Capitolo 9

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♠︎ Thomas Walker

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Thomas Walker

Colpisco un'altra volta il sacco da boxe e l'adrenalina mischiata al dolore che provo per le ferite sulle nocche mi fanno sentire vivo.

Manca sempre di meno all'incontro, e per quanto io sia consapevole delle mie capacità ho paura di fallire e deludere tutti, specialmente mio padre. Se vinco avró i miei 200.000 dollari e potrò pagare tutti i debiti di mio fratello.

Solo allora potrò dire di aver fatto qualcosa.

«Dici che ho esagerato?» Chiede James e mi giro di profilo per lanciargli un'occhiata di sottecchi. Mi guarda con un mezzo sorriso sul volto ma con gli occhi chiari pieni di rimorso.

È seduto su una panca di ferro con una bottiglia di Jack Daniel's mezza vuota in una mano e con i cappelli scompigliati per via della doccia che si è fatto soltanto qualche minuto fa.

«Mh.» Mormoro e lancio per terra l'asciugamano bianco che avevo attorno al collo per asciugarmi il sudore durante l'allenamento.

Mi siedo affianco a lui e afferro la bottiglia, portandomela alle labbra e facendo un sorso.

«Lei non ha colpe. Entrambi siete in un casino più grande di voi e prendendotela con lei non risolvi niente.» Dico dopo aver mandato giu l'alcool che mi da un piacere momentaneo.

Per quanto Amelia Climford non me la racconti giusta so che soffre tanto quanto il mio migliore amico per la scelta dei loro genitori.

Uomini all'antica che pur di assicurarsi fama e soldi per il resto della loro vita immischiano i loro figli, costringendoli a rapporti forzati.

Ieri alle giostre James non ha più resistito, e preso dalla rabbia ha sclerato addosso ad Amelia, che non capiva il perché. Ma non so per bene le dinamiche, in quanto ero impegnato a salvare la mia cara Porche da lei.

Era pieno di giornalisti per Halloween, e credo che qualcuno ci abbia scattato una foto mentre mi tirava uno schiaffo. Ho sentito un click e dei flash e mi sono fatto fotografare mentre lei era nel torto, o meglio, agli occhi degli altri lo era.

Mi lecco il labbro inferiore, sentento il dolce sapore del Whisky, per trattenere un sorriso.

«Dovrei chiederle scusa?» La voce di James mi fa tornare con i piedi per terra e per poco non mi strozzo con la mia stessa saliva. Non credo di aver sentito bene queste parole uscire da lui.

Gli lancio un'occhiata con la coda dell'occhio e lo vedo buttare la testa all'indietro, fino ad appoggiarsi completamente al muro bianco.

«Tu che chiedi scusa?» Mormoro e mi riporto la canna della bottiglia alle labbra. Ingoio e mi becco una sua occhiataccia per ciò che ho detto.

In tutta la nostra amicizia gli avró sentito dire questa frase forse tre volte, e soltanto per sua madre. E c'è da dire che lo conosco da anni.

DépendanceWhere stories live. Discover now