Un Cubicolo Inespugnabile

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L'ufficiale Franklin fissava la luce della camera da letto. Vibrava tenuemente sulla sua testa. Era di colore rosso. Le pupille la lasciavano entrare a fiotti. Aveva abbassato le saracinesche delle finestre. Dormiva in un cubicolo inespugnabile.

Qualcosa per fare leva, pensò. Un'idea. Qualcosa che possa finalmente farmi ricordare, farmi essere.

Un rumore piatto strisciò sul pavimento, sotto la branda. Franklin schizzò in alto. Gli occhi ricaddero sulla porta in acciaio della camera. Per aprirla occorreva la sua personalissima chiave elettromagnetica. Il rumore si presentò di nuovo. Guardò le due finestre. La luce rossa si ingolfava in una ammaccatura su una di quelle. Vi fu un altro battito. Si evidenziò un'infossatura nella porta. L'ufficiale tirò fuori da sotto il materasso la pistola laser. Tolse la sicura. Un tonfo dall'alto. La luce vibrò. Si spense. Vi fu un buio puro ed illeggibile. Si riaccese. Con la mano ben salda mirò prima alle finestre, poi alla porta poi al soffitto. Le pupille divennero guardie instancabili che facevano un giro di ronda infinito. Ripercorrendo sempre gli stessi punti. Un altro colpo. Le pupille guizzarono a destra. Sulla finestra fino a poco prima piattissima. La attraversava ora una depressione spaventosa. Qualcosa la sta risucchiando dall'esterno. Disse la mente terrorizzata di Franklin. Prese la pistola con due mani. Tremava troppo. Spinse la schiena contro la testiera.

Un lampo di oscurità violò la stanza. Le finestre e la porta piombarono sul pavimento. La luce si spense. Una folata di vento scivolò nella camera. Da sotto il letto sgusciò fuori qualcosa. Franklin sparò un colpo. Il laser si schiantò su una parete. Un baleno accese la stanza illuminando le pupille di quattro uomini con in braccio fucili di alto calibro. La pistola si surriscaldò e gli saltò via dalle mani. Franklin sentì le sue ossa tremare. Si portò la coperta fino al mento. Come un bambino, pensò.

-Che volete? - Gridò all'oscurità. Sentì le sue parole echeggiare in un buio interminabile, troppo grande perché un uomo potesse anche solo desiderare di riempirlo. L'universo? Si chiese. Tutto attorno a lui era stagnante all'apparenza, ma lo sentiva macinare, lavorare, espandere. La sua percezione si ampliò. Gli occhi si adattarono al buio. Quattro figure lo puntavano.

- Che volete? - Ritentò. La voce gli si strusse contro i denti.
Sentì una risata.
- Zitto Wyatt - Disse qualcuno. Una figura si avvicinò tanto che poteva toccargli il viso. I tratti erano abbozzati nel buio. Sentì qualcosa di freddo pesargli sulla fronte.
La canna del fucile? L'oggetto cominciò a scaldarsi. Bruciava. Si raffreddò.
- Tranquillo, tranquillo. - Disse la figura.
Franklin cercò di regolare il respiro.
- Molto bene. Sappi che questa notte morirai. - La figura calcò sul grilletto. La canna si riscaldò. Franklin si spiaccicò contro il materasso. Si fece piccolo, insignificante. La canna si raffreddò.
- Hai pensato di cospirare contro il senato, non è così? -
-Come? -
-Volevi una rivolta. Non è questo che hai detto nel sonno? -
-Stavo sognando! Mi sono appena svegliato! Avevo la luce accesa. Questa è la mia camera, per Dio! - Le parole salirono la gola pugnalandone le pareti.
- Si sogna quel che si desidera. Il tuo più profondo desiderio è quello di essere ricordato. Non è così? -
-Come fate a saperlo? Chi siete? -

Vide le armature in kevlar scintillare appena. Un debolissimo raggio di luna le colpiva.
-Vi manda il vecchio? È forse impazzito? -
- Ogni accenno di rivolta deve essere represso. Oggi in senato hai proposto la candidatura di Rabi Pergamus. Dicci, una volta compiuta la sua operazione in Africa, ti avrebbe aiutato a rovesciare lo stato? -
-Di che parlate? -
La guardia strinse il grilletto.
-Basta! - Urlò Franklin. - Rabi Pergamus non è in combutta con me di che parlate? -
-Sei già morto, tanto vale parlare. Noi parleremo con te e tu parlerai con noi. Cadavere. -

Una forza disumana fece saltare in piedi Franklin, eludendo la canna del fucile. I mirini laser puntarono al suo corpo nudo. I filamenti di luce rossa lo scaldavano.
-Fermo lì, o la morte sarà dolorosissima. Prova ad urlare e ti bruceremo la lingua, poi il palato, poi la gola. -
Franklin alzò le mani.
- Ci manda il ministro Efrem, sotto concessione del cancelliere. Ha analizzato i tuoi comportamenti. Ha scovato il tuo spirito. Ti ha letto. Sei un pericolo. Con chi sei in combutta? La senatrice Foster? -
Franklin crollò piangente. Sentì il suo cuore annerirsi.
-Cadavere. - Sibilò una figura in disparte.
I laser si fecero più caldi.
Alle narici salì l'odore di carne bruciata. Sentì ferite aprirsi sul suo corpo da ogni lato. L'oscurità si fece più profonda. Era di nuovo infinita, era di nuovo in espansione. Di nuovo indesiderabile. Sentì la pelle rattrappirsi, ritirarsi, cancellarsi. Poi la carne. Poi gli organi. Un bruciore lampante gli mordeva ogni cellula del corpo. Il buio divenne inconquistabile.

L'ufficiale Clinton accompagnato da una folla di senatori in camicia da notte si affrettò alla camera 112, la stanza del sergente Roger Franklin. Da dove proveniva il fracasso.

La porta era a terra, sfondata. Sfiorava la pediera in metallo. Sulla lastra ferrosa della porta si espandeva sforzandosi un leggero chiarore di luna. Brillava in una stanza vuota. Non c'era nessun cadavere sulla branda sfatta. Nella camera soffiava un vento disarmonico e sgraziato.

Clinton accese una torcia elettrica e proiettò la luce oltre la soglia. Vide che anche le finestre erano crollate. Il soffitto mostrava segni di cedimento. Qualcosa aveva bruciato una delle pareti, lasciando un'indelebile macchia nera, più cupa del buio serale, ramificarsi inquietantemente. Due nastri incrociati, neri e gialli, sbarravano l'ingresso. Vietato l'accesso. Indagine del cancelliere. Dicevano. Appena li lesse, Clinton capì che Roger Franklin era morto quella stessa notte, e che l'aveva ucciso il senato.
Un brillio oltre i nastri richiamò la sua attenzione. Proveniva dalla branda. Puntò lì la luce. Un cumulo di pietruzze brillanti era sparso sul materasso. Il cuore di Clinton saltò. Battè le palpebre. Un rigurgito gli risalì su per la gola arrestandosi sul palato.

Incenerito, pensò.

Si voltò ai venti senatori venuti con lui.
- Annullato. - Sentenziò cupamente.
- Annullato - rispose la piccola folla con aria sconfitta.

Nel corridoio riconobbe le forme di una corazza in kevlar. La indossava un uomo di mezza età, sotto la luce gialla del corridoio.
Franklin studiò la figura con una certa attenzione.
L'armatura non lasciava intravedere o immaginare il colore degli occhi, del viso, o dei capelli.
Un'entità astratta ed universale che imbracciava un fucile.
La maschera in kevlar montava un visore notturno che quando acceso lampeggiava di un colore ultravioletto, impercettibile all'occhio umano.

Facendo un gesto con la mano disse al seguito di disperdersi. Spense la torcia e si gettò a testa basta nel corridoio, verso la sua camera. Scorse
il soldato annuire solennemente.

Le luci del corridoio si fecero soffuse, quasi spente.
Agli occhi di Clinton tutto sembrava insensato. Quella sua camminata per un lungo percorso nero lo fece riflettere. Sono morti in molti. Ma mai così. Si ha sempre avuto la decenza di seppellire i corpi. Prima ci chiedono di uccidere un cotumano a sangue freddo, poi questo? Nessuno sognerà più di rivoltarsi, o cercherà mai di cambiare qualcosa davvero qui. È un problema? Dopo tutto siamo così ricchi. Una civiltà infinitamente felice, il prezzo lo devono pagare solo quelle poche scintille. Quelle che non sanno spegnersibruciare.

Mentre pensava le pupille si muovevano timidamente al buio. Si erano allargate tanto da inghiottire l'iride. Spaziavano tra gli angoli scuri cercando di percepire una qualche luce, in qualunque luogo, in qualunque tempo. Clinton batté la testa sull'armatura in kevlar del soldato. Riuscì a tratteggiare l'ombra dell'uomo. Aveva piantato il fucile laser a terra e si era abbracciato al calcio. Puzzava di sudore e cuoio.
- Scusate. - Disse Clinton. La voce gli uscì secca e tagliente.
L'ombra si inclinò un poco. Tremava segretamente.
-Passate pure. - Rispose l'ombra. Clinton percepì uno sforzo in quelle parole. Come se per pronunciarle, il soldato avesse dovuto tendere tutti i muscoli del corpo. C'era del raccapriccio in esse.
Sgusciò oltre la figura. Entrò in camera e si stese sulla branda. Sentì le guance farsi dure. Come pietre porose. Su di esse passò lentamente qualcosa di freddo. Le contrasse. Strizzò gli occhi. Roger, pensò.












Per Posteri CelebriWhere stories live. Discover now