Part 6 "Ciò che divora" (+18)

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< David >

Si staccò di colpo. Un acuto e improvviso dolore alle mascelle mi colse di sorpresa lasciandomele poi indolenzite; abbassai il capo cercando di muoverle nel tentativo di alleviare quella fastidiosa sensazione. Volti il mio sguardo verso il suo corpo statuario: le incavature dell'inguine, l'addome e il petto perfettamente definiti e contratti, i pugni serrati da cui partivano vene marcate fino ad arrivare ai bicipiti che mi apparivano ingrossarsi ancora di più. Il torace si gonfiava in sincrono alla respirazione. Guardandolo rimasi spaventosamente sorpreso: era cambiato.

L'espressione ora gelida, evidenziava ogni singolo tratto del suo volto: non vi era più alcuna differenza di tonalità tra pupille e iridi e da quegli occhi neri come la pece non vi era più alcuna scintilla di umanità. Nel primo incontro il suo viso esternava sensazioni, anche se negative, comunque si percepiva una persona, ma ora non più.

Nonostante cercassi di mantenere una forma di resistenza allo stesso tempo avvertivo la paura crescere dentro di me: la pressione sprigionata da lui che, come una tempesta violenta,cercava di travolgermi e di piegarmi alla sua volontà.

Si allontanò da me. Seguendolo con lo sguardo lo vidi scomparire dietro una sorta di separè. Approfittai per riprendere fiato intuendo che non era finita. Avvertii il rumore di qualcosa che si accendeva come un fornello e lentamente l'aria iniziò ad intridersi di un intenso profumo. Sembrava olio di oliva. Le palpitazioni acceleravano e la frequenza del mio respiro aumentava: gocce di sudore iniziavano a scendere dalla fronte fino a schiantarsi sulla superficie di quel maledetto tavolo nero. Senza accorgermi e senza sapere come, quel bastardo si trovava ora di nuovo dietro di me. I rumori che sentivo si accavallano tra loro e non riuscivo a distinguerli: Il mio udito era disorientato.

Il panico cui ero preda, fu di colpo spezzato da un dolore lancinante partito al centro della mia schiena. Una goccia di qualcosa di ardente cadde in quel punto...da quel preciso punto erano partirono fitte strazianti che attraversarono come corrente tutto il mio corpo. I polmoni si rifiutavano di darmi ossigeno; in quell'attimo strinsi i denti e serrai le palpebre. Dovevo resistere e in qualche modo, cercavo di trovare la forza per contrastare la sua follia.

Realizzai amaramente di essere vittima non di un gioco sessuale ma di una tortura infernale. Quella consapevolezza divenne certezza nel momento in cui ricevetti una frustata incandescente alla schiena. Provai un dolore nuovo: spalancai la bocca sgranando gli occhi come a schizzarmi via dalle orbite e le palpebre si sigillarono di nuovo come a cercare di impedirlo. Le riaprii l'istante successivo. Il suo pene mi penetrò inaspettatamente.

I muscoli delle mie natiche si indurirono cercando di respingere quel corpo estraneo ma non riuscivano a contrastare quell'impeto violento.

Frenai l'impulso di urlare. Una reazione del tutto naturale difficile da ostacolare, ma io non volevo cedere.

Serrai le labbra. Trattenni nei polmoni un lungo respiro e inarcai la lingua all'indietro. Mi concentrai sul trattenere il fiato così da depistare quella sensazione dolorosa che mi opprimeva.

< Noa Ren Ilesvyl >

Tutto ciò che avevo controllato, era ora davanti a me.

Ero stato come rigettato dal mio corpo, mi vedevo al di fuori .....la parte oscura di me aveva prevalso. In tutta la mia vita non era mai successo, avevo imparato a controllarmi facendo si che la razionalità prevalesse convincendomi che quel trattenermi, servisse a preservare e mantenere alto il nome degli Ilesvyl: all'inizio lo facevo per rendere fiero mio padre e poi per la mia carriera. Quelle convinzioni non erano altro che sporche menzogne; davanti quel mostro la verità mi si era rivelata in una sola parola ... e quella parola era paura.

Il rosso nel buioOnde histórias criam vida. Descubra agora