Capitolo 48

207 38 25
                                    

Emily guardò a lungo il fascicolo che Dave le aveva lasciato sul letto.

Lì dentro, aveva detto, avrebbe trovato le risposte alle sue domande, ma lei si chiese se fosse pronta a leggerle e a confrontarsi con nuove verità.

Aveva paura: Andrew e Diana si erano presi cura di lei, occupandosi di tutti i suoi bisogni, assicurandole che tutto sarebbe andato bene, ma non era stato affatto così. Loro erano scomparsi lasciandola sola, senza nessuna spiegazione e lei non sapeva cosa fare.

Le avevano detto che suo marito la picchiava e la tradiva, che suo figlio era morto; le avevano anche mostrato le fotografie della macchina distrutta, di Dave in compagnia di un'altra donna, ma ora lui sosteneva che tutto questo non era vero.

A chi doveva credere?

I medici le avevano spiegato che la confusione che la sommergeva a ondate, l'ansia che l'attanagliava, la percezione del tempo e dello spazio che improvvisamente perdeva e la difficoltà a ricordare, erano stati causati dai farmaci che le avevano somministrato, eppure, nonostante si fosse sottoposta a un doloroso programma di disintossicazione, quasi nulla era cambiato: i ricordi e la consapevolezza di chi era e di chi era stata non erano riemersi. E adesso doveva decidere se tornare da lui o essere rinchiusa in un centro di recupero.

Ma come potevano essere recuperati i sentimenti, le sensazioni, le emozioni che nascevano spontaneamente dal cuore e che la ragione non era in grado di controllare? Si era innamorata di suo marito, così le avevano detto, ma ora quando lo guardava vedeva un estraneo, e si chiedeva se sarebbe stato così anche davanti a suo figlio.

L'idea di non riuscire a provare più nulla se non la paura, la terrorizzava: che vita sarebbe stata la sua?

Alla fine si fece coraggio, prese un profondo respiro, aprì il dossier e cominciò a leggere.

Apprese che il suo vero nome era Emily Foster e che suo padre, Aaron, era stato un ricco e influente imprenditore, ridotto sul lastrico dalla crisi finanziaria d'inizio secolo. Era stato allora che aveva conosciuto Jonathan Castillo, il padre di Andrew, col quale era entrato in affari. Castillo gli aveva prestato del denaro, proveniente da traffici illeciti e Foster lo aveva ripulito investendolo nelle sue attività. Quando aveva cercato di uscirne era stato minacciato e la sua figlia maggiore, Susan, rapita e uccisa.

Foster, però, non si era arreso, si era rivolto alla polizia ed era diventato un collaboratore di giustizia, testimoniando al processo contro Castillo.

Al termine del processo, lui ed Emily erano entrati a far parte del programma di protezione federale assumendo una nuova identità e così era nata Ruth Gordon.

Nel dossier si diceva anche che la madre di Emily era morta poco tempo dopo Susan e che il capitano dell'FBI, Dave Wilson, si era occupato di proteggere la figlia superstite.

Quell'ultima informazione la fece pensare: quindi suo marito era un poliziotto? Per questo, talvolta lo chiamavano "capitano". L'idea non le dispiaceva e si trovò a sorridere tra sé e sé, ma durò un attimo perché la gravità di tutto quello che aveva letto la investì come un uragano lasciandola tramortita.

Della sua famiglia d'origine non era rimasto più nessuno e tutti i beni che possedeva o erano andati perduti o erano stati confiscati: non era vero, perciò, che suo marito aveva dilapidato il suo patrimonio... Andrew le aveva detto, anche, che Dave la picchiava, ma leggendo il fascicolo aveva scoperto che era stato proprio suo padre a volere che fosse lui a proteggerla in cambio della sua testimonianza. C'erano troppe contraddizioni tra quello che c'era scritto sulle quelle carte e quello che le avevano raccontato e lei non sapeva più a cosa o a chi credere: aveva l'impressione d'impazzire!

Richiuse il dossier, si alzò dal letto e si diresse verso la finestra, pregando Dio di darle un segnale.

Fu in quel momento che nella camera entrò il dottor Miller.

"Salve Ruth, spero di non disturbarla... Come si sente oggi?"

"Per me è sempre una gioia vederla, dottore. Fisicamente sto bene, ma non riesco a darmi pace: mi sento tremendamente in colpa..."

"Si sente in colpa?! E perché?"

"Perché non so più chi sono: sono Emily, Ruth o entrambe?" rispose sollevando le spalle rassegnata. "E gli altri chi vogliono che io sia? Cosa si aspettano da me? I miei genitori sono morti, mia sorella è stata uccisa, ho un marito che per me è un perfetto estraneo e un figlio di cui non ricordo il volto... Cosa sono diventata dottore? Me lo dica lei perché io non so darmi una risposta..."

"Mi ascolti bene Ruth: questa situazione è provvisoria e passerà. Nel frattempo accetti un consiglio: non si ostini a ricordare per forza, ma lasci parlare liberamente il suo cuore. Ascolti e guardi con quello, più che con l'udito e la vista. Io sono un uomo di scienza, è vero, ma negli anni mi sono convinto che in ognuno di noi c'è una fiamma vitale o, se preferisce una coscienza, un'anima, che di scientifico non ha nulla e che è la nostra vera forza. Quella, mi creda, è ancora dentro di lei ed è la sola che non mente mai. L'ascolti e si fidi di ciò che le dice!"

Emily a quelle parole si portò istintivamente una mano al collo, in quel gesto, che ormai era diventato un'abitudine, di roteare tra le dita quel singolare ciondolo che l'ornava e quando lo fece le fu chiaro ciò che avrebbe detto a Dave l'indomani.

IDENTITA' NEGATAWhere stories live. Discover now