PARTE 1: INIZI

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Mi chiamo Federica ma tutti mi chiamano "Fede", tutti tranne la mia matrigna, con la quale purtroppo vivo ancora oggi all'età di 23 anni.

Constance, questo il suo nome, un'odiosa inglesina quarantenne. 

I miei genitori divorziarono quando avevo 13 anni, ma mio padre frequentava già Constance da un annetto, l'aveva conosciuta durante una vacanza a Londra. Lei viveva appena fuori Alessandria, a pochi km da noi, dove lavorava come insegnante di inglese in un liceo che poi avrei frequentato. Dopo la vacanza iniziarono a vedersi di nascosto e quando mia madre lo scoprì decise di separarsi ed ottenne il mio affidamento. Passavo un weekend al mese con mio padre e la sua nuova compagna la quale, non nascose mai la sua antipatia nei miei confronti.

Un giorno d'inverno di quello stesso anno i miei genitori si videro per delle questioni burocratiche. Presero un taxi insieme per rincasare e sfortunatamente ebbero un incidente. Se ne andarono entrambi ed io venni affidata a Constance. All'inizio si oppose, ma per avere diritto ai beni di mio padre dovette accollarsi la mia presenza. 

Fin da subito fu chiaro che l'unico motivo per cui ero lì non aveva nulla a che fare con  la sua benevolenza nei miei confronti. Casa sua, regole sue e me le avrebbe fatte rispettare a son di sberloni. Parole che a quel tempo mi fecero balzare il cuore in gola dalla paura ma che non avrei mai immaginato sarebbero state prese alla lettera ed osservate ancora oggi.

Ci volle un po' ma fu inevitabile trasformare le parole in fatti.

Constance non mi trattava male. Non mi faceva mancare niente: acquistava per me beni e vestiti di gran gusto e molto costosi, mangiavamo spesso fuori e cucinava per me (un'ottima cuoca). Se mi serviva qualcosa non mancava di procurarmelo e si assicurava che avessi tutti i comfort. 

Da parte mia, lei si aspettava che ottenessi ottimi voti a scuola, esibire un comportamento impeccabile con una condotta consona ad una signorina in pubblico, rispetto delle regole della casa e soprattutto verso di lei. Condizioni che mi sarebbero state inculcate, come disse fin dal primo giorno, a forza di ceffoni e sculacciate. Lei la chiamava "educazione inglese".

Il primo anno a casa sua non fu difficile. Elaborai il mio lutto, riuscii a passare la terza media e seppur con qualche rimprovero e manrovescio mi adattai alla vita nella casa di Constance.

Finita la scuola media compii 14 anni e da lì le cose iniziarono a cambiare. 

La prima vera punizione fu per non averle obbedito. Accadde una sera d'estate. Mi chiamò per cena ma mi attardai in camera al PC perdendo la cognizione del tempo. Quando uscii dalla mia stanza la vidi in piedi all'entrata della cucina ed appena le arrivai davanti mi mollò due ceffoni che mi fecero lacrimare gli occhi.

"Quando ti chiamo per la cena mi aspetto che tu venga e non che arrivi dopo venti minuti". Urlò dandomi altri due schiaffi.

Io mi scusai piangendo, cercando di spiegare l'accaduto ma questo sembrò irritarla ancora di più. Mi prese per un braccio e mi trascino fino al divano. Si sedette e mi tirò a sè.

"Ora ti insegno come ci si comporta". Disse con quel suo accento inglese mentre mi slacciava i pantaloni e me li abbassava fino alle ginocchia.

Mi tirò nuovamente facendomi sdraiare sulle sue ginocchia ed iniziò a colpirmi il sedere con metodica precisione ed energia. Ogni colpo mi faceva sussultare e sentivo la pelle bruciare.

Rimasi in silenzio, troppo confusa da ciò che stava accadendo, ma presto quei colpi roventi divennero insopportabili ed iniziai a piangere. Singhiozzando la pregai di smettere.

"Se non vuoi che accada più impara a seguire le regole, signorina".

 Questa fu la risposta che ottenni invece della tregua.

Continuava un colpo dopo l'altro sempre con la stessa cadenza ed intensità, al che non resistetti e mi lasciai andare.

"Ti prego Constance, basta! Non ne posso più. Scusami". Iniziai con un filo di voce rotta dal pianto, ma terminai quasi gridando dimenando le gambe.

SCIAK SCIAK SCIAK SCIAK… Andò avanti incurante delle mie suppliche ancora per un po' prima di smettere.

Portai le mani alle natiche, erano roventi.

"Ora siediti a tavola e mangia prima che venga tutto freddo".

 Mi tirò su indicando la tavola mentre mi asciugavo le lacrime con una mano e massaggiavo il sedere con l'altra. Stare seduta a tavola fu molto difficile e la fame mi era passata del tutto. Però non osai fiatare e resistetti mangiando tutto secondo le buone regole del galateo, non avrei certo potuto fare di meno.

La mattina dopo ero nuovamente presa dal mio buonumore e mi ero già lasciata alle spalle ciò che era accaduto la sera prima, anche se avevo capito cosa mi aspettava in caso avessi combinato guai.

Constance si comportò come faceva di solito ed anche lei non sembrava intaccata dai fatti della sera prima. Non sapevo se esserne contenta o preoccuparmi del fatto che per lei non sembrava essere un qualcosa di cui preoccuparsi e discutere. 

Infatti non fu certo un caso isolato, ma l'inizio di quella che sarebbe diventata la quotidianità.

Da quella volta non passò giorno senza che la mia matrigna correggesse ogni mio errore, mancanza o colpa impartendomi punizioni più o meno severe a seconda del caso. Che fossero sberle, sculacciate (con vestiti o senza dipendeva dalla gravità) oppure entrambe le cose, trovava sempre una motivazione per darmele. Talvolta episodi sporadici e di poco conto, altre volte invece più memorabili.

Alcune per un motivo o per l'altro rimarranno sempre nei miei ricordi.

La prima cosa che imparai fu di camminare a testa bassa quando ero nel portone o in ascensore. Le nostre "discussioni" evidentemente venivano udite dai vicini quando diventavano più accese.

"La signorina ieri l'ha fatta arrabbiare?". Chiese sarcastica la vicina di pianerottolo.

"Si, ieri sera la signorina s'è presa una bella sculacciata per avermi disobbedito". Constance quasi con fierezza espose il fatto alla donna.

Io ero allibita ed avvampai dalla vergogna.

"Queste ragazzine monelle..".

La vicina non mancava mai di commentare con frasi inequivoche ogni qual volta ci incontrava nelle scale il giorno dopo qualche serata "accesa" e Constance si prodigava nell'esporre gli avvenimenti. Tutto questo ad alta voce nella tromba delle scale in mia presenza ed ancor peggio, in presenza di altri condomini che salivano o scendevano ai piani e sentivano tutto!

Una volta, stavamo rincasando dal supermercato. Mentre eravamo al negozio mi scappo una parolaccia quando, davanti allo scaffale dei giornali e riviste, mi accorsi di aver perso un numero del mio magazine preferito.

La cosa non sfuggì a Constance che impettita mi fece notare la mia infrazione al codice di buona condotta in pubblico.

Arrivati nel portone cominciò a promettermi punizioni esemplari. Il problema fu che prendemmo l'ascensore ed all'interno c'era una donna con suo figlio, più o meno della mia età. Constance nonostante la loro presenza continuò la sua ramanzina rimarcando il fatto che oltre alle sculacciate avrebbe usato anche la cintura.

Ero paonazza in volto e con le lacrime agli occhi, soprattutto quando sentii la mezza risatina del ragazzo. Avrei voluto sprofondare.

Dopo poco tempo il mio arrivo nel palazzo ormai era risaputo che Federica le prendeva di santa ragione. Io non riuscivo a nascondere il mio imbarazzo quando ero con Constance nelle scale o in ascensore e veniva fuori l'argomento oppure se ero sola ed incrociavo qualche vicino. Soprattutto qualche ragazzo o ragazza che sicuramente mi conosceva per fama. Tenevo sempre lo sguardo basso e mi sembrava sempre di sentirli ridacchiare quando ci si incontrava.

Per una adolescente era qualcosa di mortificante...figurarsi ora a 23 anni.

Comunque, oltre a questa umiliazione me ne capitarono alcune  davvero impossibili da dimenticare.

Matrigna IngleseWhere stories live. Discover now