Maturo o immaturo?

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(Parte 2 di "Sempre caro mi fu")🔴



Mattia non era maturo: era evidente. E questo era un problema.

ho paura Chri
11.43

sto morendo
11.43

E sì, stava davvero morendo.

A breve avrebbe affrontato il primo vero esame della sua vita. Quello che tutti, tutti gli studenti di Italia ricordano come uno dei momenti più intensi ed emozionanti della loro vita.

L'esame di maturità.

Che poi può davvero una giornata segnare il passaggio tra immaturo e maturo?

Mattia si sentiva immaturo fino alla radice dei capelli e alla punta dell'alluce.

Si sentiva acerbo. Non si sentiva pronto.

Ancora piangeva davanti ai cartoni animati struggenti come 'Bambi' o il 'Re Leone' e ancora gli capitava di passare ore a fissare il vuoto, perso nel suo flusso di pensieri inarrestabile.

O ancora scoppiava a ridere senza motivo, fuori contesto, nelle situazioni meno adatte. Ancora gli piaceva dare il nome a tutte le cose a cui si affezionava, o che condivideva con Christian.

Per esempio, avevano deciso - di comune accordo - di chiamare "Volpe" una piccola barchetta di carta che il moro aveva realizzato mentre chiacchierava, soprappensiero.

"Chiamiamola Volpe!"

"Perché?"

"Ma come perché? La Volpe del deserto!"

"Eh?"

"Ma sì, Chri! Il condottiero tedesco Rommel, quello che viene sconfitto a El Alamein dall'Inghilterra nel 1942!"

"Sì, ce l'avevo sulla punta della lingua..."

E sì, erano ormai mesi che Mattia attribuiva nomi inerenti a soldati, generali o poeti italiani a tutto ciò che gli passasse sotto agli occhi, però restava di base un atteggiamento estremamente infantile.

Ed immaturo.

Che poi è insito nel fanciullino, diceva Pascoli, il dare un nome alle cose, scoppiare a ridere senza motivo, commuoversi per un nonnulla.

E Mattia un fanciullino un po' ci si sentiva.

E poi c'era Christian che lo faceva sentire così piccolo, così bisognoso di protezione e lui amava ricevere le coccole dal moro, nonostante non si vedessero da settimane.

Per questo erano giorni che lo tartassava di messaggi non tanto per essere consolato, ma per sfogarsi, per ripetergli mille volte al giorno la frase "voglio morire" o - in modo più specifico - "voglio suicidarmi" per parlare poi del suicidio secondo Schopenhauer, il quale non la riteneva una via efficace per fuggire dal dolore.

Christian si era fatto più cultura in quei mesi che in anni di scuola.

Probabilmente se ci fosse stato Mattia a ripetergli i concetti ogni pomeriggio, la scuola dopotutto non l'avrebbe lasciata.

Alla fine non insegnava cose tanto male.

O magari era semplicemente innamorato della voce di Mattia tanto che avrebbe anche potuto dirgli che il DNA è una proteina e lui avrebbe comunque annuito con gli occhi pieni di ammirazione.

Christian ammirava un sacco di cose di Mattia.

Ammirava un ragazzo, un essere umano, che si era ritrovato sradicato dal suo habitat naturale: la danza, per poi essere catapultato in un luogo orribile: la scuola. La stessa scuola a causa della quale aveva dovuto studiare in modo condensato e disordinato un'infinità di discipline, sentendosi stupido, sentendosi fragile, sentendosi vulnerabile.

what the hell were we? [os zenzonelli]Donde viven las historias. Descúbrelo ahora