44. Saper perdere

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Qualcosa di freddo la risvegliò bruscamente.

Lì per lì non riuscì a comprendere se fosse stata un'altra secchiata d'acqua o qualcosa di diverso.

Sentiva di non appartenere più a quel mondo, non del tutto.

Aveva addosso l'odore di Ulrik, il suo profumo, il suo respiro calmo, quieto.

Ci mise qualche istante a mettere a fuoco la figura che si era inginocchiata al suo cospetto.

Era fradicia, ma non sapeva dire se fosse sudore, sangue o l'acqua non ancora evaporata. Sbatté le ciglia più volte, frastornata da un qualcosa a cui non sapeva dare un nome.

Il dolore era distante, ovattato. I nervi non erano mai stati così distesi.

Soppesò l'idea di tornare nell'oblio, tra le sue braccia.

Le sarebbe bastato chiudere di nuovo le palpebre pesanti.

Ma dallo sguardo della donna comprese che non gliel'avrebbe permesso.

«Lui ti vuole vedere. È mio compito renderti presentabile.»

Non si mosse, non tentò di afferrarla. Evangeline sapeva di aver bisogno di aiuto per rialzarsi. Con le mani e i piedi intorpiditi e legati, le era impossibile ergersi in piedi da sola.

Chinò la testa di lato. Non c'era paura sul suo volto. Non più.

Dolore e paura erano emozioni sconosciute, le ricordava di nome, ma non sapeva dar loro una forma, una consistenza.

Poteva tornare da Ulrik quando voleva, di questo era certa. Lì non c'era niente d'interessante.

Niente che le appartenesse, non più.

Eppure decise di restare, di soffermarsi su quella squallida realtà angusta e maleodorante.

Forse qualcosa di remoto la spinse in quella direzione, la tenne sveglia.

Anche la donna chinò il capo per soppesarla, ma dalla parte opposta alla sua.

«Hai ucciso il mio compagno» le rivelò.

Evangeline rimase muta. Non sapeva di cosa stesse parlando.

La donna se ne rese conto e fremette d'ira. «L'uomo che hai sgozzato nei bagni.»

Era ancora un uomo, quindi?

L'Umana si tenne per sé il quesito.

Non ricordava nulla, era tutto troppo nebuloso.

L'aveva fatto? Era stata in grado di compiere un simile delitto? Proprio lei che aborriva le armi da fuoco perché aveva paura di nuocere per errore?

«E Connor... quello che gli avete fatto...» Scosse la testa addolorata.

La ragazzina resse lo sguardo con una spavalderia involontaria.

Non conosceva nessuno con quel nome.

«Loro... loro ci hanno fatto cose atroci, loro ci hanno costretto a guardare mentre facevano cose atroci. Ma voi... voi siete peggio. Voi siete degli animali! Ci avete attaccati nel cuore della notte, avete triturato i nostri corpi e fatto esplodere l'area centrale! Voi siete delle bestie! Siete dei demoni! Dopo tutto quello che avevamo subito, dopo quello a cui eravamo sopravvissuti... non meritavamo un finale del genere. Nessuno lo merita. Nessuno...»

Era tutto così assurdo e incoerente.

Eva non replicò, non tentò di discolparsi, optò per il silenzio.

Dentro di lei voci sconosciute le suggerivano di non svelarsi, di recitare una parte rassicurante e remissiva, di non combattere ma di rimanere in allerta.

UMANA ∽ Una Nuova EraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora