Capitolo 32

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(Canzone consigliata: Sacrifice - Black Atlass feat. Jessie Reyez).

Isabelle.

Aprii gli occhi direttamente il giorno dopo, almeno credevo.

L'unica cosa di cui ero sicura era che indossavo il pigiama, ma non ricordavo di averlo indossato, e che la luce che entrava dalla finestra martellava sulle mie palpebre pesanti.

O forse martellava sulle mie tempie.

Il cuscino accanto al mio era stropicciato, come se ci avesse dormito qualcuno.

E forse sapevo anche chi fosse quel qualcuno, dato che il suo profumo ambrato aveva preso possesso delle mie lenzuola. Il suo odore sembrava avvolgermi nelle sue note calde e una sensazione di beatitudine quasi mi fece venire voglia di rimanere a crogiolarmi dentro al letto. 

Ma non lo vedevo.

Né lo sentivo.

Probabilmente se n'era andato, d'altronde avevamo ancora i corsi da seguire e preparare le tesi prima dell'estate.

Anche se la mia voglia di studiare era realmente pari a sotto lo zero, ma la laurea non l'avrei presa ad honorem.

Sentivo la gola dolorante e la lingua secca.

Avevo qualche ricordo del giorno prima, della sfuriata contro mia madre che poi si era trasformata in una delle mie crisi.

Una delle peggiori, avevo creduto realmente di morire.

Per un attimo soltanto, avevo pensato che sarebbe stato un bello schifo andarmene senza aver sentito la pelle di Aaron contro la mia, ancora un'ultima volta.

Il che era un discorso incoerente bello e buono, visto che ero praticamente scappata dal Vermont, da lui.

Perché per me, lui, era pericoloso.

E non intendevo nel senso metaforico del termine, intendevo quello vero e proprio.

Avevo paura delle emozioni che avvertivo tutte le volte in cui i suoi occhi di cioccolato accarezzavano la mia figura, come se avessi sviluppato una sorta di dipendenza che non aveva assolutamente niente di buono. 

Quindi, prima che le cose si fossero fatte davvero irreparabili, avevo deciso di scappare.

Come una codarda.

Ma il problema era che anche se scappavo da lui in senso letterale, non riuscivo a farlo a livello mentale.

Era nella mia testa.

Sempre.

Non mi aveva dato mai certezze a parole, ma lui c'era.

Ogni volta, c'era.

Ma una sensazione di disagio mi fece stringere lo stomaco al pensiero che mi ero comportata proprio come quella donna che avrebbe dovuto crescermi. 

Prima denigravo mia madre per essersene andata in quel modo, quando la prima ad averlo fatto appena ne avevo avuto l'occasione, ero stata io.

E prima che mi venisse una crisi nervosa, mi buttai sotto il getto caldo della doccia per lavare via quella sensazione di pesantezza nella testa e lasciarla scivolare nello scarico.

Non sapevo nemmeno che ore fossero, ma non avevo alcuna intenzione di presentarmi a lezione.

Non ci avrei capito niente.

Ma, d'altronde, ci stavo capendo qualcosa della mia vita?

No.

Le emozioni che avevo verso Aaron mi giravano nella testa, nella pelle, e non sapevo quanto fosse positivo.

Mind (Soul spin-off)Where stories live. Discover now