Introduzione

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Detto onestamente, non sono mai stato il tipo giusto per nulla. Fin da piccola mi chiamavano scansafatiche, perditempo e tanti begli aggettivi che mi sono scordata col tempo. Vorrei raccontare una storia figa, con un inizio appassionante, di quelli che leggi e bang, ti inchiodano. Ma sappiamo tutti non andrà così.

Era giorno, solo di questo sono sicura, non so che giorno, e nemmeno mi interessava particolarmente, ero stravaccata sul letto, con il lenzuolo che appena mi nascondeva le parti intime. Di fianco a me una ragazza era coperta fino al mento, aveva un'espressione di completa beatitudine. Davvero carina, peccato non ricordassi nemmeno il suo nome.

Forse Anne... o qualcosa di simile.

Scivolai giù dal materasso come una sorta di serpente. A tentoni riuscii a trovare i miei pantaloni, la camicia... i fottuti boxer... ovviamente.

Che palle, mi ero appena svegliata e già avrei voluto tornare a letto.

<<Brian...>> mugolò la ragazza nel letto.

So che non mi sarei dovuta arrabbiare, che alla fine ero stata io ad usare il mio deadname- non potevo certo sperare di andare a letto con una dicendole che speravo mi tagliassero il pene di netto- ma quel nome davvero lo odiavo. Brian, che nome stupido.

<<Sto andando,>> tagliai corto infilandomi i boxer di malavoglia.

Lei disse qualcosa ma non la sentii nemmeno. Probabilmente era qualcosa di stupido comunque, non mi ero scelta esattamente una cima. Non era colpa sua, d'accordo, ma pensavo che servisse un QI di 80 come minimo per farsi ammettere alla scuola pubblica. Stranamente mi ricordavo me l'avesse detto, andava a scuola nei dintorni. Anche se non so nei dintorni di dove, non ricordavo dove fossi.

Quando mi alzai dal pavimento, ormai vestita, mi assalì uno dei peggiori mal di testa della mia vita, ed imprecai. la ragazza a letto non disse nulla, sicuramente era tornata nel mondo dei sogni.

Mi sforzai di trovare la porta, sempre a tentoni e uscii furtivamente, nemmeno avessi ucciso qualcuno.

Ero nel corridoio di un albergo, appesi ai muri c'erano due o tre quadri di piante, anonimi come pochi, ma facevano ambiente, credo.

Mi specchiai in uno dei vetri e, nonostante la testa vorticasse come i giri della morte sulle montagne russe, pensai di essere riuscita a farmi una coda decente. Avevo i capelli davvero lunghi, fino al gomito, li tenevo benissimo, amavo i miei capelli, specialmente perché era uno dei pochi tratti di cui potessi vantarmi. Dei bei capelli neri, lisci- anche se poi tendevo a portarli mossi- ma non unti, morbidi. A volte li usavo pure come anti stress.

Barcollando arrivai alle scale. Persino con la mente ancora annebbiata dall'alcol riuscii a intuire fosse una pessima idea, se fossi caduta dalle scale sarebbe sicuramente stato un viaggio poco piacevole fino al centro dell'inferno.

Magari avrei incontrato papà.

✟⸻✟

Tornare a casa fu più difficile di quanto avessi preannunciato, il viaggio in taxi durò un'eternità e vomitai tre volte, forse facevo pena all'autista perché non mi cacciò nonostante me lo meritassi. Alla fine della corsa, nonostante già stessi sborsando un capitale, decisi di dare una mancia che mi sembrasse poco più che ragionevole. Alcuni di quei tipi vivono solo di mancia, alla fine.

Io ero uno di quei tipi che vive solo di mancia, ma ero troppo confuso per pensare che quei soldi li guadagnassi in una settimana, dando per scontato fossero tutte serate buone, e fidatevi se vi dico che di serate buone, nel posto dove lavoravo io, ce n'erano ben poche.

Comunque ero a casa, feci per salire i gradini- erano quattro in tutto- che mi avrebbero finalmente portata alla porta quando vidi delle scarpe nere all'altezza del penultimo gradino. Scarpe eleganti.

La storia delle Anomalie e dell'AnticristoWhere stories live. Discover now