Capitolo 3

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Aurora

2022

Ho sempre impiegato i miei tempi morti a studiare la gente che mi circonda e ad inventare una vita per loro.
I viaggi in pullman, in metropolitana, il tempo che perdo in coda al supermercato, per intenderci.
Quei momenti diventano un viaggio nella vita di persone sconosciute che probabilmente non conoscerò mai davvero ma che per quei dieci, venti minuti, quella mezz'ora, sono per me libri aperti.

Alle 7 del mattino, nel mezzo della metro, ho vasta scelta per iniziare il mio gioco preferito.
Accanto a me c'è una coppietta che avrà sì e no 16 anni. Ridacchiano, si abbracciano, lei lo prende in giro per qualcosa. Lui di colpo si offende, lei sbuffa. Per carità. Troppo giovani, il dramma adolescenziale non mi ha mai intrigato.
Una signora, qualche sedile più in là, rovista freneticamente nella sua borsa. Ha i capelli ricci di una tonalità bordeaux-viola, un cappotto giallo, ama particolarmente i colori accesi, sono i suoi stessi occhiali da vista arancioni a dimostrarlo, se il soprabito non dovesse bastare. Chissà cosa ha perso in mezzo a tutto l'universo di cose che noi donne teniamo nelle nostre borsette.
Non è il cellulare, ha le cuffiette alle orecchie, segno che lo ha utilizzato fino a qualche momento prima e probabilmente lo sta ancora utilizzando per ascoltare la musica, forse, oppure è al telefono con qualcuno. Se fosse il portafogli non avrebbe potuto pagare il biglietto. Forse è una persona disordinata, forse ha l'abbonamento sempre nella stessa tasca del suo cappotto giallo. Sbuffa, chiude la borsa. Forse non era così importante.

Inizio a credere che per quella mattina mi dovrò accontentare, non c'è qualcuno che mi ispiri davvero in quel vagone.
Poi, alla fermata successiva, sale lui.

Ha i capelli rasati, il viso pulito, un paio di jeans che gli ballano addosso, una felpa con cappuccio grigia, scarpe da ginnastica, uno zainetto in spalla. Credo abbia qualche anno in più di me.
Ha un libro in mano ma è palese che stia pensando ad altro, continua a tenerlo aperto sulla stessa pagina mentre ha lo sguardo perso davanti a sé, un misto tra il deluso e l'incazzato, l'espressione di uno che ha visto qualcosa che l'ha turbato ma per cui non può fare nulla.
Fa del suo meglio per scrollarsi quell'aria di dosso, cerca di continuare a leggere. Non ci riesce. Prende il telefono, resta a fissare qualcosa per qualche secondo. Lo blocca.
Lo sblocca di nuovo. Forse vuoi chiamare qualcuno? Stai cercando il coraggio di chiamare una persona? Chissà se stamattina, svegliandoti di buon umore, ti saresti aspettato che la giornata avrebbe preso una piega completamente diversa.
Ti vedo fare un sorriso amareggiato, come se avessi captato il mio pensiero, seguito poi da un movimento rapido della mano che blocca per l'ennesima volta lo schermo del telefono e lo ripone in tasca.
Provo a immaginare cosa possa averti amareggiato così la giornata già a quest'ora, o almeno è ciò che ti auguro, che sia solo una giornata partita male, che non sia una di una lunghissima serie di giorni no.
So cosa vuol dire.
C'è qualcosa che mi spinge a volerti parlare.
Quasi non mi rendo conto di dover scendere.
Mi alzo di scatto e corro verso le porte prima che si richiudano davanti a me o, peggio, con me in mezzo, urtando per sbaglio questo ragazzo.
Nemmeno se ne accorge, nonostante le mie scuse imbarazzate.

Scendo, proseguo per la mia strada, mi dirigo al mio solito bar per fare colazione prima di attaccare l'ennesima, estenuante, giornata di lavoro.
Eppure, esattamente come quello sconosciuto con cui per pochi attimi ho condiviso il tragitto, non riesco a staccare gli occhi dalla porta davanti a me, mi accorgo di star girando il cucchiaino a vuoto nella tazzina. Non riesco a togliermi la sua espressione dalla testa.
So già che per il resto della giornata mi tormenterà.

L'inverno di AuroraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora