CAPITOLO 13

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Jungkook guardò jimin accostare con la macchina dalla finestra della sua camera da letto, mentre finiva di asciugarsi i capelli con un asciugamano. Aveva già indossato un paio di jeans neri scoloriti e una maglietta bordeaux. Bastavano pochi secondi con un pettine e le sue dita e sarebbe stato pronto per il suo secondo appuntamento. I suoi primi clienti, i due ragazzi che jimin aveva evidentemente intravisto la prima volta, non se n’erano andati tanto tempo prima.
Quella coppia, tuttavia, non era composta dai sub di jungkook . E lui sicuramente non era il loro Dom. A quegli uomini aveva appena fatto lezione, per dimostrazione, ma anche per un’istruzione completa sugli aspetti psicologici, che riguardavano la testa e il cuore, e non solo il semplice gioco fisico. La coppia, Randy e Connor, aveva una relazione da un po’, con Connor che negli ultimi tempi aveva confessato il suo bisogno di essere dominato. Non solo nel senso di permettere a Randy di comandare, ma di essere letteralmente e fisicamente dominato. In apparenza, aveva lottato con la sua natura di sottomesso per anni, ma aveva paura che Randy lo considerasse pazzo. Lui non conosceva i dettagli di come la cosa fosse venuta fuori ma, da qualche parte lungo il percorso, era uscito tutto, e Randy era stato assolutamente un grande, non solo nell’accettare la vera natura del suo ragazzo, ma nel volere effettivamente soddisfare i suoi bisogni. Il problema era che Randy non sapeva come dominare. Non sapeva come trattare un sub, come essere un Dom.
Quello era il momento in cui era subentrato jungkook .
Perché non insegnava solo la scultura.
Guardò jimin condurre la decapottabile nel parcheggio, poi lo osservò sbirciare verso la casa. Non che potesse vederlo, la sua camera da letto non era illuminata, ma lui invece poteva scorgerlo bene. Jimin uscì un attimo dopo, ma invece di dirigersi verso la porta, si accese una sigaretta e fece un tiro. Si accigliò, il suo sguardo si contrasse. Se jimin fosse stato il suo sub, non avrebbe mai più fumato quella merda. Sarebbe stato punito, se lo avesse mai sorpreso a farlo, perché quella merda era veleno e i Dom si prendevano cura dei loro sub. Amore severo e tutta quella roba lì.
Con la mascella contratta mentre guardava jimin sbuffare il fumo, ripensò alla sessione della settimana prima, quando finalmente aveva rivelato a jimin cosa faceva. Le sue emozioni erano state contrastanti, intanto che le parole gli uscivano dalla bocca. Una parte di lui voleva che spaventassero jimin , perché per qualche ragione, lo sentiva come portatore di guai. Ma l’altra parte di lui sperava con tutto se stesso che jimin avrebbe mantenuto una mente aperta e non lo avrebbe giudicato, che forse avrebbe persino trovato intrigante saperlo. Che avrebbe voluto saperne di più.
Con sua grande sorpresa, Jimin l’aveva presa molto bene. All’inizio, era sembrato decisamente preso alla sprovvista, ma si era ripreso abbastanza rapidamente. Aveva persino fatto un paio di domande. Niente di troppo complicato, ma quello aveva senso. Jimin non ne sapeva abbastanza per sapere cosa chiedere, era chiaro dalla sua reazione iniziale, il modo in cui tutto il suo corpo si era teso al massimo. Chiunque conoscesse anche solo i principi fondamentali del BDSM non sarebbe stato così scosso. L’idea l’aveva spaventato, almeno all’inizio, ma poi la sua curiosità aveva preso il sopravvento. E, Dio, come avevano girato quelle rotelline. Anche se, a suo merito, Jimin aveva limitato le domande al minimo, concentrandosi soprattutto sul suo orientamento sessuale. Cosa che gli stava bene, anche se era stato brusco. Era stato bello mettere le cose in chiaro e jimin evidentemente aveva pensato lo stesso. Si era dichiarato subito e aveva detto che anche lui era gay, qualcosa di cui lui era già ben consapevole.
Ma se non altro, almeno gli aveva permesso di porre alcune domande anche a jimin , del tipo se i suoi amici e la sua famiglia lo sapessero, o se non fosse dichiarato, e con suo grande sollievo, Jimin lo era. Non voleva odiare quel ragazzo, ma se fosse stato come Taehyung , sarebbe stato inevitabile.
Lo vide spegnere la sigaretta, infilare il mozzicone nello zaino e infilarsi in bocca quella che sembrava una mentina. Una veloce
raddrizzata della maglietta e una passata di dita tra i capelli, e alla fine sembrò pronto a partire. Sorrise prima di potersi fermare. Jimin non era solo bello, era carino. Quando non flirtava in modo spudorato.
Si diresse alla tromba delle scale intanto che jimin si dirigeva verso il vialetto. Il ragazzo aveva avuto un’intera settimana per digerire la sua rivelazione. Sarebbe stato così assertivo, così vivace, così giocherellone, ora che sapeva che era un Dom? Immaginava però che avrebbe trovato il modo di sorprenderlo.
A metà delle scale, sentì bussare e il suo cuore accelerò. Non era sicuro di cosa provasse, comunque. Non avrebbe dovuto essere così contento di vederlo. Ma lo era, e non sembrava esserci nulla che potesse fare al riguardo. Jimin gli aveva in qualche modo tolto quel potere.
E lui improvvisamente si irritò. Molto. Un sentimento che stava crescendo sottilmente ma costantemente a ogni singolo incontro, perché ogni incontro lo faceva sempre sentire più leggero, il che era troppo vicino al sentirsi per così dire felice. Un’emozione che non voleva particolarmente sperimentare con jimin . Si era sempre sentito spericolato, a goderselo come faceva, e l’impressione si stava facendo sempre più forte.
E lui era incapace di smorzare quella cosa. Non importava che poi lo irritasse. Non importava che non lo volesse. Jimin era sempre riuscito a far risorgere comunque quella sensazione. Una situazione che, per quanto lo riguardava, faceva sembrare come se jimin stesse tirando le corde nella sua mente come un burattinaio.
Accigliato al pensiero, aprì la porta. Proprio al momento giusto, Jimin gli sorrise felice. Ah, Dio. Era bello. Come un cazzo di angelo con gli occhi azzurri, tutto splendente come il sole sulla sua veranda.
«Ehi,» lo salutò jimin .
Lui grugnì e indietreggiò.
Il sorriso del ragazzo svanì rapidamente. «Stai bene?» «Sì.» Si girò e fece strada. Aveva solo bisogno di trascorrere un’altra sessione senza fare niente di stupido. Aveva la sensazione che jimin non l’avrebbe resa così facile.
Raggiunto il suo studio, spalancò la porta e andò dritto verso il suo tavolo. «Via i vestiti, culo sul tavolo, Jimin . Facciamo finire questa merda.» «Okay.»
Si accigliò. Non gli piaceva essere freddo, essere un cazzone.
Sembrava semplicemente che non riuscisse a trovare l’equilibrio giusto, con jimin , e quella era una cosa che l’aveva sempre messo sulla difensiva.
Aprì un cassetto, estrasse il libretto degli assegni, assicurandosi di tenere jimin alle sue spalle. Non appena la loro ora fosse finita, e jimin fosse tornato a non essere nudo, o quasi, gli avrebbe consegnato i soldi, l’avrebbe accompagnato alla porta e salutato con un adios, cazzo. Perché era dannatamente sicuro che quell’ora sarebbe finita come le altre, con lui che non voleva che jimin se ne andasse, che desiderava che il tempo non fosse passato così veloce, tentato di invitare jimin a restare. Cosa che era dannatamente folle.
Ed eccolo lì, il modo in cui quel ragazzo lo influenzava. Aveva strappato via la sua razionalità, lo rendeva incapace di pensare in modo lucido, ed era assolutamente inaccettabile, una totale violazione del suo controllo.
Poté sentire gli occhi di jimin fargli un buco di fuoco nei jeans.
Fanculo. Amava davvero troppo quella sensazione. Sfregandosi la faccia, mormorò un’imprecazione, scarabocchiò un assegno e si voltò. Il suo sguardo incontrò quello di jimin mentre il ragazzo sedeva in cima al tavolo, il suo bellissimo corpo esposto in modo languido. Immaginava come sarebbe apparso dopo una bella e sana fustigazione. Ah, Dio.
Decisamente troppo bello. Increspò le labbra e si avvicinò.
Jimin si tese in modo evidente, ma non necessariamente per l’apprensione, anche se lui sapeva di essere stato glaciale. Per qualche accidenti di motivo, a jimin non sembrava importare. Il ragazzo si limitò a raddrizzare le spalle e sorridere e lui iniziò istantaneamente a sciogliersi.
Oh, ma per favore.
Trascinò il suo sguardo freddo sulla posizione di jimin , assicurandosi che tutto fosse in linea, ma si bloccò, stringendo gli occhi. Il corpo di jimin sembrava sospettosamente messo male, come se fosse seduto in quel modo apposta. Il suo sguardo si alzò verso quello di jimin , che sollevò un sopracciglio e sorrise.
Lui increspò le labbra.
«Schiena dritta, Jimin . Comportati bene.» La frustrazione aleggiò brevemente sul volto di jimin , ma fece come gli era stato detto, poi lo guardò in attesa. Lui espirò e si avvicinò, alzando una mano. Aprì la bocca per chiedere il perm…
«Sì, per favore.» Il sorriso di jimin era tornato, ed entrambi sapevano a cosa stava acconsentendo. Il suo tocco, molto probabilmente ovunque volesse.
Lui gli fece scivolare le mani lungo i lati della mascella, affondando le dita nei suoi capelli.
«Odori di nuovo di fumo,» mormorò piano.
«Che ne dici di aiutarmi a smettere?» Corrugò la fronte. «Che cosa?» jimin sorrise. «Aiutami a smettere. Aiutami a tenere le labbra occupate altrove.» Bene, quello rispose alla sua domanda. Jimin era decisamente ancora in modalità flirt.
I suoi occhi si posarono sulla bocca del ragazzo prima che potesse fermarli. Dio, tutti i modi in cui poteva impegnare quelle labbra… A partire dal suo cazzo. Perché sicuramente non l’avrebbe baciato. Lo faceva solo con i clienti durante le scene, e anche in quel caso era un evento raro.
Il cazzo lo incoraggiò con entusiasmo e il suo cuore batté un po’ più veloce.
«Non ti piacerebbe come manterrei la tua bocca occupata.» jimin ridacchiò. «Sono abbastanza sicuro che mi piacerebbe invece.» Le labbra gli si curvarono, non poté farne a meno. Jimin era semplicemente troppo, ma sfortunatamente, lui aveva un lavoro da fare.
Gli girò la testa appena verso sinistra. «Smetti di offrirti al tuo datore di lavoro, Jimin È così poco professionale.» Lui sorrise ma cedette. «Puoi trattenere la mia paga.» Avrebbe preferito decisamente metterlo in ginocchio.
Soddisfatto della posa, si ritirò alla sua scultura, ansioso di terminare i dettagli finali. Doveva ammetterlo, la scultura sembrava molto bella, la perfetta replica del corpo di jimin , e considerando quanto incredibile fosse il fisico del ragazzo, ciò significava che il pezzo sarebbe stato altrettanto fenomenale. Delle linee così fluide, delle curve così sensuali… Aveva persino catturato l’espressione seducente, la fame contenuta, la pazienza riluttante, i bisogni sotterranei, non corrisposti.
Prese la faccia della scultura tra le mani, facendo scorrere i pollici lungo gli zigomi. Stava canalizzando l’energia di tutte le sue emozioni
spontanee nel miglior pezzo che avesse mai scolpito. Trasudava la sua passione tanto quanto quella di Jimin , una forza invisibile in qualche modo ancora visibile. Adorava quella cosa, che la sua scultura fosse un’estensione di entrambi. Un potente senso di gratitudine lo investì, verso jimin e cosa gli aveva permesso di creare.
I suoi occhi si alzarono verso il giovane puntellato immobile davanti a lui, poi le sue mani andarono a lavorare sui ritocchi finali, cosa che in pratica occupò il resto della loro ora, con una piccola pausa nel mezzo.
Contento com’era sempre stato, essendo un perfezionista, fece un passo indietro dalla scultura… e sorrise. Solo un po’. «È fatta, Jimin
Abbiamo finito» Le spalle del ragazzo si sciolsero all’istante. Girò la testa verso di lui, i suoi occhi blu scuro che fi ssavano il suo capolavoro. «Posso vedere?» chiese, facendo scivolare le gambe oltre il bordo del tavolo.
Lui incrociò le braccia e assentì. «Ovviamente.» Cercò di non guardare troppo spudoratamente jimin che si avvicinava a piedi nudi con addosso solo il costume striminzito.
«Wow,» mormorò jimin «Cioè… Dannazione, jungkook . Sono senza parole.» Fino a quel momento, non aveva mai dato davvero a jimin l’opportunità di guardare il lavoro. L’aveva sempre tenuto coperto, quando jimin era entrato la prima volta, e alla fine aveva sempre accompagnato il ragazzo velocemente alla porta. Avrebbe visto tutti i dettagli su cui aveva lavorato per ore, a lungo, nella notte, dopo che lui se n’era andato? I suoi infiniti ciuffi di capelli super sottili. Il riflesso lieve e sottile nei suoi occhi. Quella piccola cicatrice sul lato destro della mascella. La lunghezza esatta delle sue unghie. Forse sì, o forse no. Era in ogni caso abbastanza fiducioso che jimin avrebbe notato come avesse improvvisato nel ritrarre i suoi genitali. Cazzo. Non aveva voluto che si mettesse in posa nudo, che si sentisse più a disagio del necessario. Inoltre, aveva memorizzato da tempo ogni centimetro di lui, quando aveva fatto da modello per la sua lezione universitaria. Perché il suo corpo era semplicemente memorabile, una vera dannata rarità, e presto sarebbe brillato nel bronzo. Il che significava, secondo i suoi canoni, che jimin si era guadagnato il diritto di dargli una bella occhiata ora. Si era anche guadagnato quella paga che gli aveva promesso.
Guardò verso la scrivania, dove il pagamento di jimin era in attesa. Il loro piccolo sforzo comune era giunto al termine. Si sentì in un certo qual modo deluso, ma niente durava per sempre, lo sapeva fin troppo bene. In poco tempo, Jimin non sarebbe stato altro che un ricordo.
Anche se uno caro.
Uno molto caro.
Con una stretta al petto, si sfregò la mascella e si accigliò. «Suppongo che probabilmente dovrei sistemare il tavolo.» jimin lo guardò. «Okay.» Per una volta, non stava sorridendo.
Lui sostenne il suo sguardo. Quegli occhi gli sarebbero mancati.
Quindi espirò e costrinse i suoi piedi a muoversi. «Vestiti,» mormorò, dirigendosi verso la scrivania. «Devo iniziare a ripulire.» «Potrei aiutarti,» si sentì dire, insieme al morbido sbattere di piedi nudi sul pavimento.
Prese l’assegno e si voltò. «Grazie, ma sono a posto.» I suoi occhi si fissarono su jimin . Si stava tirando su i jeans. Cazzo. Non sarebbe proprio riuscito a distogliere lo sguardo, nemmeno se da quello fosse dipeso tutto il cazzo di mondo. Jimin lo sorprese a guardarlo ma non gli importò. Dubitava seriamente che jimin avrebbe fatto il suo servizio fotografico seminudo, quindi quella era l’ultima possibilità che avrebbe avuto.
Non che a jimin paresse dispiacere. In effetti, sembrava che si stesse divertendo.
«Sei sicuro?» chiese, chiudendo con calma la cerniera. «Giuro su Dio che non m’importa.» Si morse la lingua. Dio sapeva che se non l’avesse fatto, avrebbe finito per dire qualcosa di veramente stupido. Come: Certo, perché no. Poi, una volta che avremo finito, ti piegherò sulla mia scrivania e ti scoperò fino a farti andare fuori di testa.
«Sì. Sono sicuro.» Guardò jimin che si infilava la maglietta sopra la testa. Dannazione.
Quei pettorali. E quegli addominali. Si rimangiò un ringhio e si avvicinò a grandi passi.
«Ecco,» mormorò quando la testa di jimin riemerse, spingendogli in pratica l’assegno in faccia.
«Grazie.» jimin lo fece scivolare in tasca, ma poi rimase lì… giocando con l’assegno.
Si accigliò. Perché non stava prendendo i suoi calzini? Era il passo logico successivo nel vestirsi. Lo guardò, pensieroso. «Qualcosa non va?» «No.» jimin scosse la testa. «Volevo solo… volevo chiederti una cosa.» Grande. Altre domande da parte del Signor Devo Sapere Tutto.
Incrociò di nuovo le braccia e allargò le gambe. «Una domanda. Vai.» Le labbra di Sean si contrassero, mentre si muoveva agitato. «Okay.
Allora. Ehm. Mi stavo chiedendo…» Fece scorrere una mano attraverso la sua capigliatura dorata.
Sollevò un sopracciglio con impazienza.
Jimin mostrò un sorriso da ragazzino prima di schiarirsi la gola. «Mi stavo chiedendo se mi avresti mostrato dove lavori.» «Dove lavoro?» Un cenno affermativo. «Sì.» Si accigliò di nuovo. Jimin aveva già visto due dei suoi tre posti di lavoro.
«Vuoi vedere il mio dungeon.» jimin si bloccò. «Lo chiami dungeon?» Le labbra gli si incurvarono. «Eh già. E per una buona ragione.» jimin deglutì. Quindi scrollò le spalle. «Uhm, okay, allora sì. Il tuo dungeon.» Dovette ammetterlo: jimin lo aveva sorpreso ancora una volta. Anche se non poteva credere che l’avesse appena chiesto e naturalmente il suo primo istinto fu di dirgli di no, ma per qualche motivo incasinato non ci riuscì, probabilmente perché una parte davvero enorme di lui non avrebbe adorato altro che vedere jimin nella sua stanza dei giochi.
Probabilmente gli sarebbe venuta un’erezione nel momento in cui fossero arrivati laggiù. Al diavolo, gliene stava venendo una al solo pensarci. Jimin , che scrutava la sua tana, tutto innocente e ingenuo, i suoi occhi azzurri curiosi e diffidenti. Eppure, ecco perché probabilmente non avrebbe dovuto. Ragazzi innocenti e dungeon non erano compatibili.
Si grattò la guancia.
«Beh, non lo so. Laggiù c’è una mentalità completamente diversa.» «Lo so. Non m’importa. Voglio davvero solo vederlo.» Lo guardò. «Sì? E perché?»
Jimin si mise le mani in tasca, e si mordicchiò un labbro. «Non lo so.» Scrollò le spalle. «Immagino di essere solo curioso. Non ho mai visto un dungeon, prima d’ora.» Lui sorrise. «Fai parte di quella maggioranza che non lo ha mai fatto.» «Per favore?» jimin gli offrì un sorriso giocoso. «Prometto croce-sul-cuore di comportarmi bene.» Sospirò. Come diavolo avrebbe potuto dire di no, con jimin che lo guardava in quel modo? Fanculo. Che male poteva fare, un giro di sotto?
E inoltre, gli piaceva mostrare il suo posto. Era orgoglioso del suo palazzo, il suo dominio. Sarebbe piaciuto anche a jimin ? O sarebbe scappato urlando? Incutere un po’ di paura al ragazzino avrebbe potuto essere divertente. Se non altro, sarebbe stato sicuramente eccitante.
«Va bene,» concesse, dirigendosi verso la porta. «Ma solo perché hai promesso croce-sul-cuore.»

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