Vendicativa

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Avevo sempre voluto essere importante per Zulema, quella a cui non sapeva dire di no, di cui era gelosa e di cui non sapeva farne a meno. Invece le mie possibilità con lei erano svanite, se codeste erano mai esistite. Così decisi di vendicarmi per il male che mi causò in quegli anni, avevo in mente una cosa con cui, sicuramente, sarebbe caduta ai miei piedi.

Arrivai nel salone e andai subito al balcone dove Palermo serviva gli alcolici e ovviamente presi un vodka lemon, perché come ogni sera ci riunivamo per festeggiare.
Nessuno mai sapeva quando la morte ci voleva accogliere, quindi era meglio vivere finché ci era permesso.

"Sei qui da due settimane e mezzo, eppure so poco su di te Barcellona. Io so sempre tutto di tutti, ma è come se tu prima di adesso non fossi esistita." disse Tokyo sedendosi accanto a me, con la musica leggera in sottofondo che accompagnava le nostre parole "Non ho mai amato essere un libro aperto. E appunto perché ci conosciamo da qualche settimana: meno cose sai, meglio è." risposi bevendo un sorso dal mio bicchiere "Dai Barcellona, cosa nascondi di così tanto oscuro?" chiese con un sorrisetto malizioso, mentre con un cenno di testa richiamò l'attenzione di Palermo "Gin tonic?" chiese quest'ultimo e la donna di fianco a me annuì sorridendo a 32 denti. "Okay Tokyo, stiamo al tuo gioco." risposi bevendo un altro sorso della mia vodka mentre guardavo di fronte a me la donna più bella della mia vita.
Si, sto parlando di lei, di Zulema Zahir. Capelli raccolti con una pinza che si abbinava al vestito lungo nero, che aveva spaccatura sia sul petto che sulla schiena, quella schiena.. Wow. Non fatemici pensare.
Era ovviamente la luce della serata. 

Appena Tokyo ricevette il suo gin tonic, la guardai per farle capire di seguirmi, e così ci incamminammo verso Denver, a cui feci chiamare Rio, Lisbona, il Professore, Stoccolma, Bogotà e Palermo.
Poi andai al balcone e presi una delle tante bottiglie di vetro vuote e andai a sedermi insieme agli altri su un divanetto dove al suo fronte era posizionato un tavolino. Con uno sguardo ammiccante feci cenno a Zulema di venire con noi e senza farselo ripetere due volte, venne sedendosi accanto a me. "Che vuoi fare Barcellona?" chiese Tokyo bisbigliando al mio orecchio "Mi vuoi conoscere no? Io voglio conoscere voi. Quindi ne traiamo un vantaggio entrambe." risposi facendole l'occhiolino e posizionai la bottiglia in orizzontale al centro del tavolo e dopo aver guardato Zulema dalla testa ai piedi facendole perdere un pizzico di autocontrollo, iniziai a far girare la bottiglia. Quest'ultima si fermò su Tokyo "Obbligo o verità?" chiesi alla donna alla mia sinistra che inarcò un sopracciglio alla mia domanda, anche lei nascondeva qualcosa?
"Verità" ripose guardandomi dritta negli occhi. Io annuii e con due sorsi finii la mia vodka lemon, appoggiando il bicchiere ai miei piedi.
"Per chi porti più rancore?" chiesi facendo sfiorare appositamente la mia gamba con quella della mia figlia di puttana, che si irrigidì subito.
"Gandìa" rispose fissando il vuoto e anche se non sapevo chi fosse, avevo capito che aveva tolto dalla vita di Tokyo qualcuno di importante per lei.
Annuii nuovamente dispiacendomi e dopo qualche istante Tokyo girò la bottiglia sorridendo come se niente fosse, tutti qua dentro avevano perso qualcuno di davvero essenziale nella propria vita, ed io mi sentivo come loro.
Non volevo stare male, ma ciò mi portava a pensare che un giorno avrei perso completamente Zulema, e per quanto mi faccia schifo ammetterlo  lei era la mia persona importante.
La bottiglia si fermò sul Professore e Tokyo chiese quale fosse la sua perdita più importante. "Mio fratello." rispose lui cercando di nascondere il volto triste.
Un fratello, chissà com'era e se era la sua perdita più grande avevano un rapporto a dir poco meraviglioso, ogni tanto qualche scompiglio sicuramente, ma si risolvevano facilmente. Invece io e mio fratello non avevamo mai avuto niente di buono, non mi ha mai considerata sua sorella per varie ragioni e se mi doveva difendere era per guadagnare qualcosa tramite i nostri genitori. Odiavo la mia famiglia.
Il Professore girò la bottiglia e finì su di me. "Cosa ti ha migliorato la vita?" chiese il Professore sorridendo e io guardai Zulema per un nano secondo per farle credere che avrei detto il suo nome "Me stessa" risposi incrociando le braccia al petto e tutti mi guardarono storta, ma io ero troppo impegnata a incrociare quegli sguardi con Zulema, i nostri sguardi. Il mio cuore si scioglieva al solo pensiero, mentre la mia mente mi stava distruggendo dalla rabbia, ma riuscii a controllarmi facendo un respiro profondo e dopo rubai il gin di Tokyo, finendolo e dopo feci fare un bel giro alla bottiglia, che si fermò su Zulema, quello che volevo. "Mh, sentiamo bionda." disse leccandosi le labbra umide a causa della birra che aveva appena bevuto. "C'è un motivo per la tua stronzaggine?" chiesi finendo la frase con un sorriso a 32 denti e lei contrasse subito la mascella, lacerandomi con lo sguardo. "Si, per tipi come te." rispose stendendomi con una frase e stranamente mi lasciai prendere dalla rabbia, non mi fregava più di niente, non dovevo farmi umiliare così, soprattutto da lei. "Vatti a fare una bella scopata Venezia, l'unica cosa buona che sai fare nella tua fottuta vita!" esclamai infuriata, in quel momento volevo solo strangolarla. "Allora ammetti che scopo bene, vero?" chiese avvicinandosi al mio viso, ma io la responsi spingendola "Che cazzo. Perché te ne devi sempre andare?" chiesi cercando di trattenere le lacrime, ma a tradirmi fu la mia stessa voce che piano piano stava cessando. "Sembra un drama. Venezia, si vede che sei persa della bionda." disse ad una certa Palermo facendo ricadere i nostri occhi infuocati su di lui, ma ovviamente Zulema doveva fare la sua parte "Non me ne frega un cazzo di lei."

Mi alzai dal divano e rubai da dietro il balcone una bottiglia di vodka, a cui mi attaccai per bere il contenuto mentre camminavo, raggiungendo con molta calma e determinazione la porta, e me ne andai fuori in giardino dove lasciai spazio alle lacrime che non buttavo fuori da tempo: era una liberazione per me dare sfogo a ciò che provavo.
Non sapevo più come funzionasse il pianto. Quella stronza era riuscita a farmi a pezzi, di nuovo.

Meglio tardi che maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora