1-Diana Howard

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Diana


In una sera primaverile, una, come tutte quelle degli ultimi mesi d' altronde; mi stavo dirigendo in salotto, quasi trascinandomi. Questo trantran si stava ripetendo oramai da sei mesi; anzi bensì da venti settimane, ventidue giorni e dieci ore, per la precisione.


Da quando quella domenica eri partito per quel "breve viaggio", che ora, con il senno di poi, mi pareva interminabile; avevo iniziato a contare ossessionatamene ogni secondo che passava; minuziosamente ciascun istante che mi separava dal tuo ritorno, cercando così almeno di impiegare una buona parte del tempo e agguantare quella briciola di speranza di vederti ritornare il prima possibile.


Mi preoccupavo sempre quando mettevi piede fuori casa.


In passato un avvenimento molto importante aveva scosso la mia mente e da allora, nonostante sapessi che eri costantemente circondato da numerose guardie del corpo, il pensiero che potesse accaderti qualcosa che mi avrebbe fatto rivivere i tempi passati, era regolarmente presente nella mia mente.


Ogni volta che partivi per un tour o qualsivoglia affare di lavoro, si ripeteva la solita storia:


nei giorni precedenti al tuo viaggio era abitudine vederci litigare spesso, specialmente poiché ti dispiaceva vedermi in quelle condizioni, preoccupata e costantemente in ansia, tanto da arrivare talvolta a chiamarti numerose volte al giorno ed infine poi, la mattina della tua partenza ci cercavamo di divertire come non mai. Passavamo la maggior parte del tempo insieme tentando di dimenticare che la mattina successiva non avremmo più dormito nello stesso letto.


Ti rendevi conto della situazione problematica e perciò, mi avevi ripetuto numerose volte che avrei dovuto parlartene, affermando che mi sarebbe stato di grande aiuto, ma tutte le volte mi ero persistentemente negata; avevi voluto che andassimo da uno psicoterapeuta insieme per discutere di questo problema, ma io continuamente avevo sviato la conversazione.


A parte il fatto che non mi sarei sentita a mio agio a raccontare i miei problemi personali ad una persona che non conoscevo ancora, dato il mio carattere, la mia più grande preoccupazione era che tutte le nostre chiacchierate, o comunque ciò che avremmo esposto al medico, sarebbero finite il giorno dopo nella prima pagina di Star o peggio ancora nella copertina di Playboy.


Inoltre non avevo, fin dal primo momento, voluto crearti ulteriori problemi, ulteriori pensieri ad aggiungere a tutte le tue preoccupazioni, perciò avevo deciso di tenermi tutto dentro; era l'unica cosa che non ero riuscita a condividere con te.



Mi chiamo Diana, Diana Howard e ai tempi della registrazione di quella pubblicità, quella fatidica pubblicità che mi aveva creato costanti preoccupazioni, avevamo appena iniziato a conoscerci.


Il nostro rapporto sembrava di giorno in giorno migliorare sempre di più e la confidenza tra noi due, a seguito delle settimane, aveva iniziato a farsi più ampia e profonda.


Ci conoscevamo appena da alcuni mesi, ma entrambi fin dal primo momento ci eravamo sentiti come amici di vecchia data.


Mi eri parso fin dal primo momento un ragazzo molto alla mano, con importanti valori e un sacco di amore da donare ed era questo il principale motivo che mi aveva spinto ad intraprendere una relazione. Mi rendevo conto che la mia vita da quel momento avrebbe di certo subito un cambiamento drastico. Fino ad allora ero stata un semplice immigrata che continuava a chiedere permessi per stare in un paese nel quale non riusciva nemmeno a parlare la lingua, ma nel quale sperava di realizzare i suoi sogni ed ora invece che avevo compiuto questo passo importante nella mia vita ero diventata la fidanzata di Michael Jackson; del Re del Pop.


Mi ero innamorata di te specialmente per il tuo carattere. Eri stato il mio primo fidanzato; e trovare un insieme di qualità, che ogni donna avrebbe sempre desiderato, tutte concentrate in un'unica persona aveva contribuito sicuramente ad accrescere la mia fiducia verso di te.


Eri molto munifico, gentile, simpatico e poi con te si poteva parlare di ogni cosa.


In qualche minuto, e senza fartene accorgere, poteva passare dal chiacchierare della giornata trascorsa e degli avvenimenti buffi che gli erano accaduti, al raccontarti che per una sua certa canzone si era ispirato ad un poema antico greco che parlava di non so quali conquiste e di altrettante guerre.


Era questo anche che mi affascinava di lui. Qualunque fosse la tua cultura era impossibile annoiarsi con Michael al tuo fianco.


Altro punto a suo favore è che non mi faceva mai notare gli errori che facevo mentre conversavo. Non ero originaria degli Stati Uniti, ma come accennato prima provenivo da un paese europeo: l'Italia. I miei genitori erano di origini latine, ma io avevo trascorso tutta la mia vita, come scritto sui libri, nel più grande "serbatoio culturale" del mondo.


Avevo dunque qualche difficoltà a esprimermi anche con frasi semplici, ma Michael non me lo aveva mai fatto pesare, anzi ci aveva sempre scherzato cercando in ogni modo di parlare il più semplicemente possibile sia per farmi comprendere ciò che diceva, che per insegnarmi qualcosa.


Io invece avevo tentato di fargli ascoltare tutte le possibili telefonate che facevo con i miei parenti perché volevo che imparasse almeno a comprendere l'italiano. Sapevo che prima o poi gli sarebbe servito, soprattutto per scambiare qualche parola con i miei genitori, che nonostante lavorassero anche loro da vari anni come me in America, non avevano acquisito ancora molta dimestichezza con la lingua.

Applehead - A Man Like No OtherOnde histórias criam vida. Descubra agora