Epilogo

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Jay

Eva all'inizio di questo viaggio ha detto che la sua storia si sarebbe intrecciata a quella di un'altra persona.

Ebbene, quella persona, sono io.

Ho tanti difetti e molte paure ha affermato parlando di sé, eppure questa definizione, lo sappiamo bene tutti quanti, potrebbe essere facilmente estesa anche a me e, forse, anche a voi che mi state leggendo.

Di difetti ve ne ho mostrati tanti, non lo nego, di paure forse meno, ma solo chi sa leggere tra le righe è stato capace davvero di capire quale animo si nasconda dietro la corazza forzuta di spilungone che mi porto appresso.

Ho avuto paura che non avrei mai dimenticato ciò che avevo visto quel due giugno mentre il mio migliore amico moriva a qualche passo da me, inghiottito dall'acqua insieme ad ogni mia speranza di felicità, e vi confesso che il mio timore era assolutamente fondato. Non c'è stato neppure un istante della mia vita in cui io abbia smesso di rivivere quegli attimi.

Ho avuto paura che non avrei mai smesso di bere per affogare i miei demoni interiori, per spingerli negli abissi lontani del mio cuore, proprio come era successo al corpo di Max. Ancora una volta, quello che pensavo, si è rivelato vero. L'alcool continuerà, fino alla fine dei miei giorni, a essere un luogo in cui rifugiarmi, con l'unica differenza però, che, con il tempo, ho imparato a non restare mai ancorato in quel posto, passandoci soltanto rapidamente per poi tornare a casa.

Ho avuto paura che non avrei mai amato nessuna donna. Un po' perché odiando me stesso non facevo altro che riflettere su ogni essere femminile proprio quel sentimento negativo e un po' perché in tutte le mie fidanzate o nelle ragazze che mi portavo a letto non facevo altro che cercare mia madre. Questo forse non lo avete percepito ma, esattamente come Eva era tormentata dall'immagine della sua, io non facevo altro che agire per rendere orgogliosa e al tempo stesso delusa la mia. Beth era una ragazza che mia madre amava, l'avrebbe approvata senza riserve se io gliel'avessi chiesto, ed è proprio per questa ragione che l'ho distrutta. È come se attraverso di lei io abbia potuto ferire Rose. Non pensavo quindi che sarei mai stato in grado di amare al di sopra di me stesso; di provare un sentimento che lottasse con ogni impedimento; di scegliere una donna che come me era ed è ancora oggi dilaniata dal dolore. Eppure, è stato così.

Io ed Eva ci siamo trovati per caso. All'inizio era davvero tutto frutto di un interesse legato a una ripicca, ma poi, quando l'ho conosciuta e ci siamo confrontati, un'immensa spirale mi ha inghiottito. Sono stato catapultato in un mondo fatto soltanto di lunghi capelli rossi e occhi color smeraldo, laddove si è creata una fusione perfetta di mare in tempesta e montagna boscosa.

Ci siamo feriti a vicenda più di una volta. Ci siamo ammalati ancora di più nel corso della nostra storia, per guarire e poi ricadere nello stesso burrone.

Non credete che sia andata in maniera diversa tra noi quando ci siamo rincontrati adulti nove anni dopo.

Ci abbiamo provato con tutti noi stessi, ma non sempre siamo stati capaci di venirci incontro. Molto spesso le mie dipendenze sono venute prima di lei, così come i suoi timori hanno scavalcato la necessità di starmi accanto.

Ci siamo fatti del male tante altre volte.

Abbiamo versato fiumi di lacrime l'uno per l'altro.

Avremmo voluto strapparci la pelle a vicenda in tante di quelle occasioni che non basterebbe un altro libro per raccontarvelo. Eppure, però, nella maggior parte delle occasioni, pur essendoci allontanati, siamo sempre tornati, attratti l'uno dall'altro come due calamite. Ci siamo parlati tante volte; ci siamo confrontati sugli argomenti più disparati; abbiamo fatto un milione di volte l'amore per riparare ai torti subiti, fino a creare dei solchi sulla parete accanto al letto che potesse rappresentare un memorandum di tutte le difficoltà che avevamo scelto consapevolmente di superare ancora una volta insieme.

Siamo tornati nelle nostre nazioni più di una volta, convinti che quello sarebbe stato l'ultimo viaggio verso l'altro anche se poi, fortunatamente, non è mai stato così.

Non ricordo più in quale occasione mi sono chiesto se un cuore rotto potesse ripararne un altro spezzato e in verità la risposta ve l'abbiamo già fornita, ma ci tengo più di ogni altra cosa che vi sia chiaro. 

La risposta a questa domanda rimarrà infatti sempre e comunque NO.

È solo quando noi stessi decidiamo di accettarci con le nostre crepe che gli altri potranno vedere la bellezza che c'è attraverso. Nessuno potrà mai ripararle, ma esse potranno essere trasformate in opere d'arte.

Perché in fondo, ricordate sempre che ognuno di noi possiede quell'arte di essere arte che io stesso ho visto per la prima volta soltanto nelle iridi della mia Ophelia. Qualcuno che sarà in grado di vederlo in voi un giorno arriverà, ma se ciò non dovesse accadere, sarà lo specchio a mostrarvelo.

Perché alla fine della storia, tutti i difetti, tutte le paure di cui Eva aveva tanto timore, altro non sono che ciò che più di tutto la rende un'opera d'arte. Ed è quello che più vi caratterizza, in positivo o in negativo, a fare di voi un quadro da incorniciare e ammirare.

Vi auguro questo,

chiunque intraveda quella scintilla in voi,

l'amato o voi stessi,

ricordatevelo sempre,

VOI SIETE ARTE.

***

«Signor Cook, può entrare adesso» stringo una matita tra i denti mentre appunto alcuni pensieri sul mio taccuino. Un giorno tutto questo sarà trasformato in frasi stampate su carta bianca, ne sono certo, ma ora non è il momento di continuare a dare sfogo alle mie idee, c'è qualcosa di molto più importante da fare.

Mi alzo seguendola attraverso una porta a ventola. Percorro un lungo corridoio fino a raggiungere la stanza 214.

Gin esce prima che io entri, sorridendo.

Mi dà una pacca sulla spalla, riuscendo a stento a trattenere l'emozione.

Non mi dice altro, facendosi semplicemente da parte.

Una grande vetrata illumina la camera.

Un raggio di luce fortissimo squarcia il suo volto stanco e provato.

I capelli sono appiccicati alla fronte, le occhiaie marcate e il respiro pesante.

Attaccata al suo seno, dorme un minuscolo esserino.

Eva vorrebbe tanto riposare, è sfinita come non mai, ma al tempo stesso non è stata mai così bella.

«Come la volete chiamare?» sbuca alle mie spalle una dottoressa, impegnata a strofinarsi le mani quasi a volerle consumare.

Io la guardo, aspettando che sia lei a decidere.

Lei fa lo stesso, rivolgendomi la medesima occhiata come se fossimo l'uno lo specchio dell'altro.

«Gioia?» le domando sicuro che questa sia di gran lunga la scelta migliore.

«Joy» risponde con un filo di voce «Joy Ophelia Cook» afferma più risoluta.

Le sorrido annuendo.

Fine🌹.

Spazio autrice:

Questo è il momento giusto per farmi sapere cosa ne pensate, ne ho bisogno🥀❤️.

Se non volete farlo qui, vi aspetto su Instagram, come sempre condividerò il link per le domande in anonimo.

Se vi va andate avanti, vi aspettano i miei ringraziamenti.

PS. Sorpresina... Scorrete un po' che alla fine troverete un bel capitolo extra❤️

The Art Of Being ArtWhere stories live. Discover now