Sospetti

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Un bacio simile se l'erano scambiati, quarant'anni prima, Antonietta Morana e un salinaro di Paceco, di poco più grande di lei. Era accaduto durante una passeggiata sulla spiaggia, per la quale Ninella - appena sedicenne - aveva ottenuto dal padre Antonio il permesso, ma a una e una sola condizione: che il cugino Vito la tenesse sotto controllo, seguendola qualche metro più indietro, per difenderne all'istante l'onore e la rispettabilità.

Quel salinaro si chiamava Marco Genovese. Era un giovane dedito al lavoro e molto serio, amico di Vito sin da piccolo, frequentava strada del Cormorano con più assiduità da quando il Morana si era fidanzato ufficialmente con la sorella gemella, Teresa. E lì Marco aveva incrociato per la prima volta la graziosa Antonietta, aveva stretto amicizia con lei - giusto pochi convenevoli, tanti occhiolini e qualche carezza - finendo con l'invaghirsene.

Mentre Greta si trovava a Marausa Lido con il nipote di Marco Genovese e, ironia della sorte, veniva ricambiata di quel bacio che ha pochi eguali, perché del genere capace di cambiare il corso degli eventi che lo seguiranno, Antonietta era stata scortata a Nubia dal Ristorante Oro Bianco e si era ritirata in camera, preda della tristezza.

"Ninella, dimmi: ci hai ripensato? Le vuoi ancora le saline?", le aveva chiesto Vito.

E quel che aveva provato a scordarsi le era esploso dentro. L'amore, la rabbia e la sorpresa. Ma soprattutto i sospetti.

Stesa sul lettino angusto che ne conosceva oramai tutte le preoccupazioni, rivisse con la memoria i momenti più importanti della sua storia d'amore con il nonno di Diego. Dal loro primo bacio, atteso per mesi, alle gite al mare e in città, organizzate con il beneplacito della famiglia Morana in quanto sotto la supervisione costante di Vito. Le affiorò tutto d'un colpo, perché al salinaro, che tanto aveva amato, Ninella pensava dal suo ritorno e ancor prima, e sempre. Insomma, da oltre quarant'anni.

La piccola Antonietta aveva condiviso con Marco sei mesi felici della sua gioventù, fino ai giorni funesti dell'alluvione del 1965, che con il suo sopraggiungere aveva rovesciato diversi destini. Come il suo, a seguire i genitori al Nord con la bocca chiusa e il cuore spezzato.

Da salinaro qual era, Antonio aveva trovato lavoro tra le vasche di Cervia e poco tempo dopo, impossibilitato a fare sforzi, si era trasferito con la famiglia a Bologna, dove era entrato a servizio nella villa di una facoltosa famiglia emiliana, come giardiniere e autista privato. Antonietta era cresciuta in quell'ambiente raffinato e la sua istruzione, per volere della padrona che non aveva figli, era stata affidata a un ottimo precettore. Poi erano seguiti gli studi per diventare maestra elementare, la morte improvvisa della madre, l'incontro con Mario Fossati, che all'epoca aveva aperto uno studio proprio davanti alla scuola dove Ninella teneva le sue prime lezioni.

Tutto ciò era accaduto lontano da Paceco, chilometri e decenni lontano dalle saline che non avevano mai smesso un istante - e qui l'espressione contrita di Vito si insinuò tra i suoi pensieri - di appartenerle. Di essere sue.

Antonietta si sentì morire di fronte a quell'ingiustizia. Ragionò che qualcuno che sapeva doveva pur esserci.

"Perché non ci ho riflettuto prima?", si innervosì.

E continuò a riflettere: il vecchio Morana non aveva potuto sbrigarsela da solo e, nel suo testamento, aveva certo predisposto qualcosa, magari un lascito, per quei lotti di sua proprietà. La donna scese dal letto e rovistò nella borsa, che aveva poggiato senza cura sul bracciolo del divano. Cercò tra i contatti della rubrica nel suo cellulare e fece partire la chiamata. Nessuno rispose, se non le segreteria telefonica: "Il notaio Fossati al momento è occupato. Lasciate un messaggio dopo il segnale acustico. Grazie". Mai una volta che fosse reperibile, il Notaio, che la famiglia lo trovasse disposto a impegnare un po' del suo tempo votato al lavoro.

Oru biancuWhere stories live. Discover now