Sono le due passate, vedo il sole dalla finestra brillare nel suo massimo splendore.
Ho dormito tutta la mattina. Mi sveglio intorpidita e, come un flash, mi assale il ricordo del sogno che ho appena fatto. Mi manca il fiato, mentre le immagini di me stessa che brucio ritornano prepotenti nella mia mente. D'un tratto mi sembra di essere in una spirale e tutto intorno a me si mette a girare, girare, girare. Trattengo a fatica un conato di vomito.
Crollo sul materasso sporco, cercando di riprendere fiato; quando sento il rumore della porta che cigola, respiro a fondo prima di girare la testa.
Guardo Daniel venire verso di me, la sua espressione è tranquilla e mi sta sorridendo, come se fosse mio amico.
Ho voglia di ucciderlo con le mie stesse mani, ma le poche forze che ho non me lo permettono.
Distolgo lo sguardo e continuo a fissare il muro, immaginando la faccia di Daniel sbatterci contro.
Si china verso e di me, sfiorandomi involontariamente la caviglia dolorante. Ritraggo il piede dal suo tocco, stringendomi le gambe al petto.
-Come ti senti?- mi chiede, con un sorriso che potrebbe illuminare l'intera stanza, solo se non ci fosse tutto quel buio dietro quella luce.
Non rispondo e non lo guardo nemmeno. Se deve uccidermi, perché mi sta facendo aspettare così tanto?
Sono pronta, voglio morire. Perché non riesco più a sopportare tutto questo dolore, tutto quello che mi è successo mi ha frantumata, mi ha uccisa in tutti i sensi, ha spazzato via la mia anima, lasciando solo un corpo vuoto. Un corpo che non vive.
Le dita di Daniel si poggiano sul mio mento, cerco di porre resistenza quando prova ad alzarlo. Ma, ovviamente, i miei sforzi sono inutili.
Caccio via le lacrime e mi mostro forte davanti a lui. Mostro una forza che so di non avere.
-Parlami-
Lo guardo negli occhi, ma non dico una parola. Resto in silenzio, immobile e vuota mostrandomi per quella che sono in realtà adesso: distrutta. Per colpa sua. Per colpa di Briacliff. Per colpa mia.
La stanza è diventata improvvisamente calda e sento l'esigenza di allontanarmi dal ragazzo che sembra ogni secondo più vicino.
Distolgo lo sguardo e mi concentro su i rumori intorno a me, intenta ad evitarlo.
Le goccioline d'acqua scendono dal soffitto, cadendo rumorosamente sul pavimento con un tonfo. Le urla dei pazienti vengono assorbite dalle mura, rendendo il rumore poco udibile. Il mio cuore, invece, batte nel petto con prepotenza e mi chiedo se Daniel riesce a sentirlo come lo sento io.
-È ora-
La voce di Daniel è piatta, disturbando la quiete della cella. Le lacrime iniziano a solcare ininterrottamente sulle mie guance, bruciandomi dentro.
-Non piangere. Mi fai sentire in colpa, cazzo!- strilla Daniel, tirandosi le ciocche di capelli nere che gli finiscono insistentemente sulla fronte.
Ma non riesco a smettere di piangere. Non riesco a fermare le lacrime che si stanno formando ancora agli angoli dei miei occhi.
Daniel mi prende sgarbatamente dal braccio e mi fa voltare, inserendo subito dopo le manette che mi fanno gemere per il dolore.
Mi tiene stretta accanto a lui, evitando che possa in qualche modo scappare. Ci avrei anche provato se lui non avesse una morsa così stretta intorno al mio braccio.
Quando siamo fuori riesco di nuovo a respirare. Sono rimasta chiusa lì dentro per troppo tempo, avevo quasi dimenticato cosa si sentiva a respirare aria "pulita".
Le lampadine sopra le nostre teste illuminano debolmente il corridoio insufficientemente largo davanti a noi. Seguo con gli occhi il susseguirsi del tremolio delle luci, mentre memorizzo nella mia mente questo tragitto. L'ultimo che avrei mai fatto; quello che mi porterà alla morte.
Sto davvero per dire addio a tutto quello il mondo può offrirmi fuori da questo posto? Sto davvero abbandonando la speranza? Sto davvero accettando la mia morte?
Mi ritraggo dalla presa di Daniel appena scruto una suora passare davanti a noi. Inizio ad urlare e scalciare ed appena riesco a liberarmi dalla presa di Daniel mi dirigo verso la suora che, alla mia vista, fa qualche passo indietro.
-Per favore, deve aiutarmi!- Daniel mi afferra, ma continuo a parlare. -Vuole uccidermi! Aiutami, per favore! Vuole bruciarmi!- piango, disperata.
La speranza che avevo fino a qualche secondo fa spariscono quando vedo la suora andare via, con uno sguardo di disapprovazione sul viso. Disapprovazione verso di me, non verso l'uomo che sta per uccidermi per colmare il profondo vuoto di vendetta che sente verso Tate, il ragazzo che sfortunatamente sono condannata ad amare.
Perché se non mi fossi innamorata di lui, tutto questo non sarebbe mai successo.
Ma, adesso, se provo a immaginare una vita dove lui non c'è smetto completamente di respirare. Ho bisogno di lui, tutto il mio corpo e la mia anima lo pretendono. Non posso farcela, è una condanna.
È questa la punizione per i miei peccati.
La mia morte, invece, sarà la punizione di Tate.
Daniel, si guarda intorno, e quando vede che ci siamo solo io e lui, mi sbatte violentemente al muro facendomi piangere per lo spavento.
-Non provarci mai più, o prima di ucciderti subirai così tante torture che il fuoco a confronto sarà una passeggiata- mi minaccia, assottigliando gli occhi.
Annuisco freneticamente, deglutendo la saliva che è mi rimasta intrappolata in gola.
Continuiamo a camminare e questa volta non dico nulla quando un'altra suora ci passa accanto.
Dopo qualche minuto Daniel si ferma improvvisamente, facendomi voltare. Si guarda intorno prima di estrarre una chiave d'argento dalle tasche del camicie da infermiere. La mia curiosità viene sostituita dal terrore quando la porta, dopo qualche spinta, si apre.
L'odore di muffa mi entra nelle narici, facendomi rivoltare lo stomaco per il disgusto. È tutto buio quando entriamo. Daniel mi lascia il braccio per raccogliere una candela a terra che prima, per colpa del buio, non ero riuscita a notare. Estrae un fiammifero e penso che sta per uccidermi: qui, adesso, su questo pavimento. Ma sospiro quando accende la candela e in un attimo la stanza si illumina. Davanti a me si presenta un altro corridoio, che per l'assenza di luce, non riesco a scorgerne la fine.
A destra e a sinistra si susseguono una decina di porte chiuse a chiave. Non si sente niente e il silenzio inizia a mettermi ansia.
Ascolto il rumore dei nostri passi per distrarmi dal brutto presentimento che sento.
Non posso evitare di chiedermi cosa ne sarà di me da ora in poi. Aspettare la morte, è una sensazione ancora peggiore della morte stessa.
Infine un rumore mi fa sobbalzare. Sento un frastuono provocato dalle stecche d'acciaio che strusciano l'un l'altro.
Dopo qualche passo sento il mio corpo cedere, e Daniel deve tenermi per non cadere a terra.
La vista che ho davanti riesce in qualche modo a donarmi speranza, mi sta sollevando dal buio in cui sono precipitata.
Quando gli occhi di Tate si incontrano con i miei, riesco a sentire il suo respiro fermarsi. Crolla a terra dietro le sbarre d'acciaio, mentre continua a fissarmi.
Le lacrime scendono e non riesco a trovare un modo per fermarle.
-Arianne- sussurra Tate, facendo tremare il labbro inferiore.
L'unica cosa che voglio è correre da lui, stringerlo e toccarlo come per avere la conferma che lui è davvero davanti a me, che non è solo un illusione.
Sbatto le palpebre e lui è ancora lì.
Adesso sono pronta a morire.
Dopo averlo guardato per l'ultima volta sono pronta.
-Che scena commovente- applaude Daniel lasciandomi finalmente le braccia.
Io corro verso Tate e mi appoggio alle sbarre, cercando in qualche modo di avere un contatto fisico con lui.
Non stiamo ascoltando quello che Daniel sta dicendo, l'unica cosa che voglio è guardarlo. Guardare quel viso angelico che dietro quella maschera nasconde così tanto odio, ma anche così tanto amore verso di me.
Urlo leggermente quando Daniel mi tira verso di lui, sorride mentre mi stringe le braccia intorno al collo per tenermi ferma.
-Lasciala, cazzo!- Urla Tate sovrastando il rumore delle sbarre che si muovono.
Daniel ride, e vedo follia pura nei suoi occhi. -Ho aspettato così tanto, voglio sentirti supplicare Tate... Supplicami-
-Per favore, lasciala andare. Se non vuoi farlo per me, fallo per lei- sussurra fissandomi negli occhi. -Ti supplico- aggiunge subito dopo con un filo di voce.
-Sbagliato- dice, divertito. -È questo il punto: le tue suppliche non mi fanno cambiare idea.- scrolla le spalle e mi fa inginocchiare.
-È così bella, è davvero un peccato-
Mi accarezza la guancia con le dita, percorrendo il profilo del naso e delle labbra serrate. Un gemito di pianto fuoriesce, quando le socchiudo leggermente.
Tate non guarda Daniel ma continua a guardare me. Il modo in cui stringe le sbarre con le mani mi fa capire che è profondamente arrabbiato.
-Non avresti dovuto uccidere la mia amata-
Tate sembra svegliarsi dallo shock momentaneo in cui era caduto. Sbatte le mani al muro appoggiandosi ad esso con entrambe le braccia.
-Perché non vuoi capirlo?- urla, arrabbiato. Stringendo nuovamente le sbarre. -Sei stato tu ad ucciderla, non io- aggiunge alzando le labbra in un sorriso tirato.
Daniel si gela sul posto, e rimane nella stessa posizione per qualche secondo.
Infine mi spinge, facendomi toccare il pavimento con il petto.
Si avvicina a Tate, e in qualche modo riesce ad afferrarlo. Si avvicina al suo viso e ho paura di quello che sta per succedere.
-Smettila di dire cazzate- sibila aumentando la presa sul colletto della maglia. -Perché avrei mai dovuta ucciderla!-
Urla e spinge Tate verso le sbarre, facendolo sbattere il volto contro le assi fredde.
-Non lo so. Perché io ho ucciso Nassy Bussel? Perché tu stai per uccidere lei?- sorride Tate, e mi mette i brividi.Felicity cercava di farsi spazio tra le fiamme, provando un modo per scappare dal fuoco che la stava circondando pian piano. Iniziò a tossire, mentre la cenere si insinuò nelle sue narici. Non vide più nulla, il fuoco ormai l'aveva circondata. Si tirò indietro, issandosi su un materasso. Si portò le gambe al petto e finalmente smise di piangere, non aveva più la forza per farlo. Nelle fiamme intravide un uomo farsi avanti, lo stesso uomo che aveva deciso di ucciderla così.
Lo stesso uomo che aveva amato così tanto, ma che non riusciva più a sopportare.
-D-daniel- sussurrò tra le fiamme, prima che il fuoco iniziasse a bruciarle ogni lembo di pelle.
Prima che bruciasse la sua anima sotto lo sguardo di Daniel che nel frattempo continuava a piangere.
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Storm.
FanfictionThe guy without a soul. "Ed in quel momento realizzo finalmente dove sono; mi hanno mandata in un manicomio, insieme ad altri pazzi come me. Perché non accettare la pazzia, significa già esserlo." In un ospedale psichiatrico del 1960, Arianne, accu...