompendo la suspence, allungando una mano verso il mio viso e strisciando il dorso lungo la mia guancia sinistra per accarezzarmi. Rimasi pietrificata dinnanzi a quell'imponenza.
Non sembrava arrabbiata con noi, ma la sicurezza di Gerda escludeva il contrario. Allora a quale conclusione era giunta poco prima?
Come se si trattasse di uno stupido gioco di ruolo, continuò con quegli scambi e questa volta invitò me ad appartarmi con lei.

Salimmo le scale e svanimmo agli occhi confusi di Daniela e Gerda.
Mi portò nella stanza del vino.
"Cos'ha intenzione di fare?" domandai succube.
"Non permetterò a nessuno di mettersi contro di te." mi afferrò il mento, alzandolo in modo che la guardassi nelle orbite "Mi piaci tanto, ragazzina. Più di quanto tu e le mie figlie possiate solo immaginare. Nessuna cameriera, per quanto meritevole a mio avviso, potrà mai essere più importante di te."
"Non comprendo, mi perdoni... Come mai Gerda non sembrava minimamente spaventata?"
"Perché crede di aver vinto lei. Crede che ti manderò via. Non ha capito proprio nulla. È divertente prendersi gioco di una ragazzina, sai? Col tempo anche tu lo sperimenterai."
Quel suo pensiero così viscido mi fece gelare il sangue. Era perfida e, nonostante ciò, continuava a piacermi, non smettevo di amarla; anzi, la sua dichiarazione di qualche istante prima mi aveva trafitto il cuore con una potenza titanica.
Non m'interessava cosa dicesse, quanto meschina fosse: la amavo incondizionatamente.
Più stavo con lei, più il mio desiderio aumentava.
"Grazie per avermi dato fiducia..."
Diventai completamente rossa in volto.
"È gradevole vederti cambiare colore, tesoro!"
"Che ne sarà di quella stronza?"
Il suo sguardo cambiò aspetto, il suo sorriso si accentuò: "La mangeremo."
Tutta la mia enfasi si spense a sentire quelle parole.

Colsi il momento in cui Alcina prelevò Daniela per parlarle in privato e cercai di persuadere Gerda a scappare.
Inizialmente lei non mi degnò di alcuna considerazione.
Se ne stava sul divanetto a guardare il fuoco ardere nel camino, con aria rilassata e ignara delle reali intenzioni della signora.
Sospirai, cercando di attirare più calma possibile e tentai un approccio: "Non fai battutine ora?"
"Ti ho sconfitto. Che senso avrebbe farne? Ormai ti ho inflitto la pena più umiliante."
"Non esserne pienamente convinta?"
"Ahahah. Ti piacerebbe il contrario! Mi dispiace, Ginevra, non sono manipolabile!"
"Non hai capito... Qui dentro tutti ti vogliono manipolare a parte me. Come fai ad essere così stupida da non esserci arrivata?!"
Mi alterò quell'atteggiamento: come si era permessa? Ancora grazie che stavo provando ad aiutarla... Quasi quasi pensai che sarebbe stato meglio darla in pasto al suo destino crudele senza fare nulla, ma la mia umanità me lo impediva (purtroppo).
"Puoi ascoltarmi, per favore?"
In quel momento decise di degnarmi del suo sguardo sarcastico e irrispettoso: "Vuoi pregarmi di non farti nulla?"
"Guarda... Qua hai proprio confuso i piani."
"Ti sbagli."
Quell'arroganza mi fece adirare più di quanto non fossi già. La rabbia superò la preoccupazione e non riuscii a controllarmi: le tirai un ceffone tanto forte da lasciarla senza parole.
Un segno rosso le solcò il viso.
"Ascoltami, o la prossima volta cercherò di mirare al naso con il doppio della potenza."
Una lacrima le solcò la guancia e lei corse via il più veloce possibile.
Rimasi ferma, immobile, colta di sorpresa.
Avevo scovato la sua debolezza dietro a tutta quella irriverenza.

Cercai di inseguirla, ma riuscì a seminarmi nel corridoio antistante.
"Maledizione!" esclamai.
Tanto era tutto inutile...
L'unica soluzione rimanente era supportare Alcina. In fondo la morte di quella piantagrane non sarebbe stata una grande perdita.

La sera stessa Daniela venne a trovarmi in camera.
Ero presa nella lettura di un nuovo romanzo storico, nel mancato e subdolo intento di rientrare nelle grazie della Dimitrescu come un tempo.
Anticipai le sue parole con prontezza: "Ho capito il motivo della tua rabbia repressa, sai?"
"Tu credi?"
"Gerda ti ha usato, n'è vero?"
Sogghignò: "Me ne vergogno oltremodo... era così evidente?"
"No. Tutt'altro. Nemmeno una mente eccelsa quale tua madre è riuscita a distinguere il suo lato approfittatore. Io sono semplicemente intuitiva e ho supposto che una mela marcia di tale livello sarebbe stata capace di qualunque cosa pur di raggiungere i propri obiettivi."
"Tu invece? È solo gelosia ciò che ti ha spinto a segnare la sua condanna?"
"L'irriverenza è una mancanza di rispetto che non tollero ed io so essere molto autorevole in casi estremi. Io amo tua madre e non potrei mai permettermi di lasciare una stupida col delirio d'onnipotenza mettermi in cattiva luce."
"Mi piace il tuo modo di fare."
Allungò una mano per accarezzarmi il viso, ma io la scansai.
"Scusami, ma io amo tua madre e solo lei amerò."

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