PARTE 12: ROUTINE

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Non vidi ne sentii Stefania per una settimana. Si mise in malattia dal lavoro e non rispose alle mie chiamate ne ai messaggi. Doveva essere molto risentita per ciò che era accaduto e potevo certo capirla. Decisi di fare passare un po' di acqua sotto i ponti ed attendere il suo rientro a lavoro per parlarle.

Le giornate, comunque, passavano abbastanza tranquille. Dopo un inizio dell'anno molto burrascoso stavo finalmente passando qualche giornata più distesa e senza problemi, se non fosse stato per il pensiero di preoccupazione rivolto alla mia amica.

Constance era allegra e persino più clemente verso alcune mie mancanze. Una sera, ad esempio, dimenticai di ritirare dei panni stesi che si bagnarono a causa di una pioggia notturna nonostante mi fosse stato ricordato più volte di farlo. Ero finita spesso sulle sue ginocchia in lacrime e col sedere rovente per molto meno. Eppure quella volta lasció perdere. Meglio così.

La settimana successiva, Stefania rietró a lavoro presentandosi allegra e cordiale con tutti. Non accennó mai a ciò che era accaduto, ne con me ne con Aurora. Provai più volte a girare attorno al discorso, ma lei con il suo bellissimo sorriso trovava sempre il modo di cambiare argomento. Ricordavo ciò che mi disse, che me l'avrebbe fatta pagare e ricordavo anche il suo bacio appassionato dopo quelle parole. Non capivo il perché di questo suo strano cambio di atteggiamento. Anche finito di lavorare, prendemmo un caffè al bar insieme chiacchierando come sempre. 

Le giornate scorrevano tranquille. Tra lavoro ed università le cose sembravano aver preso una buona piega. Stefania appariva sempre gentilissima nei miei riguardi. Aurora era contenta del mio rendimento a lavoro, a casa Constance non aveva più avuto motivo di infliggermi qualche punizione. Avevo anche dato qualche esame con buoni risultati e questo mi stava facendo ben sperare su un ridimensionamento della mia vita. In fondo avevo 20 anni, un po' di normale tranquillità me la meritavo.

Poco dopo il mio compleanno, in Marzo, durante una giornata particolarmente intensa in ufficio, persi un documento importante. Aurora, non venne meno agli accordi ed alla fine del mio orario, alle 13:00, mi fece andare nel suo ufficio. Chiusa la porta e vedendo la sedia spostata al centro della stanza, mi rassegnai con un sospiro all'inevitabile. Dopo quel periodo di quiete, la sculacciata di Aurora fu molto dura da sopportare. Non ci andò leggera e quasi mi stupii di quanto rosso era diventato il mio sedere alla fine. Che delusione, per un po' quasi mi ero abituata a non dover subire certe cose. 

Uscii dall'ufficio a testa bassa, nascondendo le lacrime e salutando le due mie colleghe. Rimasi però di sasso quando, passando accanto alla scrivania di Stefania, notai il fascicolo che era sparito e che mi era costata la punizione appena subita, proprio tra le sue scartoffie. Non so se si accorse del fatto che l'avevo vista, lei mi salutò col suo solito sorriso e l'espressione dispiaciuta. L'indomani le avrei chiesto spiegazioni. Ora dovevo andare in università.

Seguii le lezioni spostandomi spesso. Sentivo lo sguardo di Angela su di me. Non riuscivo più a confidarmi con lei. Non riuscivo più a confessarle certe cose, era troppo umiliante. Sapevo però, che dopo tanti anni passati assieme lei era in grado di interpretare i miei movimenti e ciò rendeva ancora tutto più deprimente.

Finite le lezioni mi si avvicinò insieme ad un'altra nostra amica.

"Andiamo in caffetteria a prenderci qualcosa da bere, vieni con noi?". Chiese.

Quanto avrei voluto andare con loro, passare un normalissimo pomeriggio tra amiche, uno spensierato momento tra ventenni piene di entusiasmo.

Inventai una scusa per declinare l'invito. Dire che dovevo correre a casa perché la mia matrigna doveva sculacciarmi per esser stata sculacciata in ufficio non riuscivo nemmeno a pensarlo, figurarsi confessarglielo. Purtroppo però, era la dura realtà.

Aurora aveva già sicuramente avvertito Constance che aspettava solo che rientrassi a casa per farmi mettere sulle sue ginocchia e tornare ad infiammarmi il sedere come solo lei sapeva fare. Non osavo immaginare quello che avrei patito. Già le sculacciate di Aurora mi avevano messo a dura prova dopo tanto tempo, figurarsi quelle che avrei preso da Constance.

La tregua era finita. Il viaggio di ritorno a casa fu troppo breve e pieno di amarezza.

Rientrata in casa, Constance era indaffarata in cucina. Posai la mia roba, tolsi la giacca ed andai a salutarla. Un'assurda normalità. Avrei voluto urlare di sbrigarsi e di risolvere subito la faccenda, ma sapevo che sarebbe stato inutile se non peggio. Lei però non fece mai cenno o diede a vedere di aver intenzione di procedere. Passarono le ore, cenammo ed iniziai a pensare che se ne fosse dimenticata o che Aurora non l'avesse avvertita. Verso le 21, sedute sul divano a guardare un film, ero sicura di aver scampato il pericolo e mi sentii sollevare l'animo. Forse la tregua non era finita.

"Signorina, appena inizierà la pubblicità sistemeremo la faccenda in sospeso". Disse all'improvviso facendomi letteralmente crollare il mondo addosso.

"Constance, credevo…". Tentai di dire qualcosa, sorpresa dalla sua improvvisa affermazione.

"Le regole sono regole, signorina. Aurora mi ha informata di ciò che è accaduto stamattina e sai bene quali sono le conseguenze".

"Sì, ma bisogna proprio farlo?". Sentii montarmi un po' di coraggio, o forse era disperazione.

"Sai bene il perché. Forse ti ho lasciato tranquilla  un po' troppo. Volevo vedere come ti comportavi. Ho pensato che alla tua età ormai meritassi un po' di libero arbitrio, ma è evidente che hai ancora bisogno di disciplina".

Ero attonita, amareggiata ed arrabbiata. Volevo alzarmi ed andarmene, dirle che la sua disciplina poteva mettersela in tasca e che era assurdo che dovessi subire tutto ciò.

"Constance, ho 20 anni, non pensi che sia ormai grande per le sculacciate?". Ricacciai la rabbia e cercai di essere ragionevole.

"Signorina, non si è mai troppo grandi per essere corretti. Domani sera verrà a cena da noi la mia amica e tua professoressa Amanda. Sono sicura che avremo modo di affrontare l'argomento e forse capirai quanto tutto questo sia per il tuo bene".

La sua risposta mi confuse. Cosa c'entrava la prof Amanda?

Il film si interruppe ed iniziò la pubblicità.

"Avanti, Signorina". Si mise in posizione battendosi una mano sulle ginocchia.

Affranta e col magone abbassai il pigiama e gli slip sistemandosi su di lei pronta, si fa per dire, a tornare alla routine di quella casa. La tregua era ufficialmente finita.

7 minuti, tanto durò la pausa pubblicitaria arricchita dagli schiocchi della mano di Constance che si abbatteva veloce e forte sul mio sedere. Chiaramente voleva concentrare la punizione entro la durata della pubblicità. Invece del suo solito metodo cadenzato e vigoroso, ora i colpi erano veloci e brucianti. Non avevo nemmeno il tempo di sussultare o lamentarmi. Rimasi a bocca aperta piangendo e respirando affannosamente per tutta la durata della punizione. Le gambe in tensione e le braccia puntate a terra nel tentativo di alleviare l'esplosione di dolore che si propagava dal mio sedere ormai color cremisi.

Sembrarono 7 ore piuttosto che 7 minuti. Quando smise mi alzai e corsi in camera dove piansi a dirotto mentre lei riprese a guardare il film.

Restai mezz'oretta sdraiata sul letto pancia sotto cercando di riprendermi. Presi il cellulare, avevo alcuni messaggi. Foto delle mie amiche scattate nel pomeriggio in caffetteria che mi amareggiarono ancora di più. Avrei dovuto essere con loro ed invece… 

Un messaggio di Stefania: -scusami, il fascicolo lo avevo io. Mi dispiace moltissimo, domani mi farò perdonare, giuro-.

Avevo visto giusto allora, era sulla sua scrivania.

Mi addormentai pensando a cosa intendesse con quel "mi farò perdonare" ed immaginai le calde effusioni che avrebbero trasformato i nostri corpi in un turbinio di contorsioni di piacere. Stesa sul letto, dopo essermi spalmata una dose abbondante di crema lenitiva sul sedere, con quel pensiero in testa ebbi l'istinto di sfiorare con le dita il mio intimo. Tutto il calore del mio corpo si concentró in quel punto e non ci volle molto per provocarmi un orgasmo che dovetti soffocare nel cuscino sul quale poco prima avevo pianto e che ora accoglieva il mio piacere. Andai in bagno a sistemarmi e mi rimisi a letto, dove caddi esausta in un sonno profondo.

Matrigna IngleseWhere stories live. Discover now