Epilogo

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4 anni dopo

Le mani che tremano.

Gli occhi lucidi.

La paura si insedia dentro le mie vene.

Io non so come si fa, non so come ci si comporta in queste situazioni.

Come faccio a farla io se io nemmeno ne ho una?

Una mano corre sul mio addome ad accarezzare il luogo dove crescerà il più prezioso dei fiori; il pensiero che sarò madre fra circa otto mesi mi fa impazzire e mi fa venire voglia di piangere dalla gioia allo stesso tempo.

Io che mia madre l'ho persa sei anni fa, che vorrei che lei fosse qui a fissare questo test di gravidanza che ho in mano, che vorrei che piangesse con me da quanto è eccitata al pensiero di diventare nonna.

Ma lei non è qui, non mi aiuterà a cambiare pannolini né mi darà consigli su come fare a non dare di matto.

"Bella" dei pugni sulla porta del bagno mi risvegliano dai miei pensieri.

"Sì?" rispondo schiarendomi la voce rotta dalle lacrime che spingono per uscire per l'ennesima volta nell'ultima mezz'ora.

"Stai bene? Sei lì dentro da molto" la voce carica di preoccupazione del mio ragazzo attraversa la porta e mi si schianta addosso come una folata di vento impetuosa.

"Angelo? Bella rispondi, stai bene?"

"Liam, sto bene. È tardi, non devi andare a lavoro?" gli domando senza ancora aprire la porta.

"Sì, devo. Ma volevo prima accertarmi che fosse tutto ok" un tonfo contro la porta mi fa capire che ci ha appoggiato la nuca sopra.

"Sto bene, amore. Vai pure"

"Apri la porta Bella, per favore"

Nascondo nel mobiletto del bagno il test prima di aprire la porta e trovarmi la figura del ragazzo che amo davanti, vestito di tutto punto con la divisa da vice sceriffo pronto per andare in ufficio e schedare i delinquenti arrestati da suo padre.

"Stai bene?" chiede per l'ennesima volta prendendomi la testa tra le mani ed esaminando il mio viso pallido con lo sguardo come a cercare una qualsiasi traccia di malessere presente nei miei lineamenti.

Annuisco lasciandogli un lieve bacio sulla punta del suo naso all'insù che tanto amo.

"Puoi andare a lavorare amore, io me la cavo qui da sola" lo rassicuro.

"Ne sei certa?" e annuisco nuovamente più convinta.

"Bene, allora io vado. Torno alle tre e mezza a meno che non succedano emergenze improvvise"

Mi lascia un bacio sulla fronte e uno sulle labbra accarezzandomi poi lo zigomo con il pollice, è una specie di rituale che abbiamo tutte le volte che usciamo senza l'altro.

"A dopo" chiudo la porta alle mie spalle accasciandomi poi contro di essa sospirando.

Come faccio a dirglielo?

Non che io abbia paura della sua reazione, anzi, sono convinta che ne sarebbe felicissimo.

Ma io non so come si fa la mamma, non so come ci si occupa di un figlio. Come faccio a dare amore a mio figlio se non so nemmeno com'è averne uno?

Decido di chiamare Cam, ho bisogno di mio fratello.

Come sempre, dopo due squilli risponde.

Bel. È successo qualcosa? Stai bene? risponde allarmato.

-Cam sto bene, sei a casa? Ho bisogno di te.-

Rinasco restando la stessaWhere stories live. Discover now