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Arrivammo all'ultimo piano, davanti a noi c'era una grossa porta bianca, contornata da decorazioni placcate d'oro, con una targhetta, anch'essa placcata, con inciso: Pitt.

Mio padre tiró fuori la chiave, in realtà il mazzo, nel cui interno ci era stato detto che c'erano le chiavi per accedere agli svaghi del palazzo.

Un addetto si avvicinò a noi, prese delicatamente le chiavi dalle mani di mio padre, infiló la chiave e con un sonoro scatto, fece aprire la serratura. La porta ovviamente era blindata per evitare furti e quant'altro e tutto era rigorosamente protetto da un antifurto che funzionava a impronta digitale.

Aprì la porta e la vista davanti ai nostri occhi era mozzafiato, l'appartamento era sulle tonalità del bianco, contornato da luci a led, due grossi divani si ergevano davanti a noi , posizionati davanti a un mega schermo da almeno 70 pollici, e al lato della grossa stanza c'era la cucina, un bancone veramente spazioso con posizionato nella parte interna il lato cottura, il frigo e tutti gli aggeggi per la cucina. Nel lato sinistro invece c'era una scalinata in marmo che portava ai bagni e alle camere da letto. Ma il pezzo forte dell'appartamento era l'immensa vetrata che si affacciava su Central Park.

«Buona permanenza» ci disse l'addetto congedandosi e ridando le chiavi a mio padre.

Entrammo nell'appartamento le valigie ci furono portate subito dopo dal facchino del palazzo.

«Vi piace?» domandó mio padre guardandosi intorno, con un enorme sorriso stampato sul volto.

«Preferisco la villa a Roma»

«Ma che dici Aid è meraviglioso» annunciai guardandomi intorno.

«Sono felice che ti piaccia Sweetheart» mi disse mio padre lasciandomi un tenero bacio sulla fronte.

«Devo dire abitare davanti a Central Park è tutt'un altra cosa» disse George avvicinandosi alla vetrata.

«Non pensavo fosse così bello» rispose mio padre affiancandosi al suo amico.
«Aid porta Leo in camera tua ci sarà di sicuro la Playstation»

Senza neanche farselo ripetere due volte mio fratello voló al piano di sopra, alla ricerca della sua camera, seguito da Leonardo che prima di andarsene mi scoccó uno sguardo, che fortunatamente passó inosservato ai due uomini.

Ci sedemmo tutti e tre al tavolo dove sicuramente nei giorni successivi avremmo pranzato.

Il tavolo era bianco, fatto di vetro di Murano il quale era inciso nelle gambe di quest'ultimo. Le sedie erano invece molto confortevoli, sempre stile moderno, soffici e comode, fatte in pelle.

«Allora dove andrà la piccola Pitt a scuola?» chiese  George scoccandomi uno sguardo.

«Alla Juilliard, si sa che è la scuola migliore di New York, poi insomma, ha anche un valore affettivo per me»

«Quindi sei ancora decisa a seguire le orme di tuo padre?» mi chiese Di Caprio.

«Non ho mai pensato che ci potessero essere altre alternative, la recitazione mi fa sentire me stessa» dissi ricevendo uno sguardo orgoglioso da entrambi.

«Con la convalidazione dei voti sarà un casino»

«Fortunatamente abbiamo passato anche quell'ostacolo» gli rispose mio padre accarezzando il materiale di cui era fatto il tavolo.

«Sai Alessia, anche Leo va alla Juilliard al 12th grade»

«Anche io dovrei essere al 12th vero papà?»

«Si sweetie anche tu» rispose con un sorriso.
«E c'è anche un'altra sorpresa» aggiunse lasciandomi di stucco.

Gli feci segno di continuare, pronta ad ascoltarlo come un credente ascolta la messa il giorno di Natale.

I copioni della nostra vita - Leonardo Di CaprioWhere stories live. Discover now