- the departure

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La fine è, per eccellenza, quella cosa che non ha niente innanzi né può averne un'altra dopo

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La fine è, per eccellenza, quella cosa che non ha niente innanzi né può averne un'altra dopo.

Ogni storia ha la sua fine, che ci piaccia oppure no. Ogni avventura, bella o brutta, ha una fine. Ogni sogno, che sia un incubo o un incanto, ha una fine. È la natura delle cose. I più ottimisti diranno che tutte le avventure hanno una fine, ma è proprio perché finiscono che ne può cominciare un'altra. Una porta che si chiude implica un portone che si apre, no?

Dopo aver fissato a lungo il soffitto scuro del bungalow nel letto vuoto e una lunga dormita rigenerante, Harry andò a correre all'alba e si sentì come un passo del primo romanzo di Ernest Hemingway "Fiesta". Nel romanzo, Hemingway scrive:

La mattina era finito tutto. La fiesta si era conclusa. Mi svegliai verso le nove, feci il bagno, mi vestii e scesi. La piazza era deserta e non c'era nessuno per le strade. Solo qualche bambino che raccoglieva aste di razzi nella piazza. I caffè si stavano appena aprendo e i camerieri portavano fuori le comode sedie bianche di vimini, disponendole intorno ai tavolini col ripiano di marmo nell'ombra del portico.

Non vi erano caffè, bambini o strade lì, ma c'era Tilly che spazzava, la sabbia dorata nel riflesso del sole di prima mattina, i tavolini ordinati sul porticato e il profumo delle torte appena sfornate. Tuttavia, Harry non aveva il tempo di godersi quei piccoli piaceri un'ultima volta.

Salutò Jesse e Bryan in numerosi abbracci, raccolse il trolley che di certo non poteva trascinare nella sabbia e salì sul traghetto. Aveva moltissime idee per l'articolo sulla fontana delle Nereidi e aveva scambiato il numero di telefono con Tilly per seguire tutti gli sviluppi della vicenda.

Appena attraccò sulla terra ferma fu di nuovo invaso da quel senso terreno di realtà. Le strade asfaltate, il mare solo all'orizzonte, le automobili e gli edifici, per quanto più piccoli e meno opprimenti di quelli delle metropoli. Era lui, solo lui, circondato dalla vita. Inspirò quell'aria vagamente cittadina mentre un sorriso gli di disegnò sul volto.

Aveva lasciato il resort, sì, ma quel senso di libertà era ancora parte di lui.

Controllando l'ora si accorse di essere terribilmente in anticipo. Allora, sul taxi diretto all'aeroporto di Porto Rico, decise che avrebbe fatto una pazzia, una cosa che non faceva da tanto tempo, ma che era sua e solamente sua. Ebbe l'impressione di trasformarsi in quegli stupidi turisti che giunti a New York si fanno trascinare da una parte all'altra nelle piccole macchine gialle chiedendo consigli agli autisti e aspettandosi da loro verità incondizionata come degli oracoli viventi, quando probabilmente il ristorante che consiglieranno o la strada che prenderanno sarà solo per portare vantaggio a se stessi. Lo fece comunque. Una piccola fermata e poi di nuovo verso l'aeroporto internazionale Luis Muñoz Marín da cui avrebbe preso la coincidenza per New York.





Bellezza.

Bellezza, malgrado la concezione ottusa che va spargendosi tra le folle, non è perfezione estetica. Bellezza è armonia che suscita ammirazione, è sorpresa che toglie il fiato. La bellezza nasce nell'antichità: parliamo di bellezza quando godiamo di qualcosa per quello che è indipendentemente dal fatto che lo possediamo. È bello qualcosa che se fosse nostro ci renderebbe felici, certo, ma che rimane tale anche appartenendo a qualcun altro, o a nessuno.

PARADISE LOSTWhere stories live. Discover now