Capitolo 10 - La sera prima dei Giochi

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Apro la porta della mia stanza con rabbia e la richiudo dietro di me sbattendola con forza

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Apro la porta della mia stanza con rabbia e la richiudo dietro di me sbattendola con forza.
Non me ne frega nulla, che mi sentano tutti. Ho bisogno di sfogarmi in qualche modo.
Mi butto a letto ancora col vestito dell'intervista addosso e scoppio a piangere.
L'insieme di tutte le tensioni di questi giorni esplodono in un colpo solo e io non trovo la forza per fermarle. E non le voglio fermare.
È tutto troppo ed è tutto incontrollabile.
Sono abituata ad avere il controllo totale sulla mia vita, ma da quando mi sono offerta volontaria agli Hunger Games sembra che il destino abbia preso le redini e si sia dimostrato incapace di guidare.
Mi preparo agli Hunger Games da quando ho quattro anni. Ho sofferto e ho faticato per arrivare fino a qui. Ora che ci sono, che ce l'ho fatta, sto per perdere il ragazzo che amo in quell'Arena, senza poter dire né fare nulla; mentre una scapestrata dall'ultimo dei distretti non solo ufficializza davanti a tutta Panem i suoi sentimenti per il compagno di distretto, ma utilizza ciò come arma per fare audience.
Era tutto macchinato, dal tenersi per mano alla sfilata, al vestirsi uguali in palestra; dal condividere ogni postazione in allenamento, al mangiare da soli in mensa. È stato tutto progettato fin dall'inizio dal loro mentore e questa tattica potrebbe addirittura portarli alla vittoria senza aver sudato nemmeno un anno per prepararsi a tutto questo.
Li odio. Odio il Distretto 12, il loro mentore e soprattutto lei, Katniss Everdeen. La Ragazza di Fuoco. Suona ridicolo solo a pensarlo questo appellativo. La fa sembrare speciale, ma non lo è, ha solo avuto la fortuna di avere le persone giuste attorno a se.
E per questo la odio ancora di più.
Soffoco le lacrime di rabbia con il viso premuto sul cuscino, mentre mi sento sprofondare oltre il materasso.
***

Non lo sento neanche entrare.
Non bussa.
Si fa strada silenziosamente accanto a me.
Si sdraia e mi prende la mano stringendomi le dita tra le sue.
Non provo a nascondergli le lacrime, non avrebbe senso.
Cato sta in silenzio per alcuni minuti ascoltandomi piangere. Poi si gira e comincia ad asciugarmi delicatamente le guance bagnate. È strano come le sue mani forti, da cui di solito scaturisce violenza, riescano ad essere anche così delicate.
Io cerco di calmarmi e di smettere di fare la bambina come dice sempre lui, anche se in questo momento non sembra dargli fastidio.
Mi tiro su a sedere e lo guardo negli occhi. Vorrei dirgli così tante cose in quest'ultima sera, prima di diventare soltanto un ostacolo verso la sua Vittoria.
Ma non trovo le parole.
Evidentemente nemmeno lui le trova perché si china lentamente verso di me e preme semplicemente le sue labbra sulle mie. Io le dischiudo e gli permetto di esplorare la mia bocca mentre lui mi accoglie nella sua. Sento il suo sapore avvolgermi e mescolarsi col mio.
Le dite di Cato mi stringono i fianchi da far male. Si tiene aggrappato a me come se potessi scomparire da un momento all'altro.
È un bacio umido e triste. Siamo tutti e due in preda al panico per i prossimi giorni, tra noi non possiamo nasconderlo.
Poi lui mi prende per mano e mi fa alzare.
- Si potrebbe avere della musica per ballare?
Sussurra a un microfono nella parete. È un po' bizzarra come richiesta, ma non credo gliela negheranno come ultimo desiderio.
Inarco un sopracciglio per chiedergli una spiegazione.
- Ho sempre voluto chiederti di ballare con me al Rinfresco. Ma mi vergognavo.
Mi devo ancora abituare a queste confessioni così lontane dal Cato che credevo di conoscere prima. Si sta togliendo l'armatura, piano piano, e io sto imparando a conoscere un'altra versione di lui, che sto scoprendo di amare ancora di più.
- E io ho sempre desiderato che tu me lo chiedessi.
Gli rivelo io, riuscendo per la prima volta a non arrossire.
Lui si schiarisce la gola e porta una mano dietro alla schiena. L'altra la porge a me e fa un piccolo inchino.
- Principessa, mi concede questo ballo?
Faccio finta di pensarci su per un istante, poi metto la mia mano nella sua e accetto l'invito.
Parte un valzer dai microfoni, accontentando il nostro ultimo desiderio, e noi cominciamo a volteggiare per tutta la stanza, stretti l'uno all'altra. Lo sento mentre mi sostiene e mi protegge con le sue braccia forti, gli occhi fissi sui miei. Non distogliamo mai lo sguardo l'uno dall'altra come se altrimenti potessimo perderci. Lui è il mio rifugio e io il suo. Finchè saremo insieme non ci potrà accadere niente di male.

Distretto 2: CloveWhere stories live. Discover now