Capitolo 29

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Sua madre si trovava davanti alla porta del locale. Il suo viso non era cambiato di una virgola, e Jimin poteva facilmente riconoscerla anche dalla piccola cicatrice accanto al suo occhio.

Erano passati anni, e allo stesso tempo, era sorpreso di rincontrarla, quando non avrebbe mai più voluto rivederla.

Il suo cuore sembrava chiuso alle emozioni. Il passato continuava a regalargli, quello strano effetto di cui ormai era a conoscenza.

Non riusciva però ancora a controllarlo, a metterlo da parte, a chiuderlo in un cassetto e dimenticarne la chiave.

Per lui era un passo davvero difficile, nonostante non si sentisse più solo come una volta.

Si chinò per terra, per raccogliere ciò che aveva distrutto, cercando in tutti modi di non guardarla negli occhi.

Se lo avesse fatto, quella scena si sarebbe presentata davanti a lui, come nei sogni, in cui le cicatrici che ti trascini dietro, ti fanno più male della realtà.

La donna però iniziò a sorridere, e quel sorriso a Jimin ricordava l'infanzia, calda, rassicurante, dove l'amore sembrava regnare.

Chiamò il suo nome, con felicità, e tutto ciò strinse il cuore del ragazzo, che tratteneva le lacrime per non dimostrare, che alla fine, nonostante la rabbia nei suoi confronti, era davvero contento che fosse ritornata da lui.

Sua madre lo abbracciò con forza, iniziando a piangere di gioia. Ma jimin rimase fermo, immobile, a tutto ciò che stava succedendo.

"Figlio mio! Sono così contenta che tu sia vivo" disse, accarezzandogli il viso.

Il ragazzo, prese le mani della madre stringendole a sè, e spostandole dal suo volto.

Si girò, dirigendosi nel magazzino, per poi chiudersi a chiave, lasciando tutti perplessi in quella stanza.

Iniziò a piangere in solitudine, con la testa contro il muro, e i pensieri che non tardavano a ritornare.

Jimin non sapeva come comportarsi. Quella donna non gli aveva fatto niente, in confronto a ciò che aveva fatto suo padre, ma allo stesso tempo, era rimasta immobile senza nemmeno aiutarlo, quando aveva proprio bisogno di lei.

Il ragazzo diede un calcio agli scatoloni presenti, usandoli come mezzo di sfogo, e sperando, che cancellassero tutto il suo dolore.

Uno dei suoi più grandi difetti era quello di essere sempre stato buono con tutti, anche con i ragazzini invidiosi che cercavano di fargli abbassare l'autostima.

Si sentiva stupido, perché il suo cuore era diviso a metà. Voleva perdonarla, ma provava odio nei suoi confronti, nonostante l'affetto che sempre verso una madre, un ragazzo può possedere.

In quel momento però, Alfred chiese a Jimin di aprirgli la porta. Così, il ragazzo infranto, decise di farlo entrare.

Si fiondò tra le sue braccia, e continuò a piangere. Il vecchio gli sorrise, e gli fece segno di sedersi.

"Posso comprendere quanto dolore tu stia ricevendo, proprio perché non hai nemmeno detto una parola in sua presenza. Però, tuttavia, non trascorrere le tue giornate nella costruzione di un monumento in onore della sofferenza. Ma, esci da questa stanza e ascolta cosa ha da dirti tua madre. Perdonala, e non perché lei merita effettivamente il perdono, ma perché tu meriti la pace." disse, con aria confortante che fece sorridere Jimin, e che lo spronò ad alzarsi da quella sedia.

Alfred, era il genitore che Jimin avrebbe sempre voluto avere realmente. Non poteva più sentirsi fortunato, ringraziando la vita per avergli donato un tale tesoro in tutta quella tristezza.

[flashback]

Jimin non sapeva dove si trovava, la testa gli faceva male, e gli occhi stentavano ad aprirsi.

Poteva solo osservare il cielo blu, e i fiocchi di neve che cadevano da esso.

Gli sembrava di aver vissuto una scena identica, ma i suoi ricordi sembravano scomparsi.

Era sdraiato per terra, riuscendo a scorgere attraverso i lineamenti della sua mano una piccola scia di luce, che la luna emanava in quelle giornate d'inverno.

Non ricordava molto di tutto ciò che fosse accaduto, sapeva soltanto che faceva freddo, e che il suo pigiama non era per nulla adatto a quel clima.

Voleva muoversi, alzarsi, e cercare di sopravvivere, ma aveva perso ogni tipo di forza.

Proprio in quel momento, intravide una figura dinanzi a lui. Non riusciva a vedere perfettamente, ma ogni cosa pareva sfocata.

Colore nero, e niente più che potesse osservare.

I suoi occhi però si chiusero di nuovo, ritornando in un sonno profondo.

Si risvegliò, quando il cielo era diventato bianco, e il freddo sembrava più sopportabile.

Infatti, era su un letto caldo, in una piccola stanza ordinata e abbastanza confortevole.

Gli girava ancora la testa, non riuscendo a respirare perfettamente, ma adesso i suoi occhi sembravano di nuovo poter vedere.

Un uomo entrò nella stanza, con medicinali e quantità di cibo su un piccolo vassoio.

In quei giorni, aveva solo potuto osservare il cibo attraverso le vetrine dei supermercati.

Il suo stomaco iniziò a brontolare.

Non gli diede nemmeno il tempo di entrare, che mangiò velocemente tutto ciò che era presente.

"Ehi ragazzino, la tua pancia ti farà male se continuerai in questo modo." disse con dolcezza.

"C-chi s-sei?"

Non parlava da così tanti giorni, che la sua voce si era racchiusa nella sua sofferenza.

"Sono un povero vecchio, che vuole aiutarti."

Jimin sembrava sorpreso, nessuno si era interessato a lui mentre vagava per le strade, e nemmeno nella vita reale, se non Taehyung e Jungkook.

"Vuoi chiamare i tuoi genitori? Così smetteranno di preoccuparsi, non credi?"

Genitori. Non conosceva più ormai il significato di quella parola.

"Non ho dei genitori" disse, guardando un punto preciso del soffitto.

"Oh. Mi dispiace, non volev-"

"In realtà esistono, ma sono stati loro a ridurmi così" disse, chiedendosi se potesse davvero fidarsi di una persona sconosciuta.

"Oh ragazzo, non voglio che tu faccia ritornare i demoni del passato nel presente. D'ora in poi ti aiuterò io"

"Come si chiama?"

"Sono Alfred, gestisco il locale accanto a questa casa. Ti farò lavorare lì con me, così guadagnerai qualcosa di più e potrai rincominciare. Devi solo fidarti di me."

Jimin non credeva nell'esistenza degli angeli custodi, ma in quel momento, sembrava proprio che avesse fatto conoscenza con uno di loro.

[fine flashback]

193 || yoonmin Where stories live. Discover now